Il film: Io vivo altrove!, 2023. Regia: Giuseppe Battiston. Cast: Giuseppe Battiston, Rolando Ravello, Teco Celio, Diane Fleri, Ariella Reggio, Alfonso Santagata, Maurizio Fanin, Giovanni Franzoni, Roberto Abbiati, Pierluigi Cantini, Ida Marinelli, Evelina Meghnagi, Claudia Della Seta, Roberto Citran. Genere: Commedia. Durata: 104 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima stampa.
Trama: Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sognato di fuggire, scappare dalla quotidianità per iniziare da capo. Nulla come un altro luogo ed un contesto umano diverso, infatti, riesce a creare l’illusione di poter diventare diversi da se stessi. Possibilmente migliori. Questo è quello che Fausto Biasutti, bibliotecario quieto, e Fausto Perbellini, cinquantenne dalla vita semplice, desiderano ardentemente.
Tra il sognare e il fare, però, c’è una grande differenza. Per questo motivo non hanno mai provato a mutare nulla fino a quando non si presenta un’occasione imperdibile. Almeno ai loro occhi. La nonna di Biasutti, infatti, lascia in eredità al nipote un casolare, con tanto di terra, in un piccolo centro sulle colline del nord est. Grazie a questo improvviso regalo i due neo amici decidono di cambiare la propria vita, trasferirsi in campagna e diventare degli agricoltori. Ma si sa che la realtà non è idilliaca come l’immaginazione.
Dopo anni trascorsi a vestire unicamente i panni d’interprete, Giuseppe Battiston decide di affrontare un cambio di prospettiva. Nella pratica questo si concretizza attraverso la sua prima regia ed un ruolo produttivo. Considerato da questo punto di vista, dunque, Io vivo altrove! potrebbe rappresentare una sorta di manifesto grazie al quale, senza trionfalismi ed in modo molto naturale, dichiarare il proprio bisogno di cambiamento.
Una necessità per nulla insolita per delle personalità artistiche in cerca d’ispirazione e, spesso, con delle esigenze narrative ed espressive. Dunque, per la sua prima volta dietro la macchina da presa non poteva che scegliere di rivisitare, in chiave molto personale, Bouvard e Pécuchet di Gustave Flaubert. Un romanzo all’interno del quale l’idea di cambiamento è centrale, anche se non sempre portatrice di esperienze positive.
Per completare il quadro, poi, Battiston sceglie, come compagno di set, Rolando Ravello che lo aveva già diretto in E’ per il tuo bene. Una collaborazione evidentemente positiva e che viene rafforzata da questo nuovo progetto. La sintonia tra i due, infatti, è evidente e rappresenta un punto di forza per un film che, in alcuni momenti, tende ad essere naif. Partendo proprio da questi presupposti, dunque, andiamo a capire la natura e l’evoluzione di questa storia attraverso la recensione di Io vivo altrove!
La trama: Vite in cambiamento
Quante possibilità hanno d’incontrarsi due persone con lo stesso nome? Sicuramente abbastanza perché questa eventualità non sia così rara e remota. Quante, invece, d’incrociare la propria strada con un altro essere umano che condivide lo stesso stile di vita e il sogno di cambiarlo? Ecco, in questo caso la casistica diventa sicuramente più bassa. Nonostante questo, però, Fausto Biasutti e Fausto Perbellini sono destinati ad incontrarsi e a stringere un’amicizia destinata a portarli altrove.
Il primo Fausto è un tranquillo bibliotecario con un amore appassionato per i libri ed una vena di malinconia che attraversa i suoi gesti e lo scorrere delle giornate solitarie. Il secondo, invece, è un uomo semplice, con l’amore per la fotografia poco compreso da una madre fin troppo vitale e dominante. Le loro strade s’incrociano casualmente durante una gita fuori Roma per uno “stage” fotografico a contatto con la natura. Biasutti è li per accompagnare un amico con difficoltà motorie, mentre Perbellini perché mosso dal suo interesse.
Così, immersi nel verde e nel silenzio immobile lontano dalla città, iniziano una conoscenza timida e garbata in cui darsi del “lei” è ancora un valore ed un segno di rispetto essenziale da rivolgere a chi non è ancora intimo. Nonostante questo apparente distacco verbale, però, i due si trovano presto in accordo condividendo la stessa semplice vita e, soprattutto, il sogno lontano di poter cambiare direzione. Magari verso la schiettezza e la naturalezza della campagna.
Quello che sembra una semplice illusione, però, è destinata a diventare realtà. La nonna di Biasutti, infatti, muore e lascia in eredità al nipote la sua casa di campagna circondata da non pochi ettari di terra. Ecco, dunque, che il sogno si concretizza e in modo impulsivo, i due Fausto decidono di unire forze economiche, disperazione ed una buona dose d’incoscienza per dare il via ad un nuovo capitolo delle loro esistenze.
La terra promessa è Valvana, un piccolo centro nel nord est ma la realtà dei fatti è destinata ad essere più difficile di quanto pensato. L’inesperienza, la durezza degli abitanti della zona e l’ingenuità dei due contribuisce a creare un cocktail potenzialmente esplosivo. Nonostante questo, però, la necessità di vivere altrove per essere finalmente altro è più forte di qualsiasi contrasto.
Del coraggio e della disperazione
Per parlare d questo film si potrebbe iniziare da molti aspetti tranne che da Bouvard e Pécuchet” di Gustave Flaubert. Nonostante la sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso Battiston con Marco Pettenello presenti delle risonanze con quest’opera, in realtà prende una strada personale nel tentativo di raccontare le storie di un’umanità mossa dal coraggio e dalla disperazione. Per questo motivo, dunque, qualsiasi tentativo di comparazione non può che andare a discapito del film, evidenziando delle discrepanze e, soprattutto, una mancanza d’intensità.
In realtà, Io vivo altrove! si muove attraverso un modello narrativo ben preciso che, prediligendo delle espressioni più morbide ed un sottotono di tristezza, ha il compito di costruire un passo alla volta la sua profondità. Il segreto per comprendere ed apprezzare questa piccola storia dal cuore importante, dunque, è concedersi il giusto tempo. O, meglio, lasciare a lei il ritmo, le pause e la tempistica per svelarsi di fronte agli occhi dello spettatore.
Quello di Battiston, infatti, è un film senza fretta, che rifugge dalle ansie espressive o dalla necessità di roboanti dichiarazioni. La sua, piuttosto, è una narrazione dall’anima gentile, esattamente come quella dei due protagonisti e che, a prima vista, sembra non aver nessun tipo di pretesa. In realtà, scavando oltre la visione idealista e chiaramente naif di questi improbabili compagni d’avventura, si scopre un substrato che ribolle. Un magma nascosto di dolore e frustrazione messo a tacere per molto tempo o con il quale, comunque, si è cercato di convivere.
Per questo motivo, dunque, i due Fausto hanno assunto una sorta di rassegnazione che, il più delle volte si traduce in un ingiustificato entusiasmo. Una sorta di cieca fiducia nel prossimo e nel mondo circostante che, se all’inizio sembra essere stucchevole e tendenzialmente fastidioso, alla fine mette in evidenza il senso e la necessità del loro agire. Perché il credere di poter vivere altrove per loro rappresenta l’unica possibilità di dare un senso a delle vite che, fino a qual momento, non ne hanno avuto molto. E’ l’opportunità di rendere produttivo un dolore e, più di tutto, di non farsi sconfiggere da questo.
La natura, amica o matrigna?
Intorno a questo interrogativo l’uomo si è dibattuto da molto tempo. Non ultimo anche un certo Giacomo Leopardi. Ed è proprio dalle conclusioni di leopardiana memoria che il film di Battiston sembra prendere ispirazione per definire il ruolo della natura. Terza protagonista sul set, a lei è stata chiesta l’interpretazione più naturale e sincera. L’unica di cui è capace. Per questo motivo, dunque, possiamo dire che il suo volto non è benigno o maligno ma, semplicemente, cambia prospettiva a seconda di chi la abita o se ne prende cura.
Certo, per gran parte della narrazione, sembra rappresentare un’ostacolo continuo, una costante fonte di fallimento riuscendo a far naufragare ogni singolo tentativo dei due amici. In realtà, quello che sembra una crudeltà di fondo, è una reazione inevitabile di fronte ad una mancata esperienza da parte di entrambi. La natura, infatti, può essere un’alleata preziosa ma è anche molto esigente.
Non ammette errori e, di fronte a questi, impone all’uomo di affrontare i propri limiti. Certo, il confronto può sembrare spesso iniquo, impari e al limite della sopportazione. Ma, se si affronta questo rapporto con la giusta dose di entusiasmo, abnegazione e senso di appartenenza, si viene ripagati. Questo è ciò che comprendono Fausto Biasutti e Fausto Perbellini. Perché, una volta spazzate via le loro convinzioni semplicistiche e le aspettative di veloce realizzazione, non rimane che la realtà nuda e cruda. E solo a quel punto è possibile decidere se si vuole rimanere o tornare indietro. Se è più naturale lottare o demordere.
La recensione in breve
Giovanni Battiston si misura per la prima volta con la regia di un lungometraggio e decide di farlo scegliendo una storia dedicata all'umanità invisibile. Il punto di partenza, infatti, sono delle vite caratterizzate da una quotidianità che, nella loro immobilità, cerca di sopravvivere al dolore e alla delusione. Due sensazioni che Battiston cerca di non estremizzare mai fino all'apice della narrazione. Solo alla fine la malinconia si trasforma in delusione e frustrazione. Nonostante questo e la loro apparente debolezza, però, i due protagonisti sono ben lontani dall'essere vinti. In questo senso, dunque, si va delineando una narrazione incentrata su un forte ottimismo di base. A tratti eccessivo ed ingenuo ma, sicuramente, necessario.
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