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Home » Film » Recensioni film » La primavera della mia vita, la recensione del film con Colapesce e Dimartino

La primavera della mia vita, la recensione del film con Colapesce e Dimartino

La recensione de La primavera della mia vita, il debutto cinematografico del lanciatissimo duo musicale composto da Colapesce e Dimartino.
Alessio ZuccariDi Alessio Zuccari20 Febbraio 20234 min lettura
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la primavera della mia vita cover
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Il film: La primavera della mia vita, 2023. Regia: Zavvo Nicolosi. Cast: Colapesce, Dimartino, Stefania Rocca. Genere: Commedia, musicale. Durata: 95 minuti. Dove l’abbiamo visto: in anteprima stampa, al cinema.

Trama: Lorenzo e Antonio, un tempo grandi amici e all’apice del successo con il loro due musicale, negli anni si sono allontanati. Ora Antonio è tornato a farsi vivo e coinvolge Lorenzo in un allucinato viaggio lungo le coste della Sicilia.


Reduci dall’ennesimo grande successo sul palco dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, dove si sono aggiudicati premio della critica e premio della sala stampa, per Colapesce e Dimartino è arrivato il momento di tuffarsi (splash!) anche all’interno dello schermo cinematografico. Come vedremo nella nostra recensione de La primavera della mia vita, in uscita evento al cinema per tre giorni, quello del lanciatissimo duo di cantautori siciliani è quasi un esorcismo che risale la corrente del grande consenso che li ha travolti nell’ultimo paio d’anni.

La trama: c’era una volta un duo musicale…

la primavera della mia vita una scena

Lorenzo (Colapesce) e Antonio (Dimartino) erano grandi amici. Il loro duo musicale che prendeva il nome de I Metafisici era all’apice del successo quando Antonio, stufo di cavalcare l’onda del compiacimento di canzonette senza arte né parte e in un volo pindarico che pare guardare non con poca ironia a chi sono ora Colapesce e Dimartino, decide di andarsene. E andarsene chissà dove, in preda a chissà quali turbamenti e chissà con chi, mentre Lorenzo rimane a ingrigirsi nella città più smart d’Italia, Milano.

Ma dopo tre anni Antonio risbuca fuori. Contatta Lorenzo e lo convince a volare giù in Sicilia, la loro terra d’origine, per intraprendere un viaggio on the road alla riscoperta delle leggende e dei miti locali con lo scopo di scriverci un libro finanziato dall’ordine, che sembra una setta, a cui Antonio ha scelto di unirsi, i Semeniti. Si imbattono nelle situazioni e nei personaggi (tra cui alcuni camei) più disparati: complottisti dei giganti, pronipoti siculi di William Shakespeare, pane psicotropo, un servizio di messinscena dell’esperienza mafiosa (SpeedyPizzo). Forse, alla fine del percorso, le cose saranno però diverse da come appaiono.

Una sconsolata resa?

la primavera della mia vita una scena

“La vita è un paradiso di bugie” dicono ad Antonio in una delle prime battute del film. E su questo assunto iniziale La primavera della mia vita articola l’ironica malinconia di questi due alter ego che veleggiano da una situazione assurda all’altra, sfiorando il nonsense e corteggiando l’alienante. Nel mezzo pare quasi stagliarsi l’accennata, ma acuta, critica all’immobilismo italico (qui nella declinazione locale siciliana, ma che funziona un po’ da universale), con le sue ipocrisie, le sue ottusità, il suo urticante attaccamento alla tradizione.

Quasi che in queste vignette che racchiudono una leggenda dopo l’altra I Metafisici che furono siano messi di fronte all’effettivo atto di fede a cui chiama la metafisica: se questa cosa è qui, ora, in questa maniera, dev’esserci una ragione dietro che non comprendo ma che mi tocca accettare. Quella dei due assume però quasi la forma di una sconsolata resa a quello che è e a quello che sono stati. Lorenzo, lo scettico, si barcamena in questo teatrino dell’assurdo e lo spolpa quando può; Antonio, l’asceta, punta alla purificazione spirituale per scrollarsi tutto quanto di dosso una volta per tutte.

Oltre il videoclip

la primavera della mia vita una scena

La più grande sfida de La primavera della mia vita sta qui, nel tentativo di superamento della natura da sketch che rappresenta il rischio in cui si può incespicare quando un collaudato format da videoclip trasla da pochi minuti di girato a un’ora e mezza di film con trama orizzontale. In regia torna infatti il fidato Zavvo Nicolosi, già firma dietro tutti i video musicali di Colapesce e Dimartino, con il suo controllo estremo dell’immagine cinematografica, che è composta, cromatica, ossessiva (gran lavoro su location e scenografie).

Il dinamismo lo fa il lavoro sullo stacco di montaggio (Chiara Vullo), sul mastice di una narrazione dove è fondamentale l’apporto di un Michele Astori che prende e prova a riordinare le idee del duo e del regista che partecipano in sceneggiatura. La formula derivata dai video musicali mantiene intatta la sua identità sospesa e insondabile, in alcuni frangenti finendo anche per scivolare un poco proprio in quella trappola ingarbugliata dell’atto comico a tratti impacciato o autoconclusivo.

Sul lungo corso La primavera della mia vita ne esce però bene. Paga la scelta del road movie, di questo humor distaccato, caustico e dalle note quasi sconsolate. Qualche inevitabile sbavatura e calo di ritmo sono compensati poi dalle diverse irruzioni musicali, che si fanno spazio con naturalezza e amabilità tra una tappa e l’altra, che portano in gloria il talento e la riconoscibilità di Colapesce e Dimartino fino a un finale sereno che non è poi così tanto consolatorio.

La recensione in breve

7.0 Metafisico

Buona la prima per Colapesce e Dimartino sul grande schermo. La primavera della mia vita, che scrivono, musicano e interpretano su regia del fidato Zavvo Nicolosi, è un allucinato e ironico viaggio on the road lungo la costa di una Sicilia che cela vizi e virtù di un'Italia statica, assurda e forse un po' stanca.

  • Voto CinemaSerieTV 7.0
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