Il film: I peggiori giorni, 2023. Regia: Edoardo Leo, Massimiliano Bruno. Cast: Edoardo Leo, Massimiliano Bruno, Anna Foglietta, Renato Carpentieri, Fabrizio Bentivoglio, Giuseppe Battiston, Anna Ferzetti, Neri Marcorè, Claudia Pandolfi, Ricky Memphis, Rocco Papaleo, Sara Baccarini. Genere: Drammatico. Durata: 117 minuti. Dove l’abbiamo visto: Netflix.
Trama: Quattro diverse feste e quattro riflessioni sulla condizione emotiva e culturale dei nostri tempi. Il tutto è rappresentato, ad esempio, da tre figli che, nel giorno di natale, si vedono chiedere dal proprio padre, come regalo, un rene per poter continuare a vivere. A loro, poi, fa da controcampo sociale il confronto tra il dirigente fallito di un’azienda e il suo dipendente che pretende una liquidazione destinata a non arrivare mai. Dopo questo momento, però, la famiglia torna nuovamente in primo piano. A rappresentare la sua inefficacia due diverse coppie di genitori.
La prima è culturalmente elevata, la seconda coatta ed arricchita. In entrambi i casi, però, si trovano a doversi confrontare con gli errori dei propri figli che, di fatto, sono la diretta conseguenza dei propri. Per finire, poi, il ritratto di un uomo sconfitto ed intristito per la perdita del grande amore della sua vita. Nonostante questo, però, rispolvera i suoi vecchi trucchi di mago per aiutare sua figlia nell’intrattenimento durante una festa. Non sa, però, che ad attenderlo c’è una piccola porzione del suo passato.
Dal 4 dicembre Netflix ha aggiunto al suo catalogo anche I peggiori giorni, il film sequel de I migliori giorni, sempre diretto da Edoardo Leo e Massimiliano Bruno. A caratterizzare la struttura di questo nuovo film è sempre la divisione in episodi in cui i due si alternano alla regia. Oltre a questo, poi, torna anche l’utilizzo di quattro momenti di festa canonicamente rispettati all’interno della nostra tradizione che, però, perdono qualsiasi tipo di connotazione pacifica, rasserenante e ludica. Al di là di tutti questi elementi in comune con il primo film, però I peggiori giorni riesce a mostrare una personalità sicuramente autonoma ma sopratutto più centrata ed efficace.
In questo caso, infatti, le festività hanno il compito di definire una sorta di controcanto, un luogo fantastico che cela ombre, una fabbrica di cioccolato che, però, ha il pregio o il difetto, dipende dai punti di vista, di mostrare la miserie e la cattiveria dell’uomo. Un nuovo livello di narrazione che è stato possibile raggiungere soprattutto grazie alla scrittura di Beatrice Campagna, Salvatore Fazio, Andrea Bassi, Marco Bonini, Gianni Corsi e Herbert Simone Pagani. Insieme, infatti, sono riusciti a rimandare un senso amaro delle festività ma, soprattutto, delle piccolezze umane. Vediamo più nello specifico, grazie alla recensione de I peggiori giorni, come questo film riesce ad avvicinarsi in modo netto alla tradizione della commedia all’italiana e di quel ritratto dell’italiano piccolo piccolo.
Trama: Non c’è nulla da festeggiare
Il tradizionale Natale, il primo maggio sempre più amaro, il ferragosto sotto il solleone e Halloween, la festa presa in prestito. Quattro occasioni in cui viene mostrata la realtà di una società che ha completamente perso i suoi riferimenti culturale e affettivi. Per non parlare, poi, di quelli politici. Ed in questa generale situazione di confusione si è andato completamente a dissolvere la divisione netta tra buoni e cattivi, vincitori e perdenti, nemici ed amici, vittime e carnefici.
Una condizione, ad esempio, che vivono un’operaio e un proprietario di una fabbrica sull’orlo del fallimento come conseguenza delle difficoltà economiche causate dal Covid. In questo caso, infatti, è bastata una pandemia per andare a distruggere il concetto stesso e il senso di lotta di classe, ponendo i due di fronte ad un fallimento diverso solo per quanto riguarda la forma esteriore ma che ha la medesima ineluttabilità della solitudine.
L’assenza di una definizione culturale ed affettiva, poi, coinvolge Luca, Alessandro e Stefania. I tre fratelli, infatti, sono una vecchia conoscenza de I migliori giorni e, ancora una volta, sono alle prese con il concetto di famiglia inteso come legame affettivo e non come mera consuetudine. Una prova che li vede perdere miseramente questo volta, però, con una posta in gioco ancora più alta.
Uniti in modo trasversale a loro, poi, Flavia Guido, Ramona e Vincenzo. Due coppie di genitori che, di fronte ad una improbabile grigliata di ferragosto, si trovano a confronto con il loro personale fallimento di esempio educativo ed affettivo.
Si chiude, poi, con la festività che meno ci appartiene culturalmente ma che, comunque, diventa il teatro adatto per riflettere sul significato della parola “poveraccio” e di quanto il rancore possa consumare voracemente un essere umano. E, probabilmente, questo avviene in modo ancora più intenso se si è circondati dalla ricchezza e da un fittizio senso di successo.
Lo scherzo di Natale
Il film si apre con il primo episodio dedicato proprio alle festività natalizie. Una scelta che, ovviamente, ha il compito di creare una riconoscibilità narrativa con il film I migliori giorni. Anche in quel caso, infatti, i primi ad apparire in scena è il terzetto di fratelli indubbiamente diversi, ma non troppo, formato da Luca, Alessandro e Stefania.
La loro prima viglia è terminata in una imbarazzante rissa con una serie di rinfacci sulle diverse ricchezze e gli altrettanti vari successi. Con un’unica variabile rappresentato da Alessandro, attore eternamente sull’orlo del successo. In questo caso, però, la posta in gioco si fa più alta. L’azione, infatti, si sposta all’interno della casa di famiglia dove vive un padre pronto ad accoglierli per il classico cenone. Una volta riuniti intorno al tavolo, però, scatta il colpo di scena. L’uomo, infatti, chiede loro di donargli un rene, visto le sue precarie condizioni di salute.
Ed è proprio a quel punto che i tre fratelli, interpretati da Massimiliano Bruno, Edoardo Leo e Anna Foglietta, mettono in scena la tragedia di una famiglia all’interno della quale il concetto di “io” va nettamente a superare il sempre più sbiadito “noi”. Un processo che viene narrato privandolo di qualsiasi tono umoristico e prediligendo solamente la ruvidezza di un egoismo esasperante ma assolutamente realistico. Un insieme, dunque, pervaso da una domanda essenziale che il padre Flaminio, rivolge indirettamente ai suoi figli: siamo ancora una famiglia? Un interrogativo che è destinato a rimanere senza risposta e che, soprattutto, sarebbe destinato a creare più di un imbarazzo all’interno di diversi nuclei famigliari.
Il primo maggio dei vinti
Il secondo episodio, diretto anche questo da Edoarda Leo come il primo, sposta il concetto di perdita di unità ed identità dal privato ad una riflessione più generale. Un procedimento, però, che avviene sempre prendendo come campo di studio una piccola porzione di umanità, il cui compito è dare un volto ed una concretezza a numeri e statistiche.
Tema centrale, dunque, non può che essere il lavoro. O, meglio, la perdita di esso. E, andando ancora più nello specifico, il fallimento di un’intera generazione le cui illusioni sono solo apparentemente infrante da una pandemia. Il Covid, infatti, sembra essere il grande nemico che mette a confronto un’operaio e il suo datore di lavoro. In realtà, però, si tratta solamente di un problema di facciata, una sorta di escamotage utilizzato per mascherare i difetti di una politica di produzione immolata al raggiungimento di una ricchezza che ha fatto sentire forte e solida la piccola e media imprenditoria. Un sogno ad occhi aperti il cui risveglio è amaro forse più per l’imprenditore che per l’operaio.
Perché se il primo è “abituato” alla sofferenze e alla fatica della vita, il secondo non sa come riprendersi dall’illusione in cui è vissuto fino a quel momento. Entrambi, dunque, si trovano privati del loro ruolo sociale e culturale a causa di una crisi economica e di un’assenza di solidità che ha cancellato ruoli e barricate. Una condizione nuova con cui entrambi cercano disperatamente di confrontarsi.
Ferragosto, il fallimento della famiglia moderna
Essenziale, centrato ed equilibrato senza mai cadere nell’eccesso o nel politicamente corretto. In poche parole perfetto. In questo modo può essere riassunto il terzo episodio che vede Massimiliano Bruno dietro la macchina da presa e che ha il compito di riflettere su uno dei fallimenti più grandi ed importanti della società: quello della famiglia e della genitorialità.
Un tema particolarmente importante, soprattuto se visto come cause fondante di una maleducazione affettiva, sentimentale ed emotiva della generazione dei più giovani. Attenzione, però, l’abuso e la violenza da cui si parte ai danni di una ragazza non è la tematica centrale. Piuttosto si tratta della conseguenza di un disturbo sociale che, all’interno delle famiglie, si traduce in lassismo, indifferenza e, in molti casi, in cattivo esempio.
In questo senso, dunque, l’episodio diventa un avvertimento, una sorta di analisi spietata e senza possibilità di attenuanti per un mondo adulto che ha pensato di crescere ed educare i propri figli con l’unica arma del denaro e della protezione a tutti i costi. Due opzioni in cui manca, ad esempio, il senso della vergogna. Un sentimento, però, che si deve giustamente provare nei confronti di alcuni errori dei figli perché, essenzialmente, sono il riflesso e la conseguenza dei propri. Un concetto perfettamente riassunto dall’interpretazione della maternità dolente e sconfitta rappresentata da Claudia Pandolfi.
Halloween, il giorno che non ci appartiene
Considerato come elemento di una scrittura unitaria e fluida, il quarto ed ultimo capitolo rappresenta il meno efficace. Dopo l’episodio di Ferragosto, infatti, si è costruito un livello emotivo alto ed intenso. Per questo motivo, si doveva chiudere con una storia dal forte impatto rappresentativo. La vicenda di Vittorio, interpretato da Rocco Papaleo, e della figlia Matilde, invece, ha al suo interno una sorta di dolcezza rassicurante che, nonostante la tematica della perdita affettiva, consegna una sorta di consolazione.
A questo, poi, si aggiunge anche una certa ridondanza quando si mette a confronto “il ricco” e “il povero” andando a sondare nell’effettivo significato delle due accezioni e lasciando, forse, alle giovanissime generazioni la capacità di vedere oltre gli schemi prefissati.
La recensione in breve
Sequel de I migliori giorni, il film diretto da Massimiliano Bruno e Edoardo Leo dimostra di avere una personalità più forte, autonoma e, soprattutto, interessante del film che l'ha preceduto. Per questo motivo, e per la scelta di evitare completamente il veicolo dell'ironia,, può essere considerato come un'esperienza assolutamente singola che basa la sua personalità soprattutto su delle tematiche urgenti il cui compito è mostrare i fallimenti sociale, personali e affettivi di un'intera generazione. Assolutamente da vedere il terzo episodio che si concentra su un tema particolarmente attuale come quello degli abusi sessuali andando ad identificare, però, il nucleo del problema: ossia la crisi della genitorialità e la sua assenza.
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