Il film: La ragazza più fortunata del mondo, 2022. Diretto da: Mike Barker, Cast:, Mila Kunis, Connie Britton, Jennifer Beals, Justine Lupe, Scoot McNairy, Finn Wittrock, Chiara Aurelia. Genere: Drammatico. Durata: 1.55. Dove l’abbiamo visto: anteprima stampa Netflix, in versione originale.
Trama: Ani è una giovane redattrice di successo che sogna di conquistare le pagine del New York Times Magazine. Nel frattempo, però, sta per sposare l’uomo perfetto. Bello, giovane, di successo e membro dell’alta società newyorkese. Tutto sembra scorrere alla perfezione se non fosse per dei ricordi disturbanti che, di tanto in tanto, riaffiorano nella sua mente. Sono immagini di un tempo in cui era un’adolescente di nome Tifany, dalle forme procaci e dall’intelligenza brillante.
La stessa che le vale l’ammissione in una scuola esclusiva nonostante la sua condizione economica non proprio vantaggiosa. Qui crede di aver trovato un luogo speciale dove poter esprimere se stessa e farsi accettare. La realtà sarà ben diversa, visto che ad attenderla c’è solo violenza e solitudine. A causa di un’esperienza profondamente negativa, dunque, Tifany decide di trasformare il suo corpo, renderlo snello, quasi essenziale. Il fisico perfetto per una donna di classe con uno stile elegante ed in grado di governare ogni singolo aspetto della sua esistenza. Ma sarà veramente così? Come reagirà Ani quando il passato tornerà a mostrarsi più vivido che mai?
Quando nelle librerie americane ha fatto il suo ingresso il romanzo scritto da Jessica Knoll, La ragazza più fortunata del mondo, è stato chiaro fin da subito che sarebbe diventato un nuovo caso letterario tutto al femminile. Il libro, infatti, pubblicato nel 2015, non solo ha conquistato immediatamente l’attenzione di molti lettori ma è entrato di diritto anche nella lista dei bestseller del New York Times. Un successo, questo, che segna un esordio importante di un’altra voce femminile legata ad ambientazioni thriller e al racconto di una protagonista tormentata e spesso collocata in ambigue zone d’ombra.
Uno stile, questo, che, in qualche modo, deve molto alla Gone Girl di Gillian Flynn. Riferimenti letterari a parte, comunque, la chiave vincente di questo romanzo è rappresentata da un substrato narrativo importante che, pagina dopo pagina, svela una realtà interiore ed esteriore sempre più sconvolgente e condivisa. Aspetti, questi, che devono anche aver attratto i vertici di Netflix tanto da impegnarsi nella trasposizione cinematografica di questa vicenda che sarà visibile in streaming dal 7 ottobre.
Un progetto che vede alla regia Mike Barker e alla sceneggiatura la stessa Knoll. Mentre a dare un volto più tangibile alla personalità complessa di Ani, la protagonista dai nomi e dalle personalità diverse, è Mila Kunis. A lei è stato affidato il compito non facile d’interpretare non solamente un personaggio centrale ma il fulcro dell’intera vicenda che, partendo da un evento traumatico, va a scandagliare i molti e misteriosi processi che la mente utilizza per superare il dolore e affrontare il ricordo di un’esperienza indelebile.
Uno di questi è la negazione che, attraverso la modificazione esterna del corpo, prova a cancellare ciò che è stato a favore di una nuova versione di se stessi. Ma sarà veramente possibile dimenticare e procedere verso una strada priva di ricordi o esperienze negative? Proviamo a scoprirlo con la nostra recensione de La ragazza più fortunata del mondo.
La trama: un dramma psicologico per scoprire se stessi
Fin dalle prime immagini è chiaro che il film incentra la sua attenzione esclusivamente sul personaggio di Ani Fanelli. Di fronte a noi si presenta una giovane donna dal fisico minuto, grandi occhi scuri, abiti in stile minimal chic e una personalità spiccata. Tutto fa pensare che si tratti di una delle molte professioniste di successo che popolano gli affollati marciapiedi di New York. Una realtà confermata anche da un prezioso anello di fidanzamento che campeggia sulla sua mano.
Per non parlare del futuro marito di bell’aspetto che appartiene, come se non bastasse, all’alta società della città. Insomma, se qualcuno guardasse dall’esterno Ani penserebbe a una ragazza felice e appagata, impegnata nella sua professione di giornalista e, oltretutto, prossima sposa felice. La realtà, però, è ben diversa. Mentre si aggira con il suo fidanzato tra le porcellane e i bicchieri in mostra da Williams Sonoma per compilare la perfetta lista di nozze, la sua mente riesce solamente visualizzare i flash di un ricordo apparentemente sbiadito dove la violenza, però, sembra aver avuto la meglio.
Il riflesso di un passato lontano in cui Ani veniva chiamata Tifany e il suo aspetto era ben diverso. Lontana anni luce dalla donna raffinata di oggi, durante la sua adolescenza ha dovuto fare i conti con un corpo procace e femminile. Forme che l’hanno sempre identificata con le condizioni economiche precarie in cui viveva rispetto ai suoi compagni di classe. Un corpo che veniva contenuto a fatica nella divisa del facoltoso istituto cui era stata ammessa per meriti e che rimandava un’immagine distorta di lei. Quelli sono stati gli anni peggiori per Tifany che, dopo essere sopravvissuta a un atto omicida di un suo amico, l’hanno portata a voler costruire una nuova versione di sé.
Ed è proprio durante una gita scolastica a New York che scopre cosa vuol dire essere una donna di potere, ben vestita, raffinata e troppo indaffarata per lasciarsi toccare dai drammi e dai dolori. Una consapevolezza che rappresenta la scintilla da cui viene generata Ani, una giovane giornalista ambiziosa caratterizzata da una magrezza artificiale, visto che da sei anni non tocca carboidrati. La sua perfetta facciata, però, è destinata a essere messa in crisi dal passato che ritorna. Lo stesso che ridarà voce alla giovane Tifany. Ma non tutto il male viene per nuocere. Guardarsi indietro o, se vogliamo, dentro di sé, l’aiuterà a trovare finalmente un’immagine vera e definitiva.
Quando il corpo è il tuo nemico
Com’è stato già accennato, questa vicenda ha la struttura di un dramma psicologico con un accenno di thriller che, però, perde presto il suo potenziale visto che la tensione viene diluita piuttosto velocemente. Nonostante questa forte attenzione per l’interiorità del personaggio, dunque, la narrazione concentra gran parte della sua attenzione sugli elementi esterni. In questo modo si costruisce un andamento inverso in cui dal fuori si arriva a determinare e raccontare l’interiorità con i suoi molti tormenti. In questa struttura, dunque, il corpo guadagna un ruolo centrale, visto che definisce il personaggio di Tifany e la sua trasformazione in Ani.
Un cambiamento che non si fonda su motivazioni puramente estetiche ma ricerca una riconoscibilità e una rispettabilità sociale. Da questo punto di vista il film utilizza il rapporto contrastante con l’esteriorità, che coinvolge gran parte del mondo femminile, per definire, un passo alla volta, le linee di un dramma profondamente privato.
Per Ani, infatti, le sue forme del passato hanno rappresentato un ostacolo tra l’effettiva natura e l’ immagine esterna. Come se non bastasse, poi, quella procacità rappresenta il ricordo di una vergogna profonda. Dopo aver subito violenza durante una festa alle superiori, infatti, inizia un graduale ma costante processo di negazione che compie i suoi primi passi proprio dalla trasformazione estetica. Attraverso la riduzione del peso o del seno si vuole raccontare un procedimento di cancellazione del ricordo.
Con un corpo nuovo la giovane Tifany violata risorge dalle proprie ceneri e diventa Ani, forte, vincente e consapevole. La vittima è finalmente padrona del proprio destino mantenendo un controllo assoluto su tutta la sua esistenza. Ma cosa fare se questo implica mettere a tacere la sua voce interiore e trasformarsi in una sorta di bambola a molla, capace solo di soddisfare le aspettative degli altri? A quel punto non rimangono che due alternative: continuare a essere sordi a se stessi oppure accettare il rischio di guardare quanto è stato occultato fino a quel momento.
Armi e violenza sessuale; i lati oscuri della giovane società americana
All’interno di una struttura piuttosto semplice che non lascia certo spazio alla sorpresa o a virtuosismi interpretativi, il film si concede il tempo e lo spazio per toccare degli argomenti particolarmente caldi per la società americana. E non solo. Il grande vantaggio, poi, è che questo avviene senza alcun tipo di atteggiamento didattico o sottotesto morale. Piuttosto tutto è raccontato attraverso una sostanziale “normalità”, utilizzando l’esperienza personale della protagonista per dare un motivo d’essere a tutto questo dolore.
Elemento scatenante di tutta l’involuzione e successiva evoluzione di Ani, dunque, è la violenza del gruppo che, rappresentata anche dalla successiva strage scolastica, racconta una condizione giovanile pericolosamente al limite. Una situazione basata profondamente sulla divisione sociale, grazie alla quale ad alcuni sembra essere tutto permesso. In alcuni casi, però, lo spazio tra vittima e carnefice viene colmato pericolosamente, trasformando la prima in una potenziale arma di detonazione. In altri casi, invece, chi ha subito rivolge l’odio più grande solo ed esclusivamente nei confronti di se stesso.
Ma, per quanto si decida di rimanere in silenzio e ignorare, si arriva a un punto in cui è necessario definirsi vittime per poter finalmente ricominciare a vivere. Tutti elementi, questi, che la sceneggiatura, realizzata dalla stessa Jessica Knoll, riesce a bilanciare senza andare a indugiare sul sensazionalismo visivo ma utilizzando l’escamotage del ricordo per viaggiare tra passato e presente, dolore e negazione, luce e ombra. In tutto questo movimento, poi, Ani, si trova perfettamente nel mezzo nonostante vesta panni diversi e caratteristiche diverse. Viaggiatrice temporale del suo stesso dolore, sembra destinata a non poter mai godere del futuro pienamente. Almeno non fino a quando non ammetterà con se stessa di aver abitato il suo passato.
La recensione in breve
Tratto dal romanzo di Jessica Knoll, il film segue l'andamento del libro senza apportare delle grandi soluzioni registiche. Nonostante questo andamento piuttosto tradizionale della narrazione, però, l'attenzione viene comunque conquistata dal personaggio di Ani che, attraverso le luci e le ombre delle sue due esistenze, costruisce un viaggio emotivo e intenso tra le sofferenze e le insicurezze del mondo femminile.
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