Il film: Il colore viola, 2023. Regia: Blitz Bazawule. Genere: Drammatico, Musicale, Cast: the col, Taraji P. Henson, Danielle Brooks, Colman Domingo e Halle Bailey. Durata: 141 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima stampa.
Trama: Celie è cresciuta con un padre padrone che ha iniziato a violentarla quando aveva 14 anni. Per emanciparsi, si è concessa a un marito che l’ha sposata solo per poter avere una schiava che servisse lui e i figli nati dal precedente matrimonio. Per sopravvivere, Celie sceglie l’unica maniera a lei conosciuta: subire e non reagire, confessandosi solo con Dio tramite lettere che non ricevono risposta. La vita di Celie cambia drasticamente con l’arrivo di Shug, la donna di cui suo marito è innamorato.
Giovedì 8 febbraio arriva finalmente nelle nostre sale distribuito in esclusiva da Warner Bros. Pictures il musical Il colore viola. Ispirato allo spettacolo di Broadway omonimo tratto dal romanzo premio Pulitzer di Alice Walker, il lungometraggio affidato alla regia di Blitz Bazawule è stato candidato agli Oscar 2024, nello specifico nella categoria della miglior attrice protagonista. Quando qualche mese fa, dopo l’ottimo esordio in sala negli Stati Uniti durante il periodo natalizio, ci si aspettava una presenza molto più massiccia nel corso della stagione dei premi. Ed i motivi della débacle del film prodotto, tra gli altri, da Oprah Winfrey e Steven Spielberg, sono chiari e molteplici dopo la prima visione.
Nella nostra recensione de Il colore viola vi spiegheremo meglio perché la trasposizione del musical ideato da Marsha Norman, Brenda Russell, Allee Willis e Stephen Bray non funziona affatto sul grande schermo, sacrificata da una mancanza preoccupante di visione artistica audace e funzionale, sia in fase di sceneggiatura che in quella dietro la macchina da presa. Al netto di alcune melodie blues straordinariamente orecchiabili e performance attoriali notevoli, Il colore viola è una delusione.
In principio fu Alice Walker, poi Steven Spielberg
1909, Georgia, Stati Uniti d’America, l’adolescente afroamericana orfana di madre Celie (Fantasia Barrino) vive con la sorella Nettie (Halle Bailey) e il padre Alfonso, uomo alcolizzato e violento verso le figlie. Il padre ha svariati rapporti incestuosi con Celie, abusandone sessualmente, sino a metterla incinta due volte. Quando Celie partorisce il secondogenito, Alfonso le porta via il bambino, come accaduto con la prima figlia. Dopo il parto costringe Celine sposare un contadino locale, padre di tre figli, Albert “Mister” Johnson (Colman Domingo), anch’egli violento e con problemi di alcolismo. Nello stesso periodo Alfonso cerca di molestare Nettie, tuttavia lei fugge e si trasferisce nella fattoria della sorella e Mister, finché quest’ultimo non l’esilia quando respinge il tentativo di un rapporto sessuale con lui. Nettie promette di scrivere a Celie ogni giorno prima di partire, per mantenere un contatto tra sorelle.
Tutto da copione ne Il colore viola di Blitz Bazawule, perché il musical di Broadway da cui prende ispirazione diretta riprende pedissequamente le parole d’inchiostro pubblicate dalla scrittrice Alice Walker nel 1982, materia editoriale che tre anni dopo ha dato vita al film omonimo di Steven Spielberg. Un capolavoro di denuncia e commozione che incantò, scosse il mondo intero e che fece scuola. Nel 2005 arriva sui palcoscenici teatrali americani la versione musical, ispirata sia ai personaggi e alle situazioni del pluripremiato romanzo che dagli elementi musicali del lungometraggio di Spielberg: su tutti, la trascinante canzone “Miss Celie’s Blues” di Quincy Jones e Lionel Ritchie. Che torna a farla da padrona anche nel libretto musicale del musical di Marsha Norman e del suo team. Peccato però che i fasti del capolavoro letterario di Alice Walker e del film di Spielberg siano lontanissimi, stavolta.
Una trasposizione fallata
Di chi è la responsabilità del fallimento de Il colore viola? Del regista Blitz Bazawule? Dello sceneggiatore Marcus Gardley? O della stessa Warner Bros. Pictures che detiene ancora i diritti di sfruttamento del romanzo in forma cinetelevisiva? Difficile a dirsi, ma probabilmente la confezione finale nella quale si presenta il musical cinematografico candidato agli Oscar 2024 non aiuta le pur ottime ed onorevoli intenzioni dietro la macchina da presa, gli elementi di rilievo di straordinaria qualità (prima del musical dal quale è tratto, poi del film stesso) che lo rendono motivo di attrattiva. Sta di fatto che la pellicola di Bazawule è l’ennesima dimsotrazione di quanto fare grande musical per grande schermo non sia affatto un passeggiata. Perché è necessario conoscere storia, stilemi e fondamenti imprescindibili del genere cinematografico americano, prima del rispetto per la materia ed il contenuto che si vuole trasporre.
Bazawule, che già aveva debuttato dietro la macchina da presa nel 2018 con The Burial of Kojo e nel 2020 aveva diretto lo special musicale Black Is King di Beyoncé, arriva nello show business anche come cantautore e produttore musicale di una certa rilevanza. Peccato però che il suo background e la sua passione in materia non vengano traslati con efficacia nella sua ambiziosa missione di portare al cinema il musical ispirato non solo ad uno dei libri fondanti per la letteratura afro-americana di tutti i tempi ma anche ad un rivoluzionario cult movie che ha ridefinito la carriera di uno dei registi più influenti di sempre. Scommesse ed ambizioni perse in partenza, perché infarcite da una messa in scena che non sa mai come mettere temporaneamente da parte la teatralità della fonte originaria a favore del linguaggio propriamente cinematografico.
Per fortuna che c’è Danielle Brooks
Per fortuna però che c’è un ensemble cast di tutto rispetto dietro al parziale successo di pubblico de Il colore viola nelle sale statunitensi, a partire da Fantasia Barrino nel ruolo di Miss Celie (qui al suo debutto attoriale dopo una gloriosa carriera canora e lo stesso ruolo portato a teatro già dal 2007), fino a Taraji P. Henson in quelli della vamp Shug Avery, passando per il minaccioso ed imprevedibile “Mister” del candidato all’Oscar (e sempre più lanciato) Colman Domingo. Ma a brillare nel firmamento interpretativo del musical di Bazawule è Danielle Brooks nei panni irriverenti e sfacciati di Sofia, ruolo di supporto già ricoperto da Oprah Winfrey nel film del 1985, che le regalò un meritatissimo Golden Globe ed una candidatura all’Oscar, andata a vuoto.
Ora Danielle Brooks (che si è fatta le ossa sul piccolo schermo grazie a serie quali Orange Is The New Black e Master Of None) riprende il ruolo che aveva già portato sui palcoscenici americani nella riduzione musical di The Color Purple e viene automaticamente candidata al suo primo Oscar di carriera, nella categoria dell’attrice non protagonista. Merito di un personggio tragico e al contempo vulcanico, quello di Miss Sofia, memorabile grazie all’ingegno letterario di Alice Walker e al numero musicale ad ella assegnatole nello show di Broadway del 2005, trascinato dall’orecchiabilissima “Hell, no!” che ruba facilmente la scena a tutti e cattura immediatamente l’attenzione dello spettatore cinematografico, anche quello più casuale e meno avvezzo al mondo del musical.
Il colore viola commette un peccato capitale
Tutti valori aggiunti ed imprescindibili che rendono Il colore viola versione 2024 una visione per grande schermo di certo attraente ed intensa, ma che non sposta di certo l’attenzione sul più grande peccato capitale che il film di Bazawule compie contro il genere che vuole omaggiare: i (tanti) numeri musicali dei protagonisti, pur celebrando il fascino e il ritmo incontenibile della musica blues del tempo, non riescono a soppiantare i maggiori momenti di drammaticità ed emozione dei personaggi, sacrificando melodie non del tutto memorabili o convincenti a favore di dialoghi e situazioni narrative di ben altra incisività. Un paradosso concettuale per un lungometraggio che si ripropone di celebrare un romanzo ed un film in chiave gioiosamente musicale.
In definitiva, il musical ispirato al romanzo premio Pulitzer di Alice Walker è lontano anni luce dalla potenza visiva e narrativa del capolavoro omonimo di Steven Spielberg e dalle parole della scrittrice. L’adattamento dal teatro al cinema risulta infine dozzinale e macchinoso, anche se il cast intero (su tutti, ovviamente la straordinaria Danielle Brooks) ce la mette tutta per rendere la visione attraente e memorabile.
La recensione in breve
Il musical ispirato al romanzo premio Pulitzer di Alice Walker è lontano anni luce dalla potenza visiva e narrativa del capolavoro omonimo di Steven Spielberg. L'adattamento dal teatro al cinema è dozzinale e macchinoso, anche se il cast intero (su tutti, la straordinaria Danielle Brooks) ce la mette tutta per rendere la visione memorabile.
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