Il film: Il corsetto dell’Imperatrice, 2022. Regia: Marie Kreutzer. Cast: Vicky Krieps, Florian Teichtmeister, Aaron Friesz. Genere: Drammatico. Durata: 114 minuti. Dove l’abbiamo visto: in anteprima stampa.
Trama: L’imperatrice Elisabetta di Baviera è alla soglia dei 40 anni. Ossessionata dal culto dalla bellezza, vive una vita di costrizioni e un matrimonio infelice che ne opprimono l’estro e il vigore.
Quella della principessa Elisabetta di Baviera è un’immagine che con il tempo ha finito per radicarsi nell’immaginario collettivo. Si trova in compagnia di Diana Spencer, sua controparte contemporanea, alla quale è legata da quel filo sul quale si è ricamato il racconto della consorte reale progressista, modello indiscusso di bellezza, indisposta ai rigidi dettami di corte e insofferente all’interno di un matrimonio infelice.
Se The Crown è per la principessa Diana il più recente tassello della sua messa in tragedia, per Elisabetta, dopo la celebre trilogia degli anni Cinquanta a firma Ernst Marischka (da qui Sissi), lo è Il corsetto dell’Imperatrice (in originale Corsage). Come vedremo in questa recensione de Il corsetto dell’Imperatrice Marie Kreutzer, regista e sceneggiatrice del film, reinterpreta la figura dell’imperatrice d’Austria ponendola nell’opera secondo le traiettorie di potere tra generi, ascrivendola all’interno delle griglie e delle etichette di una società nel mezzo della quale Elisabetta è un fantasma irrequieto e tormentato.
La trama: di gabbie e insoddisfazioni
Vienna, 1877. L’imperatrice Elisabetta (Vicky Krieps) è alla soglia dei suoi 40 anni. Vive da tempo un matrimonio insoddisfacente con l’imperatore Francesco Giuseppe (Florian Teichtmeister) e a corte è invisa praticamente a tutti. Trascorre gran parte del suo tempo in attività oziose, cercando di declinare ed evadere da tutti gli impegni ufficiali in cui viene costretta. Durante le cene si ritira nelle sue stanze, durante la visita a un palazzo reale fresco di costruzione finge di svenire. Deve farsi vedere in pubblico o le persone crederanno davvero che è un fantasma, la ammonisce il marito.
Quelle stesse persone, dentro o fuori la corte, che la bramano per testimoniare se sia effettivamente bella come la leggenda vuole. Si dice che ovunque Sissi andasse riuscisse a raccogliere grandi folle solamente con il richiamo della sua incredibile bellezza, anche le più animose e invise al regime asburgico come quelle dei popoli italiani e ungheresi. Un qualcosa che durante Il corsetto dell’Imperatrice le viene rammentata in continuazione, con stilettate che ne mettono in paragone il prima al dopo. Sempre Francesco Giuseppe, dopo aver dato un’occhiata a un nuovo quadro dov’è ritratta, le dice: “Sei bellissima. Non so come tu abbia fatto ad apparire così giovane”.
L’intero film ruota attorno al significante del titolo, il corsetto che Elisabetta si faceva stringere all’inverosimile e che le donava il famoso vitino da vespa, ma che allacciare ora costa grande fatica alla servitù che l’imperatrice finisce per pungere amaramente con i suoi commenti. La pellicola di Kreutzer copre un arco di tempo di alcuni mesi ed esplora le insoddisfazioni reiterate della donna, trascinata da un’abitazione all’altra in cerca di uno spicchio di felicità che tenta di trovare in passioni fugaci e spesso insoddisfacenti.
Il maschio al declino
Nel mezzo, Il corsetto dell’Imperatrice abbraccia la natura erratica e frustrata dell’imperatrice, imbeccata per le sue scelte poco conformi e consoni all’etichetta. La rimprovera il marito infedele, la vuole riportare sulla retta via anche il figlio Rodolfo (Aaron Friesz). Un erede al trono, quest’ultimo, tratteggiato con pochi ma puntuali colpi come soffocato da una cultura dell’onore e del rispetto tutta maschile e terribilmente anacronistica, che il film sceglie di contrapporre con sagacia al prossimo declino degli Asburgo (il vero Rodolfo morirà suicida poco più che trentenne assieme all’amante Maria Vetsera, verosimilmente da lui uccisa).
E Kreutzer per questi scambi sceglie sempre di delineare una linea sghemba in cui questi uomini sono più bassi o stanno più in basso rispetto a Elisabetta, dove gli unici momenti in cui è guardata dall’alto è quando si trova di fronte a chi lei sceglie di desiderare, a chi dona il suo sesso con sfrontata sicurezza e dai quali finisce sempre per ottenere un’impotenza o un’incapacità di bruciare la libidine.
Infestare il presente
Non c’è sfogo per Elisabetta, non c’è fessura dalla gabbia d’oro fatta con i corpi in rigor mortis di una società che l’autrice mescola al contemporaneo collocando in questo teatro in costume delle rêveries, delle infiltrazioni in apparenza dissonanti con tempo e luoghi. Un telefono con cornetta appeso alla parete, un trattore davanti la carrozza, un mocio di plastica appoggiato al muro di un corridoio.
Ma Elisabetta è un fantasma, nel film viene detto, ed è scelta proprio in virtù della sua icona trasgressiva e iperbolica per fare la spola tra il prima e il dopo, testimone dei veleni del passato (come le donne rinchiuse in manicomio per le stesse “malattie” che affliggono anche lei, depressione e desiderio sessuale) e teodofora in un presente il cui organismo è ancora fiaccato da ultime, odiose e ostinate tossicità.
Un manifesto lucido e puntuale
Quello di Marie Kreutzer, un talento che sarà interessante osservare nel prossimo futuro, è un piccolo e puntuale manifesto di femminismo cinematografico. Non grida, non schiaccia in superficie, ma si compone di un fine lavoro di pulsioni e repressioni, di corpi, di gesti, di sguardi lanciati e sguardi abbassati, passando per una trasversalità spettrale che dal passato fa eco sul presente. Perché non occorre sbattere i pugni sul tavolo e agitare il tema come fosse una clava (Don’t Worry Darling ne sa qualcosa) quando si vuole veicolare un messaggio sociale o politico; occorre saperlo fare attraverso il linguaggio del cinema, che è già di per sé atto di posizionamento sociale e politico.
Il corsetto dell’Imperatrice è in questo un’opera estremamente elegante che si destreggia con lucida e amara consapevolezza tra le derive di un mondo colpevole, erto sulle spalle di un’interprete ancora una volta immensa (Krieps vincitrice per il ruolo come Miglior attrice nella sezione di Un Certain Regard al Festival di Cannes 2022). Tra i migliori film dell’anno.
La recensione in breve
Marie Kreutzer con Il corsetto dell'imperatrice firma un'opera lucida e netta, un manifesto raffinato che usa la tecnica cinematografica per raccontare l'icona dell'imperatrice Elisabetta di Baviera lavorando sulla sua icona, decostruendo le sue costrizioni e insoddisfazioni per legare i peccati del passato a quelli del presente.
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