Il film: Il campione, 2019. Regia di: Leonardo D’Agostini. Cast: Stefano Accorsi, Andrea Carpenzano, Ludovica Martino e Mario Sgueglia. Genere: Drammatico, commedia, sportivo. Durata: 105 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix.
Trama: Christian Ferro è un giovane campione della Roma, che passa dallo stadio, in cui da il meglio di sé, ad una vita di eccessi, tra risse e nottate brave. Le cose per lui cambieranno quando verrà costretto a prendere lezioni privare con Valerio, un insegnante con un passato doloroso alle spalle. Solo se passa gli esami gli verrà dato il permesso di scendere in campo.
Di storie, al cinema ed in televisione, che raccontano percorsi di rinascita e di riscatto attraverso lo sport, a cui segue anche una crescita emotiva e personale, ce ne sono tante. Come vedremo in questa recensione de Il campione, diretto da Leonardo D’Agostini e prodotto da Matteo Rovere e Sydney Sibilia, non è da una trama unica e originale che parte il film con Stefano Accorsi e Andrea Carpenzano, ma la prevedibilità dell’andamento narrativo passa fin da subito in secondo piano di fronte ad una storia semplice ma capace di colpire nel profondo lo spettatore con il suo delicato mix di dramma e commedia. A rendere il tutto ancor più convincente l’interpretazione dei suoi due protagonisti, perfetti in due ruoli che gli sono cuciti addosso.
Una storia che ruota attorno al calcio, sì, ma in cui questo sport diviene lo spunto perfetto per parlare di temi come l’amicizia, quella più autentica e disinteressata, il lutto e la scoperta si se stessi durante un’età di passaggio, in cui ci si costruisce una propria identità diversa da quella che gli altri ci hanno sempre attribuito.
La trama: il campione del Trullo
Christian Ferro (Andrea Carpenzano) è “il campione” del titolo: un ragazzo ventenne di periferia, prima punta della Roma. Un genio per quanto riguarda lo sport, capace di ribaltare sempre le sorti di una partita e lanciato verso una brillante carriera. Se non fosse che la fama e il lusso, a quell’età, sono difficili da controllare, diventa infatti quasi impossibile non perdere la testa e anche se stessi. Sopratutto se si è circondati da persone che non hanno il nostro bene in mente ma solo i loro interessi, come un padre e degli amici approfittatori, un manager che pensa solo all’immagine e al guadagno. A cambiare le cose, per Christian, l’entrata in scena di Valerio, un professore di mezza età disilluso e rassegnato, con alle spalle un lutto che gli ha cambiato la vita, ma con ancora dentro la passione per l’insegnamento. L’idea del presidente della società Tito (Massimo Popolizio), è semplice: Christian deve studiare, passare l’esame di maturità e finalmente comprendere che cos’è la disciplina, altrimenti non gioca.
Non sarà un lavoro semplice per Valerio, che più conosce Christian più si rende contro che dietro la patina di grande campione si nasconde un ragazzo solo, demotivato e che non ha ancora superato la morte di sua madre. Attraverso la comprensione reciproca, e un rispetto l’uno per l’altro sempre maggiori, tra i due sboccerà un’amicizia forte e sincera, che permetterà ad entrambi di guarire le ferite del passato e di riprendere in mano la propria vita.
Una storia semplice ma che colpisce al cuore
Come dicevamo in apertura quella del campione non è di certo una trama unica ed originale, ma è costruita nel modo giusto per colpire l’emotività dello spettatore, mescolando dramma e commedia senza eccessi. È prevedibile fin da subito dove la storia vuole andare a parare, quella di Christian e Valerio è la classica parabola di riscatto in cui tramite l’amicizia ed il rispetto reciproco, dopo una serie di difficoltà, i personaggi ritrovano se stessi e cambiano finalmente le cose. Sapere come evolverà la vicenda, però, non rovina l’esperienza di visione e il film si vede con piacere e genuino coinvolgimento.
D’Agostini è anche capace di costruire ad un ritratto credibile del calcio come industria di intrattenimento, in cui i giocatori passano dalla cresta dell’onda ad essere carne da macello, fagocitati da una fama che – sopratutto se molto giovani – non sono in grado di gestire. Per la sceneggiatura ci si è basati su storie reali, come quelle di Antonio Cassano, Mario Balotelli e Zlatan Ibrahimović; le sequenze di calcio giocato (che in un film su questo sport non sono poi così tante come ci si potrebbe immaginare) sono state realizzate con la supervisione e i veri atleti dell’AS Roma e altre società sportive italiane. Un lavoro che conferisce al film anche un indubbio realismo, lasciando in chi guarda la sensazione di una messa in scena autentica.
Un cast davvero perfetto
A rendere ancor più “reale” il film di D’Agostini contribuiscono le interpretazioni di Accorsi e Carpenzano, entrambi particolarmente convincenti nei ruoli. Da una parte il professore dimesso e “perdente”, ma dal gran cuore, dall’altra il campione incompreso, che al contrario di quel può sembrare non ha fiducia nelle proprie capacità: i due diventeranno dei punti di riferimento l’uno per l’altro, riscoprendo ciò che veramente conta nella vita.
Il campione è un romanzo di formazione pensato per un pubblico il più ampio possibile, non solo per gli amanti del calcio – che è meno “ingombrante” nella storia di quanto si potrebbe immaginare – ma anche per chi non si è mai interessato a questo sport. Una favola a lieto fine che, con la sua semplicità, non lascia indifferenti.
La recensione in breve
Il campione è una storia semplice ma capace di toccare al cuore lo spettatore. Un racconto di formazione reso ancor più convincente dalle interpretazioni dei suoi protagonisti, Stefano Accorsi e Andrea Carpenzano.
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Voto CinemaSerieTV