Il film: Il primo giorno della mia vita, 2023. Regia: Paolo Genovese. Cast: Toni Servillo, Margherita Buy, Valerio Mastandrea, Sara Serraiocco, Gabriele Cristini, Vittoria Puccini, Elena Lietti, Thomas Trabacchi, Giorgio Tirabassi.
Genere: drammatico. Durata: 121 minuti. Dove l’abbiamo visto: al cinema, in anticipata stampa, in lingua originale.
Trama: Un uomo misterioso entra in contatto con quattro persone che intendono suicidarsi, e mostra quella che sarebbe la vita senza di loro.
Poco più di un anno dopo Supereroi, il regista Paolo Genovese è nuovamente nelle sale, questa volta con l’adattamento del suo omonimo romanzo edito da Einaudi nel 2018. Di questo parliamo nella nostra recensione de Il primo giorno della mia vita.
La trama: morire, dormire, sognare forse?
Siamo a Roma, dove quattro individui – un motivatore professionista, una poliziotta, un’ex-ginnasta finita in sedia a rotelle e un ragazzino che fa video su YouTube – si sono appena suicidati. Ma non è finita lì: un uomo misterioso li ha prelevati tutti un attimo prima del fattaccio, e ora i quattro si trovano in una sorta di limbo, visibili solo al loro ignoto soccorritore. Questi propone a ciascuno di loro di stare con lui per sette giorni, durante i quali potranno vedere come continua la vita dei loro famigliari e amici. Scaduti i sette giorni, potranno scegliere se tornare o meno alla vita di prima, annullando il drammatico gesto che li ha portati sino a qui.
Il cast: morti che camminano
Toni Servillo è la presenza misteriosa che guida i quattro malcapitati, interpretati da Valerio Mastandrea (il motivatore), Margherita Buy (la poliziotta), Sara Serraiocco (la ginnasta) e Gabriele Cristini (il ragazzino). Altri personaggi che appaiono nel corso del film, legati alle vite del quartetto o al mistero del loro “amico”, hanno i volti di interpreti come Vittoria Puccini, Lino Guanciale, Elena Lietti, Alessandro Tiberi, Thomas Trabacchi e Giorgio Tirabassi. Per Mastandrea si tratta della quarta collaborazione con Genovese, mentre per Puccini è la terza.
I misteri della vita
Dopo il successo di Perfetti sconosciuti, autentico fenomeno che ha generato una quantità inesauribile di remake, Paolo Genovese si è fatto sempre più metafisico, come visto in The Place e, in misura minore, in Supereroi, dove la finzione manteneva vivo il ricordo di chi non c’è più. Qui la riflessione su ciò che ci lega e cosa rimane dopo raggiunge il suo apice, inclusa la decisione di rinunciare quasi del tutto alla commedia per meditare in maniera seria, con una dose di amarezza forse legata al privato del cineasta, su temi già esplorati più volte al cinema, con Frank Capra come evidente punto di riferimento supremo. Una scelta a suo modo coraggioso, per quanto potenzialmente respingente se si pensa al nome che Genovese si era fatto agli occhi del pubblico.
La morte della sincerità
L’ambizione, però, non si traduce in qualcosa di potente ed efficace. Tutt’altro: l’operazione è talmente costruita, posticcia, priva di sincerità, che gli elementi più incongrui – l’arco narrativo del bambino, per esempio – risultano ancora più palesi, complici gli attori che praticamente declamano il copione senza dare vita alle parole. Ci provano un po’ Servillo e Buy, con dei ruoli che molto probabilmente riuscirebbero a fare con un minimo di carisma anche nel sonno, e soprattutto Mastandrea, quello con la materia più verosimile tra le mani in quello che è un susseguirsi di banali peripezie mortifere. Un inizio non esattamente promettente per quella che vorrebbe essere la nuova annata di cinema d’autore di produzione italiana.
La recensione in breve
Paolo Genovese torna a meditare su vita e morte, con un film talmente studiato a tavolino che non raggiunge mai alcuna catarsi emotiva.
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