Il film: Jeanne Du Barry: La favorita del re (Jeanne du Barry), 2023. Regia: Maïwenn. Cast: Maïwenn, Johnny Depp, Benjamin Lavernhe, Pierre Richard, Melvil Poupaud, Pascal Greggory, India Hair, Noémie Lvovsky.
Genere: drammatico, biografico. Durata: 116 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Festival di Cannes, in lingua originale.
Trama: La vita della francese Jeanne du Barry, amante di Luigi XV ed elemento scandaloso alla corte di Versailles.
Dal 2011, quando ha partecipato in concorso con Polisse (che si è portato a casa il Premio della Giuria), l’attrice divenuta regista Maïwenn fa parte dei cosiddetti “abbonati” del Festival di Cannes, essendo tornata nel 2015 con Mon Roi e avendo ricevuto nel 2020, anno dell’edizione annullata causa pandemia, il marchio della kermesse francese per DNA – Le radici dell’amore. A tre anni da quel mancato passaggio sulla Croisette c’è stata la quarta visita, questa volta fuori gara ma con il prestigioso slot d’apertura, che per certi versi ha anche segnato il ritorno a Cannes di Netflix (che ha partecipato alla produzione ma con un ruolo minoritario, tant’è che il lungometraggio uscirà prima in sala quasi ovunque, a cominciare dalla Francia dove, come da consuetudine dal 2010, è arrivato al cinema in contemporanea con la presentazione cannense). Di questo sesto lungometraggio della cineasta, avvolto in una coperta di scandali prima ancora di uscire, andiamo a parlare nella nostra recensione di Jeanne Du Barry: La favorita del re.
La trama: sono una donna, non sono una santa
Figlia illegittima di un monaco e di una cuoca, Jeanne si fa notare sin dall’infanzia, quando viene cacciata da un convento, per il suo interesse nei confronti di temi libertini. Divenuta una prostituta, fa la conoscenza del conte Jean Du Barry, di cui diventa la compagna. Tramite lui entra in contatto con vari uomini altolocati, e un giorno le arriva la proposta più allettante di tutte: incontrare il re di Francia, Luigi XV.
Lei fa immediatamente colpo sul sovrano, anche per il suo scarso entusiasmo per quanto riguarda il decoro a corte, e presto diventa la sua amante preferita. Una situazione che fa scontenti molto membri della famiglia reale, il cui astio continuerà ad accompagnare Jeanne per l’intera durata della sua permanenza a Versailles, un soggiorno tutt’altro che breve nonostante i migliori tentativi di gran parte della nobiltà che frequenta regolarmente i corridoi del palazzo.
Il cast: da Hollywood a Versailles
La stessa Maïwenn interpreta Jeanne Du Barry, un ruolo talmente impegnativo che, dopo aver completato le riprese, la cineasta ha affermato che sarà l’ultima volta che recita in un film di cui firma anche la regia. Suo compagno di scena, e oggetto di quasi tutto il chiacchiericcio prima dell’uscita, è Johnny Depp nei panni di Luigi XV, con una performance insolitamente (per lui) misurata, forse anche per la sua scarsa dimestichezza con la lingua francese (le sue battute, quando non monosillabiche, sono limitate a frasi piuttosto brevi).
Benjamin Lavernhe è il terzo interprete principale, o primo tra i non protagonisti, nei panni di La Borde, colui che è incaricato di istruire Jeanne sui comportamenti a corte (e uno dei suoi pochi amici in quel contesto), mentre Pierre Richard e Pascal Greggory fanno parte della vecchia guardia che non vede di buon occhio la nuova arrivata. Melvil Poupaud sfrutta abilmente il proprio charme per il ruolo del conte Du Barry, e India Hair, giovane attrice in ascesa in Francia, è l’antagonista principale nei panni di Adelaide, una delle figlie del sovrano. Nei panni del Delfino, futuro Luigi XVI, c’è invece Diego Le Fur, il secondogenito della regista.
Il re è nudo! Ops, come non detto
Maïwenn dice di aver avuto la prima ispirazione per il progetto dopo aver visto Maria Antonietta di Sofia Coppola (un film che, ironia della sorte, è abbastanza inviso al di lei ex-marito Luc Besson), dove Jeanne Du Barry – interpretata da Asia Argento – era una presenza minore. E si percepisce quella volontà di apportare qualcosa di più moderno al classico film in costume, costruendo un racconto di female empowerment a partire dai pregiudizi dell’epoca sui comportamenti femminili (“Sarai sempre una puttana ignorante”, dicono alla protagonista che in realtà è un’incallita lettrice).
Ma quella ricerca di libertà e anarchia, supportata dalla performance della stessa cineasta, si scontra in più punti con una confezione fin troppo elegante, che edulcora la carica sovversiva e smorza la passione che dovrebbe essere il motore dell’intera vicenda (Depp, forse anche per il fattore linguistico, è abbastanza svogliato e sembra uscito da tutt’altro film, lasciando che il vero affiatamento sia quello tra Jeanne e La Borde). Un approccio eccessivamente nobile che non rende giustizia al tocco teoricamente irriverente associato al progetto.
La recensione in breve
Maïwenn punta all'irriverenza, ma il suo approccio si scontra con un'estetica fin troppo nobile e classica, che soffoca la passione che dovrebbe essere al centro del racconto.
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