Il film: John Wick 4, 2023. Regia: Chad Stahelski. Cast: John Wick, Ian McShane, Donnie Yen, Bill Skarsgård. Genere: Azione. Durata: 169 minuti. Dove l’abbiamo visto: In anteprima stampa, al cinema.
Trama: John Wick trova una via per sconfiggere la Gran Tavola. Ma prima di guadagnare la libertà, Wick deve affrontare un nuovo nemico che ha potenti alleanze in tutto il mondo e ha mezzi tali da tramutare vecchi amici in nuovi nemici.
Ancora meno trama, ancora più minutaggio, ancora più botte. John Wick è tornato e si radicalizza: l’ordine del gioco prende dalle fondamenta del passato, ma diventa un’altra cosa rispetto a quella a cui eravamo abituati. In regia resta Chad Stahelski, invece in sceneggiatura è la prima volta che non c’è il creatore del franchise Derek Kolstad – al suo posto Shay Hatten e Michael Finch. Lo vedremo in questa recensione di John Wick 4, il nuovo capitolo dedicato al Baba Yaga si gonfia eppure si riduce all’osso. Tutto cambia per cambiare ancora meno.
La trama di John Wick 4
Quando l’avevamo lasciato alla fine del terzo film, John Wick (l’irrinunciabile Keanu Reeves) era appena atterrato dopo un lungo volo dalla cima dell’Hotel Continental. Lì si era beccato alcune pallottole in petto. A sparargli, ma per salvarlo dalle grinfie della Gran Tavola, era stato Winston (Ian McShane). Adesso John ha però trovato un modo per vendicarsi dell’ordine e svincolarsi in maniera definitiva dalla morsa che lo opprime.
Le cose, ovviamente, non stanno proprio come spera lui. Entra in gioco l’ennesimo oscuro figuro, il Marchese Vincent de Gramont (Bill Skarsgård), da poco eletto membro della Gran Tavola perché incaricatosi di dare la caccia ed eliminare una volta per tutte l’assassino ricercato. Inizia una caccia all’uomo per tutto il globo – Osaka, Berlino, Parigi, con una New York messa all’angolo – dove ogni cosa cala ancora più nella penombra, dove ogni svolta presenta un ostacolo che John deve travolgere per stringere in mano il destino che sta tanto agognando.
Il palcoscenico del mondo
Grande punto di forza della saga di John Wick è da sempre la capacità di tessere carisma attraverso l’esposizione del contesto. Certo, gli scontri ad arma bianca e a fuoco incollano davanti lo schermo, ma è nella cura della costruzione di tutto ciò da cui scaturiscono e in ciò in cui ricadono che c’è il valore di questo franchise. John Wick è il vettore che guida in universo codificato, rigoroso, puntuale nell’andare ad elaborarsi tramite regole da rispettare e rituali da compiere.
John Wick 4 spreme al massimo questa consapevolezza di worldbuilding. È un film esagerato, di quasi tre ore. Molto del minutaggio lo spende nel lavorare sulla messa in scena di un mondo che ancora meno rispetto al passato pare aderire a quello che conosciamo noi. Il mondo di John Wick, quello di società occulte e ordini di assassini, è un mondo che si sostanzia nel suo stesso esistere, nel suo porsi.
Per questa ragione gli spazi di un nuovo capitolo che si riduce all’osso paiono essere dei veri e propri ambienti museali. Le collezioni in teca dell’Hotel Continental di Osaka, l’architettura da live performance del club a Berlino, il Louvre vuoto, a uso e consumo di queste anime della notte. Il mondo di John Wick non è più, come veniva camuffato in precedenza, un luogo da percorrere. Piuttosto è una geometria sulla quale è allestita l’opera d’arte, la videoarte dello scontro, della cinetica marziale coreografata a ritmo di una musica elettronica che sottolinea ogni colpo e sparo.
C’è solo il Baba Yaga
In seno a questa filosofia del mondo come sostanza stessa dell’universo John Wick, è proprio John Wick a ridursi, a scarnificare ancora di più il suo ruolo, il suo pensiero, persino il suo minutaggio. Non che il personaggio di Keanu Reeves abbia mai brillato per tridimensionalità (dopotutto non era quello a ciò a cui era chiamato), ma ora si comprime in un punto nero minimo. Gli succhiano spazio nuovi affascinanti personaggi, come il già citato Marchese, oppure il direttore Shimazu Koji (Hiroyuki Sanada) e soprattutto Caine, un Donnie Yen nei panni di un assassino della Gran Tavola che curiosamente riprende un ruolo da combattente cieco dopo Rogue One: A Star Wars Story.
Di John Wick resta poco. Qualcuno dirà: “Non c’è nessun John Wick là fuori. C’è solo l’assassino“. Arrivati qui, c’è solo il Baba Yaga, teorizzazione dell’assunto della vendetta, di uno spettro consumato dalla sua missione che al film è utile per discutere la radicalizzazione di questo capitolo. Ad infestare questo museo rimangono solamente le scenografie, i caratteri e coreografie sempre più spinte allo stremo, sempre più prolisse, sempre più esasperate.
L’apice radicale di una saga
John Wick 4 cambia tutto per restare lo stesso di prima. Anzi, per farsi ancora più aderente a quello che è sin da principio stato il suo assunto. Conciliare la sostanza (gli scontri incessanti, ripetuti, ricollocati) con la forma (i riti, gli spazi, i comandamenti) per scolpire la mitologia, incidere nella pietra un immaginario dove i perché e i per come sono tutt’al più interpunzione, non proposizioni.
Un film che per questa ragione è fatto anche di grandangoli pronti ad accogliere all’interno dell’inquadratura più “mondo” possibile, a far entrare i suoi personaggi dai lati e a farli incontrare al centro. John Wick 4 è apice di una maniera di intendere una saga lavorando con coraggio solo sulle sue colonne portanti, sfoltendo tutto il resto e paradossalmente allargarsi, anche a costo di essere troppo, di sfiancare e schiantarsi. Però, in coda di una saga così di successo, che ambizione.
La recensione in breve
John Wick 4 è l'apice radicale di una saga di successo. Sfoltisce tutto per farsi ancora più grosso nell'ambizione e gonfio nel minutaggio, reggendosi sulle colonne portanti di un franchise che qui trova tanti spettri aggirarsi nelle sale di un museo messo a soqquadro.
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Voto CinemaSerieTV