Il film: Kung Fu Panda 4, 2024. Regia: Mike Mitchell. Genere: Animazione. Cast: Jack Black, Dustin Hoffman, Awkwafina, Viola Davis, James Hong, Bryan Cranston. Durata: 94 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima stama ed in versione doppiata.
Trama: Po è ormai destinato a diventare il nuovo leader spirituale della Valle della Pace; ma prima di poter essere ufficialmente investito del ruolo, deve trovare un degno successore al titolo di Guerriero dragone. Sembra trovarlo in Zhen, volpe dotata di molte abilità promettenti ma a cui non piace l’idea di essere addestrata da un panda.
Sono passati sette anni da quella che sembrava all’apparenza la chiusura di una trilogia d’animazione divertente e di gran successo. Con Kung Fu Panda 3 (2016), il pubblico di grandi e piccini era pronto a salutare una volta per tutte le avventure del paffuto panda Po e dei suoi amici guerrieri della Valle della Pace. Il percorso da maldestro ed irresistibile apprendista kung fu al raggiungimento dell’ambito titolo di Guerriero Dragone era il viaggio narrativo perfetto per il celebre personaggio animato di casa DreamWorks; ed invece, complice una fase produttiva ed artistica di gran rispolvero all’interno della major hollywoodiana che negli ultimi anni non se la stava passano esattamente bene, ha acceso il semaforo verde al cantiere di Kung Fu Panda 4, in arrivo nelle sale italiane da giovedì 21 marzo con Universal Pictures.
Nella nostra recensione di Kung Fu Panda 4 vi racconteremo la nuova missione e le nuove insidie che dovrà affrontare l’irresistibile Po (ancora una volta doppiato in lingua italiana da Fabio Volo), che da Guerriero Dragone consumato dovrà invertire il suo ruolo narratologico per la prima volta in assoluto nella popolare serie: da eterno apprendista a maestro, in un racconto dal sapore circolare che si spera possa però chiudere una volta per tutte le avventure sul grande schermo di un universo cinematografico che, a sette anni di distanza dal penultimo capitolo, sa purtroppo di vecchio.
Alla ricerca del nuovo Guerriero Dragone
Po (Jack Black), ora Guerriero Dragone, aiuta il padre adottivo, il signor Ping (James Hong), e il padre biologico Li Shan (Bryan Cranston) ad aprire il loro nuovo ristorante, anche se nel frattempo il Maestro Shifu (Dustin Hoffman) gli dice che è ora di diventare il leader spirituale della Valle della Pace. Ciò significa che Po non può più essere il Guerriero Dragone e deve trovare un candidato adatto per prendere il suo posto. Il panda fatica a scegliere il candidato giusto, ma poi cattura una volpe ladra di nome Zhen (Awkwafina) che cerca di rubare armi antiche all’interno del Tempio. La manda in prigione, ma scopre presto che un suo vecchio nemico, Tai Lung (Ian McShane), è tornato dal regno dell’aldilà ed ha distrutto un intero villaggio. Zhen gli rivela però che il ritorno di Tai Lung è in realtà un camuffamento della spietata Camaleonte (Viola Davis), una potente maga che può trasformarsi in qualsiasi animale desideri.
Così ha inizio Kung Fu Panda 4, nuovo tassello cinematografico della serie animata fiore nell’occhiello della produzione storica di DreamWorks Pictures. Era dal 2016, con il terzo capitolo diretto da Jennifer Yuh ed Alessandro Carloni, che il paffuto panda divenuto ormai celebrità non tornava sul grande schermo ad allietare grandi e piccini. Dietro la macchina da presa c’è stavolta Mike Mitchell, alle prese con una sceneggiatura originale curata da Jonathan Aibel e Glenn Berger che però non riesce a rendere giustizia alla freschezza e alla scanzonata funzionalità dei tre capitoli precedendi di Kung Fu Panda.
Ritorno al passato?
Mettiamo subito in chiaro una cosa: Kung Fu Panda 4 non è affatto un pessimo lungometraggio d’animazione. L’allegrezza natuarale del suo protagonista e dei pittoreschi personaggi di contorno rimangono asset fondamentali e praticamente intatti all’interno della struttura narrativa anche di questo quarto capitolo. Quello che invece cambia, e ci ha destato maggiore curiosità ed attenzione, è il percorso di crescita personale che i due sceneggiatori Aibel e Berger riservano al protagonista Po. Stavolta, è lui che dovrà compiere l’ardua scelta del passaggio di testimone, proprio lui che negli appuntamenti cinematografici precedenti aveva fatto della sua possanza e caratteristica fisica la sua carta vincente, travalicando ogni pregiudizio insito nei rigidi dettami del Maestro Shifu e nei Guerrieri Dragone che lo avevano preceduto.
Ora, il viaggio dell’eroe Po sta finalmente per compiersi nel momento in cui è costretto a cedere lo scettro di guerriero più amato e riverito dell’asiatica Valle della Pace, una scelta che sarà ancor più difficile da prendere quando una scaltrissima volpe di nome Zhen incrocerà la strada di Po e gli cambierà le prospettive di vita per sempre; nel bene o nel male. Per tali motivi narrativi Kung Fu Panda 4, che pure ha l’ardire di uscire nelle sale cinematografiche di tutto il mondo ben sette anni dopo la conclusione dell’ex-trilogia, ha tutto il sapore di un pit stop obbligato per l’evoluzione del nostro protagonista panda, tra rimandi chiarissimi al passato della saga cinematografica (il nuovo villain femminile è capace non solo di prendere le sembianze di chiunque, ma ha addirittura il potere di richiamare dal mondo dell’aldilà alcuni vecchi antagonisti di Po), e ad un futuro ricco di novità e sorprese che potrebbe idealmente chiudere un cerchio.
Una saga che sa di muffa
Peccato però che le nobili intenzioni di ravvivare una serie animata che aveva fatto il suo naturale corso vitale sette anni fa non si sposino con le pur legittime necessità di casa DreamWorks di reinventarsi e porre l’accento su una seconda vitalità artistica e produttiva, dopo anni di lungometraggi e oggetti multimediali di basso riscontro. Ne è stato fulgido (ed inaspettato) esempio Il gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio, che aveva saputo donare nuova linfa ad una saga spin-off iniziata nel lontano 2011 e che con mix vincente di animazione ibrida e divertita ed un copione semplice eppure particolarmente appassionante aveva soddisfatto anche i più agnostici. Con Kung Fu Panda 4, purtroppo, questa cosa non accade.
E di certo non è colpa né del duo in sceneggiatura e né del cambio in cabina di regia da Yuh e Carloni a Mike Mitchell. Molto più semplicemente, il quarto appuntamento nelle sale cinematografiche di Po e dei suoi amici (e nemici) guerrieri sembra non volersi affrancare da spunti narrativi, struttura e tecnica stessa dell’animazione che avevano sì reso quantomeno cult il primo capitolo del 2008, con un risultato finale di abbacinante vuotezza e preoccupante mancanza di freschezza. Perché a sette anni di distanza dalla conlusione di quella che doveva essere una trilogia, era lecito attendersi un quarto appuntamento che ne giustificasse messa in cantiere, produzione ed attesa, tutto sommato.
Il divertimento è assicurato per tutti
Certo, il divertimento per gli spettatori di tutte le età, specialmente i più piccini, è assicurato, anche se a conti fatti c’è da chiedersi nel 2024 a quale target di frequentatori delle sale si rivolga Kung Fu Panda 4: agli adolescenti di oggi? A quella generazione di bambini che nel 2008 stava entrando nella fase dello sviluppo? O ai genitori ora non più giovanissimi, che sedici anni fa portavano i propri pargoli al cinema alla scoperta delle primissime avventure del panda Po? Stando ai numerosi riferimenti ai primi capitoli presenti nel film di Mike Mitchell, diremmo a coloro che negli anni sono cresciuti di pari passo con il progredire dei sequel prodotti da DreamWorks Pictures.
Che adesso però, difficile proveranno affetto ed attrazione verso un quarto capitolo non richiesto, che alla fine della fiera si attesta come uno dei più mogi ed appannati della serie. Il divertimento e la scanzonatezza sono ancora intatte, tuttavia a mancare nel film in uscita nelle nostre sale da giovedì 21 marzo è il rinnovamento contenutistico ed artistico. Il risultato finale è sì gradevole, ma puzza di muffa stantia.
La recensione in breve
Il quarto capitolo di una delle più floride saghe animate firmate DreamWorks si attesta come uno dei più mogi ed appannati della serie. Il divertimento e la scanzonatezza sono ancora intatte, a mancare nel film di Mike Mitchell è il rinnovamento contenutistico ed artistico. Il risultato finale è gradevole, ma puzza di muffa.
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