Il film: Joe Bell, 2020. Regia: Reinaldo Marcus Green. Cast: Mark Wahlberg, Reid Miller, Connie Britton, Gary Sinise
Genere: drammatico, biografico. Durata: 94 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Toronto International Film Festival (online), in lingua originale.
Trama: Un uomo cammina in giro per gli Stati Uniti per educare la gente sul bullismo nei confronti degli omosessuali, in memoria del figlio gay morto suicida.
C’è un universo parallelo in cui I segreti di Brokeback Mountain aveva come protagonisti Mark Wahlberg e Joaquin Phoenix (il primo finì per rifiutare perché trovava il copione troppo sessualmente esplicito). Quasi vent’anni dopo, Wahlberg ha concretizzato in parte la cosa recitando in un altro film a tema gay scritto da Larry McMurtry e Diana Ossana, il duo premiato con l’Oscar per il toccante lungometraggio di Ang Lee nel 2006. Un film, questo nuovo, basato su eventi reali e presentato al Toronto International Film Festival nell’autunno del 2020 per poi finire più o meno nel dimenticatoio per qualche anno. Se ora stiamo scrivendo questa recensione di Joe Bell è perché la pellicola di Reinaldo Marcus Green (l’uomo che ha portato finalmente all’Oscar Will Smith con King Richard) sta riemergendo con la diffusione europea su Netflix.
La trama: in nome del figlio
Il film si basa sulla vera vicenda di Joe Bell e del figlio adolescente Jadin, che nel 2013 si suicidò perché tormentato dai bulli a scuola per il suo orientamento sessuale. Il padre decise quindi di percorrere a piedi tutti gli Stati Uniti per educare la gente sulla discriminazione e sul bullismo omofobo, ed è qui che lo ritroviamo nel lungometraggio, accompagnato dal ricordo del figlio mentre dall’Oregon arriva in Idaho e telefona regolarmente a casa per informare la moglie Lola sull’evoluzione del suo viaggio. Vari flashback ricostruiscono l’antefatto, con le prime reazioni dei genitori alla situazione di Jadin e la progressiva evoluzione del suo stato d’animo fino al giorno fatidico.
Il cast: la marcia di Mark
Joe è Mark Wahlberg, il cui passato turbolento – è stato arrestato da giovane per crimini d’odio nei confronti delle minoranze a Boston – conferisce qualcosa di più alla sincerità di una performance che punta sull’umanità di un padre che cerca di imparare e di rendere il mondo migliore per le generazioni future, ed è interessante l’interazione con il giovane Reid Miller che presta il volto a Jadin. Lola è Connie Britton, solida come sempre, e a completare il cast principale ci pensa Gary Sinise nel ruolo di Gary Westin, uno sceriffo in cui Joe si imbatte lungo la strada e con cui discute sulla questione del rapporto genitoriale con i figli gay.
Il messaggio in cammino
Al netto della nobiltà d’intento e delle interpretazioni di spessore non indifferente, non sorprende che, dopo la prima festivaliera, il film sia un po’ sparito dalla circolazione e poi riemerso in streaming, nell’anonimato di un sistema algoritmico che lo rigurgita con gli ingredienti giusti – Wahlberg e il tema – per spuntare fuori tra le visioni consigliate per gli abbonati non particolarmente esigenti. Quelli che si accontentano di 94 minuti di messaggio sincero e al contempo un po’ troppo buonista, di manipolazione commerciale di una storia vera che è affascinante per come cerca di rendere ancora più melodrammatica una vicenda che già di suo non aveva bisogno di particolari licenze poetiche (il film tratta il suicidio – un dato di fatto che è alla base dell’intera operazione – come se fosse quasi un colpo di scena). Un’impostazione spudorata e a tratti allucinante, un po’ ipnotica nel suo essere spiritualmente errabonda, proprio come il suo protagonista.
La recensione in breve
La volontà sincera di affrontare un tema importante come il bullismo e l'omofobia è parzialmente annacquata da scelte drammaturgiche che sminuiscono l'impatto della storia vera che ha ispirato il film.
-
Voto CinemaSerieTV