Il film: Il re leone (The Lion King), 2019. Regia: Jon Favreau. Cast: Donald Glover, Beyoncé Knowles-Carter, Seth Rogen, Billy Eichner, John Oliver, Alfre Woodard, Chiwetel Ejiofor, Keegan-Michael Key, Eric André, Florence Kasumba, John Kani, James Earl Jones. Genere: animazione, drammatico. Durata: 118 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: La storia di Simba, erede al trono della savana che deve vedersela con i complotti del suo perfido zio. Remake del film d’animazione Disney del 1994.
Dal 1994 al 2003, il quinto dei dieci film usciti durante il cosiddetto Rinascimento Disney è stato il più grande successo di sempre al botteghino nella categoria dei lungometraggi d’animazione. Adesso tale record appartiene al suo remake (1,6 miliardi di dollari nel mondo), anche se la Disney rifiuta di considerarlo ufficialmente un titolo d’animazione. Un elemento di cui parleremo nella nostra recensione de Il re leone.
La trama: il nuovo cerchio della vita
L’intreccio è quello che tutti conosciamo: siamo nella savana, dove il re Mufasa ha appena presentato a tutti i suoi sudditi l’erede al trono, Simba. Una notizia accolta con gioia da tutto il regno, o quasi: Scar, fratello del sovrano, brama il trono da sempre e per arrivarci è disposto a commettere ogni efferatezza, aiutato dalle iene. I suoi complotti costringeranno Simba, finora spensierato e irresponsabile, a fare i conti con il suo ruolo all’interno di quello che Mufasa definisce “il cerchio della vita”, con l’aiuto di vecchi e nuovi amici. Rispetto all’originale alcuni dei personaggi sono stati modificati: per l’esattezza, le iene Ed e Banzai sono state reinventate in ottica meno umoristica, e si chiamano ora Azizi e Kamari.
Il cast: un bel gruppo di voci
In lingua originale Mufasa ha ancora la voce di James Earl Jones, il suo doppiatore nell’originale del 1994, ponte simbolico tra le due versioni (in italiano, essendo Vittorio Gassman morto dal 2000, la parte è stata riassegnata a Luca Ward). Il nuovo cast è invece composto da Donald Glover (Simba), Beyoncé (Nala), Alfre Woodard (Sarabi), Chiwetel Ejiofor (Scar), John Kani (Rafiki), Florence Kasumba (Shenzi), Keegan-Michael Key (Kamari), Eric André (Azizi), John Oliver (Zazu), Billy Eichner (Timon) e Seth Rogen (Pumbaa). L’attrice Amy Sedaris, che ha lavorato con il regista Jon Favreau a The Mandalorian, e il doppiatore professionista Phil Lamarr (Hermes Conrad in Futurama) prestano le voci a nuovi personaggi che appaiono nella sezione dedicata a Timon e Pumbaa.
Un classico epocale
Anche se la Disney negli anni Novanta aveva riacquistato non poco credito con i suoi film d’animazione, Il re leone fu comunque un fulmine a ciel sereno, anche per la stessa major: è risaputo come, all’interno del reparto d’animazione, il film fosse considerato “di serie B” rispetto a Pocahontas, nel quale il dirigente Jeffrey Katzenberg riponeva grandi speranze. Poi, il primo segnale incoraggiante: per il marketing si decise di usare come teaser l’intera sequenza d’apertura, e l’accoglienza del pubblico fu tale da mandare nel panico le alte sfere della Disney (della serie: e se il resto non fosse all’altezza di quei primi, magnifici minuti?). Un incipit che rimane maestoso ancora oggi, e che il remake ha ricreato praticamente uguale, perché non avrebbe avuto senso cercare di fare qualcosa di diverso con la nascita di Simba (e difatti anche il corrispettivo del 2019, ma questa volta non per intero, ha fatto parte del primo trailer).
Fonti diverse
A causa di scelte come quella, e dello scarso coraggio esibito dalla Disney con i remake di altri film del Rinascimento, si è parlato di questo nuovo progetto come di un copia-incolla del prototipo. In realtà, al netto della trama che è essenzialmente la stessa anche per questioni di riconoscibilità del brand, alcuni elementi sono stati aggiornati o modificati, sfruttando la coesistenza del film originale e dell’adattamento teatrale di Broadway, che ha ispirato alcuni dei nuovi passaggi (da cui la presenza di Julie Taymor, regista di quella versione, tra i produttori esecutivi). Lo stesso vale per la musica, che riprende i brani originali di Hans Zimmer e del duo Elton John-Tim Rice, ma aggiunge anche composizioni inedite (tra cui una a cura di Beyoncé) e, per i titoli di coda, recupera He Lives in You, che fece parte della colonna sonora del musical teatrale e fu poi usata per l’incipit del sequel animato uscito direttamente in home video (con la differenza che questa volta il cantante sudafricano Lebo M., autore di tutti i testi in lingua zulu per le colonne sonore del franchise, questa volta si esibisce non in inglese, ma in lingua xhosa).
Progresso tecnologico
La principale controversia associata al remake è la decisione della Disney di non considerarlo un prodotto d’animazione, vendendolo ufficialmente come l’ennesimo live-action basato su uno dei suoi classici. Solo che, al netto del fotorealismo, di live-action c’è ben poco: solo la prima inquadratura, con l’alba che simboleggia la nascita di Simba e, in questo caso, una nuova evoluzione tecnologica. Portando avanti il lavoro avviato ne Il libro della giungla, il regista Jon Favreau ha perfezionato un sistema che consentiva alla troupe di lavorare in ambienti di realtà virtuale per creare le immagini, come se si trovassero veramente sul set o, per essere più precisi, nelle terre africane. Un lavoro impressionante, che dà al déjà vu un’aria maestosa in grado di compensare la scarsa originalità e giustificare la scelta di applicare questo metodo al materiale di partenza, nonostante la connotazione un po’ avvilente del rifacimento tridimensionale come più “dignitoso” o “adulto” rispetto all’originale realizzato con illustrazioni a mano.
Imponente, ma un po’ meno intenso
E se la componente spettacolare è garantita, così come lo humour grazie a Timon e Pumbaa che hanno mantenuto la loro verve comica nella transizione verso il fotorealismo, l’imponente esercizio di stile non può mascherare un calo a livello emotivo. Laddove ne Il libro della giungla gli animali avevano una sufficiente componente antropomorfa, qui l’effetto ricercato è quello di un documentario della BBC o di National Geographic, con il risultato che i personaggi, il più delle volte, sono meno espressivi del previsto, al netto dell’impegno dei doppiatori. Questo incide anche sull’efficacia di alcuni momenti che, in nome della verosimiglianza, sono stati pesantemente ridimensionati (ne risente soprattutto Be Prepared/Sarò re, il numero musicale di Scar, qui praticamente assente). L’anima c’è ancora, ma a volte fatica a fuoriuscire, come se a questo giro ci fosse stato un turbamento nel cerchio della vita.
La recensione in breve
Il remake del grande classico Disney diverte il giusto e garantisce abbondanti dosi di spettacolo tramite l'uso dell'animazione fotorealistica, ma parte del fascino dell'originale è impossibile da replicare in tale contesto.
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