Il film: Infiesto, 2023. Regia: Patxi Amezcua. Genere: Thriller, Crime. Cast: Isak Ferriz, Iria del Rio, Juan Fernandez, Ismael Fritschi, Ana Villa. Durata: 96 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in anteprima stampa.
Trama: Mentre il coronavirus stravolge le loro vite, due detective sono determinati a svelare i responsabili di un rapimento che scoprono far parte di uno schema inquietante.
Venerdì 3 febbraio debutta nel vasto catalogo di Netflix il thriller Infiesto, lungometraggio originale della piattaforma di streaming realizzato in lingua spagnola. Scritto e diretto dal veterano della sceneggiatura iberica Patxi Amezcua, Infiesto si pone come curioso film investigativo con l’ambizione di voler raccontare i tumulti e le incertezze senza precedenti del primissimo periodo di lockdown mondiale nel corso del 2020, stavolta attraverso le lenti di un thriller dai toni misteriosi e (solo apparentemente) soprannaturali.
Nella nostra recensione di Infiesto, ci addentreremo nella trama del film spagnolo per capire quanto la pellicola di Amezcua prenda a piene mani da un certo cinema e da una certa serialità di qualità degli ultimi anni senza però proporre un prodotto veramente originale o memorabile, prigioniero delle proprie ambizioni sostanzialmente mal riposte.
La trama: strane apparizioni in un paesino delle Asturie
Marzo 2020. Il primo giorno dello stato di emergenza, due ispettori di polizia (rispettivamente, interpretati da Isak Férriz e Iria del Rio) vengono chiamati in una piccola città mineraria delle montagne asturiane dove è riapparsa una giovane donna che si presumeva morta da mesi. Mentre il mondo cade a pezzi e le tragedie personali colpiscono ovunque ed ognuno, i due detective non impiegano molto a rendersi conto che il Coronavirus potrebbe non essere l’unica forza oscura all’opera.
Un thriller di certo con una sua ambizione, visto che ha l’ardire di mescolare attualità internazionale e una struttura narrativa chiaramente ispirata a certe detective stories e film procedurali per leggere la società attuale attraverso le lenti del piccolo schermo. Avendo quindi due anime contrastanti ma al contempo complementari, Infiesto finisce però per non soddisfare nessuna delle due.
Paura e delirio durante il primo lockdown
Certo, ci vuole fegato a realizzare un film ambientato durante il primo lockdown a circa tre anni di distanza da quei drammatici primi mesi del 2020, quando il Coronavirus stava entrando nei televisori delle case di tutto il mondo, nelle corsie degli ospedali delle nostre città e nella nostra fragile e spaventata psiche: Forse quindi è un bene che il regista e sceneggiatore spagnolo abbia trovato la chiave giusta in fase di scrittura per declinare la pandemia e le sue terribili ed inaspettate conseguenze nella nostra quotidianità in salsa detective story.
Una linea narrativa, quella puramente investigativa, che va di pari passo con l’inasprirsi delle regole di isolamento e contenimento del virus, anima parallela di Infiesto che dona al film originale firmato Netflix la sua peculiare identità. Parlare di pandemia da Covid con gli strumenti del racconto investigativo è senza dubbio un azzardo che avrebbe potuto produrre una confezione stuzzicante ed originale nel panorama cinematografico avallato dalla potente piattaforma di streaming. Peccato che di veramente interessante ed originale Infiesto abbia ben poco.
In attesa della fine del mondo
A colpire maggiormente lo spettatore di fronte al film di Patxi Amezcua è difatti il blend tra racconto d’investigazione puro e duro, appassionante e carico di echi provenienti da decenni di tradizione televisiva legata al genere stesso, e disamina caustica e pessimistica sullo stato della società occidentale attuale, ancora nella morsa della pandemia globale e per sempre cambiata da quei fatidici e drammatici mesi del 2020. Eppure, a tre anni dall’inizio dell’incubo Coronavirus, il pubblico medio non ne può più di sentirsi raccontare delle conseguenze, pur pregne di urgenza narrativa e di contemporaneo dibattito, del Covid sulla vita di tutti i giorni; forse perché dopo quasi tre anni di restrizioni e di quotidianità ribaltata, è ancora troppo presto per risanare un trauma collettivo le cui ferite sono più profonde di quanto non si possa immaginare.
Il risultato, ovviamente, è che alla fine appare molto più interessante seguire la pur esile trama parallela dei due detective protagonisti di Infiesto che non le conseguenze del lockdown spagnolo (i cui giorni dalla sua istituzione scandiscono i capitoli narrativi del film e la ricerca di prove e risposte dei due ispettori di polizia), alle prese con una sinistra setta che rapisce gli adolescenti della cittadina delle Asturie per sacrificarne uno ogni tre mesi, in concomitanza con equinozi e solstizi. Una risposta ancestrale e violenta alla volontà di Taranis, celtico dio della tempesta che esige un vittima sacrificale umana al volgere di un ciclo vitale e all’inizio di uno nuovo. In attesa della profetizzata fine del mondo.
Una copia di True Detective?
Ma la tanto attesa fine di tutte le cose che la setta ancestrale testimonia di voler far avanzare pare alla fine coincidere con il chiudersi di un’era e l’aprirsi di un ciclo tutto nuovo, assolutamente inedito per la razza umana: ovviamente, stiamo parlando di quello segnato dall’arrivo senza pietà del Coronavirus nella vita di tutti i giorni. Un espediente narrativo che a conti fatti non funziona come vorrebbe Infiesto, che tra allegoria dei tempi odierni e detective story con chiari influssi provenienti da prodotti ben più riusciti e seminali come True Detective, fallisce miseramente sul piano dell’efficacia e dell’immediatezza.
Gli innumerevoli nodi lasciati aperti dal film Netflix trovano la loro conclusione con fin troppa fretta e faciloneria, tanto che a pellicola terminata si ha sovente l’impressione di aver assistito (ancora una volta) ad un’occasione persa tra mille idee, stimoli, echi cinematografici e televisivi del passato e del presente. Peccato, perché a conti fatti Infiesto seguirà sicuramente la triste traiettoria di decine di lungometraggi originali Netflix di produzione internazionale sepolti sotto numerosi strati di contenuti targettizati per un vasto pubblico medio senza troppe pretese.
La recensione in breve
Nonostante alcune trovate e la buona volontà, Infiesto è un film originale Netflix che verrà presto dimenticato. Non soltanto perché ha la presunzione di raccontare i giorni peggiori della pandemia da Coronavirus tramite il fil rouge della struttura narrativa di stampo investigativo, ma perché affonda a mani piene nell'immaginario televisivo più recente (True Detective) senza mai omaggiarlo con originalità.
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