Il film: Ipersonnia, del 2022 Regia: Alberto Mascia. Cast: Stefano Accorsi, Sandra Ceccarelli, Eva Cela, Andrea Germani. Genere: Thriller, Fantascienza. Durata: 100 minuti. Dove l’abbiamo visto: In anteprima, al Torino Film Festival.
Trama: Italia, futuro prossimo. Grazie al progetto Hypnos, le vecchie carceri sovraffollate sono soltanto un ricordo: ora i detenuti scontano la pena in una capsula, costretti alla condizione di “ipersonno”. Si tratta di metodo efficiente ed economico, che ha permesso di eliminare ogni fenomeno di violenza e criminalità nelle carceri. Un giorno, però, lo psicologo David Damiani, incaricato di monitorare la salute mentale dei carcerati, si imbatte in un’enorme e sinistra cospirazione governativa, che rimetterà in discussione ogni cosa…
Stanis La Rochelle direbbe che Ipersonnia è un film “molto poco italiano”. Ed effettivamente, una volta tanto, al netto delle battute, degli sfottò e dei soliti stereotipi, avrebbe ragione.
Pur scegliendo come protagonista un volto noto del cinema nostrano come Stefano Accorsi, l’opera prima di Alberto Mascia dà vita a un originale conspiracy thriller all’insegna della fantascienza distopica, più debitore di George Orwell e di Philip K. Dick che della tradizione nostrana.
Il risultato è un progetto sicuramente bizzarro, originale e ambizioso: pur situando il racconto in un futuro prossimo, Ipersonnia deve comunque fare i conti con la costruzione di un mondo coerente con la brillante trovata che dà il titolo al film.
Chi ha creato davvero il progetto Hypnos? Cosa accade ai detenuti dopo la loro prigionia in ipersonno? Quali sono le influenze di questo processo sul subconscio umano, e le conseguenze a lungo termine di questa pratica? Non è affatto semplice rispondere a tutte queste domande e al tempo stesso mettere in scena un conspiracy thriller convincente. Scopriamo come se l’è cavata Alberto Mascia nella nostra recensione di Ipersonnia.
La trama: quale complotto si cela dietro il Progetto Hypnos?
In un futuro non troppo lontano, la repubblica italiana è finalmente riuscita a risolvere una volta per tutte l’annoso problema del sovraffollamento del sistema carcerario.
Con l’introduzione del progetto Hypnos, i condannati vengono costretti per tutta la durata della pena a un profondo stato di oblio – l’ipersonno – all’interno di una capsula metallica: solo a intervalli regolari, stabiliti dal giudice al momento della sentenza, i detenuti vengono risvegliati e interrogati da uno psicologo, che deve seguire alla lettera un rigido protocollo.
I prigionieri vengono strappati ai loro sogni e messi di fronte alle proprie azioni, e l’ammissione o il rifiuto di accettare la propria colpevolezza consentono di capire se sia il caso di applicare o meno eventuali attenuazioni della pena, oltre a confermare la salute mentale di ogni detenuto.
Un giorno, però, lo psicologo di un’importante struttura detentiva, David Damiani, scopre che tutti i dati e i ricordi di un carcerato sono stati cancellati, e il precipitare degli eventi lo porterà a finire lui stesso in prigione.
Nel caos dei suoi ricordi, però, qualcosa sembra essere davvero fuori posto, e la vicenda sembra coinvolgere persino Viola, una donna di cui David è profondamente innamorato.
Ben presto, il protagonista scoprirà di essersi imbattuto in un complotto di enorme portata, le cui radici affondano nelle origini stesse del progetto Hypnos…
Un universo narrativo curato e convincente
La prima sfida, come si è detto in precedenza, era rappresentata dal cosiddetto world-building, ossia dalla costruzione di un universo narrativo solido e approfondito in ogni suo aspetto.
Come ci confermano le prime, ottime stagioni di Black Mirror, infatti, per dare vita a un racconto di fantascienza distopica degno di tal nome non è sufficiente introdurre rivoluzionarie innovazioni tecnologiche, ma occorre esplorarne le conseguenze sociali da ogni punto di vista.
Contrariamente alle nostre perplessità iniziali, Alberto Mascia fa davvero un ottimo lavoro e riesce a dare vita a un universo narrativo convincente, che alterna elementi a noi del tutto estranei a dinamiche familiari, che ci invitano a riflettere sul presente.
Pur parlando del futuro, il regista è molto attento a non perdere di vista l’Italia contemporanea, introducendo fenomeni e situazioni non così lontani dall’attualità.
I detenuti rimessi in libertà sono apatici e privi di identità, ma questo non impedisce a una larga fascia della società di odiarli e disprezzarli, perché potrebbero “rubare loro” i pochi posti di lavoro disponibili.
I media sono e restano succubi delle autorità, e i dietro le quinte delle trasmissioni televisive ricordano molto da vicino le pagine meno nobili del giornalismo contemporaneo.
Anche la retorica degli antagonisti riflette l’ombra lunga dell’Italia di oggi e di ieri, e include persino un’esplicita citazione, da parte dell’autoritario primo ministro Costa, a una celebre frase di Benito Mussolini.
Al tempo stesso, però, Ipersonnia non cede alla tentazione di utilizzare la fantascienza distopica come una semplice metafora del presente, ma ne sperimenta e approfondisce il linguaggio e le dinamiche fino in fondo.
Il risultato è un universo narrativo molto curato e originale, in cui tutto, dal lessico alla tecnologia, risulta radicalmente trasformato dall’introduzione dell’ipersonno.
Una sceneggiatura ricca di emozioni
Quel che più convince e sorprende, tuttavia, è il ritmo incalzante della sceneggiatura, che inanella una serie sorprendente di rivelazioni e colpi di scena, mantenendosi perlopiù solida e credibile.
Fin dalle sue prime scene, Ipersonnia riesce a trasmetterci quel senso di paranoia e mistero che permea l’intero filone, senza mai essere prevedibile fino in fondo.
Nel corso dei 100 minuti del lungometraggio succede davvero di tutto, ma la scrittura riesce quasi sempre a mantenersi credibile e trovare un buon equilibrio, evitando ritmi thriller eccessivamente frenetici o, sul versante opposto, il rischio della stagnazione.
Solo nell’ultima parte, in occasione dell’incontro tra Damiani e il primo ministro, la plausibilità del racconto viene meno e la scena risulta debole, stereotipata ed eccessivamente teatrale, soprattutto se si tiene conto della circostanza concreta.
Un’improvvisa caduta di stile che, però, non pregiudica la bontà complessiva del film, al quale va il merito di far fare al cinema italiano un importante passo in avanti nell’esplorazione di un genere nuovo.
Il cast: una solida prova di Stefano Accorsi
Dal punto di vista recitativo, a sorreggere le sorti del lungometraggio contribuisce una prova attoriale molto intensa da parte di Stefano Accorsi, che probabilmente risulterà gradita anche ai suoi detrattori più accaniti.
La scelta non è casuale: anziché affidarsi a una star straniera o a una promessa emergente, il regista sceglie un volto-simbolo del cinema italiano più tradizionale proprio per sfatare i luoghi comuni sulle produzioni nostrane, e tracciare un ponte tra passato e futuro.
Per la verità – come di consueto – la performance di Accorsi non è certo esente da sbavature, anche vistose, ma nel complesso riesce comunque a delineare un protagonista carismatico con cui lo spettatore è immediatamente portato ad immedesimarsi.
Molto buono anche il ruolo dei comprimari, che risultano sufficientemente ambigui da contribuire ad alimentare il senso di mistero e di paranoia che circonda la pellicola. Chi di loro sta mentendo? Chi dice la verità fino in fondo? La domanda ci terrà in sospeso fino alla fine…
La recensione in breve
Ipersonnia porta il cinema italiano a muovere i suoi primi passi nel filone della fantascienza distopica, e lo fa con un conspiracy thriller molto ambizioso e ben congegnato, profondamente radicato nelle mille paure e nell’attualità politica del mondo contemporaneo.
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