Il film: La stranezza, 2022. Regia: Roberto Andò. Cast: Toni Servillo, Salvatore Ficarra, Valentino PIcone, Renato Carpentieri. Genere: Storico, commedia, drammatico. Durata: 103 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Festa del Cinema di Roma 2022.
Trama: Nel 1920 Luigi Pirandello torna in Sicilia per il funerale di una persona cara mentre è in crisi di ispirazione. La conoscenza di due becchini dediti al teatro amatoriale favorirà la genesi del suo capolavoro Sei personaggi in cerca d’autore.
“Luigi, tu hai fatto esplodere una bomba sotto il più grande edificio che avevamo costruito: la realtà!”. Con queste apocalittiche parole si rivolge Giovanni Verga (Renato Carpentieri in una folgorante partecipazione speciale), alfiere del verismo in letteratura e teatro, ad un imbarazzato Luigi Pirandello (Toni Servillo misurato e perfetto) nel corso di un immaginario, ma cronologicamente verosimile, incontro. È dunque del contrasto tra una concezione delle storie fondata sulla mera rappresentazione della cruda realtà e un’altra in cui la scena diventa invece teatro della mente, nonché messa in scena, sotto forma di metafora, di quella commedia umana che è la vita, che parleremo nella nostra recensione di La stranezza, nuovo film di Roberto Andò, presentato nella sezione Grand Public, alla Festa del Cinema di Roma 2022, da ieri nelle sale.
La trama: Pirandello in cerca d’ispirazione
Nel 1920 Luigi Pirandello giunge nella natia Sicilia, a Grigenti, per assistere alle esequie della sua vecchia balia, ma un disguido sui loculi lo trattiene più del dovuto. Suo malgrado fa la conoscenza di Onofrio Principato (Valentino Picone) e Bastiano Vella (Salvatore Ficarra), due becchini che, per passione, si dedicano al teatro amatoriale, coinvolgendo in prima persona i loro paesani. L’autore di Uno, nessuno e centomila vive una profonda crisi creativa, assillato dalle figure immaginarie di sei personaggi che gli chiedono invano una storia ma, chissà se, nella spontaneità del teatro dilettantesco dei due ‘colleghi’ e nell’imprevedibilità di uno spettacolo in cui realtà e finzione si mescolano, non trovi l’ispirazione per uno dei suoi capolavori.
Otto e mezzo pirandelliano
Fondante ci è sembrata per La stranezza la scena dell’incontro con Verga, di cui abbiamo accennato. Il passaggio da una rappresentazione delle storie che non esuli mai dal reale a una narrazione che invece contempli le figure immaginarie che costellano l’inconscio dell’autore e che metta dunque in scena la sua crisi identitaria, la frammentazione del proprio io, è al centro di questa originale opera di Andò, che non è nuovo a riflessioni meta-narrative, come per esempio nel meno riuscito Una storia senza nome. Qui però il cineasta, coadiuvato dagli sceneggiatori Massimo Gaudioso e Ugo Chiti, trova una felice sintesi tra forma e sostanza, individuando nel meta-teatro pirandelliano una via possibile anche per un cinema che voglia riflettere su quel passaggio fondamentale nella rappresentazione delle storie.
E lo fa imbastendo una sorta di Otto e mezzo pirandelliano, senza spingere sull’acceleratore della vena onirica, bensì mettendo in scena la crisi dello scrittore e filosofo siciliano, contaminandone la storia filmata con gli stilemi di quello che poi sarà il meta-teatro di Sei personaggi in cerca d’autore. Se ricordiamo inoltre che il titolo di lavorazione di Otto e mezzo era La bella confusione e che nel film di Andò, lo stesso Pirandello/Servillo si riferisce alla propria opera in progress come la ‘stranezza’, il paragone può anche reggere. Anzi ci azzardiamo a ipotizzare che se Pirandello non avesse messo in scena per primo i fantasmi del proprio inconscio, forse anche il cinema di Fellini sarebbe stato diverso.
Ficarra e Picone a loro agio
Ma in che modo Andò rispecchia la forma pirandelliana nel suo film? È qui che entrano in scena i due bravissimi guitti siciliani Ficarra e Picone, calati perfettamente in un contesto congeniale per loro, nel quale declinano efficacemente le maschere che sono soliti interpretare, ovvero Ficarra come impertinente e irrequieto, Picone nel ruolo del più compassato dei due, inquadrati però in un gioco meta-narrativo più grande di loro, di cui essi non sono consapevoli. Il duo comico non snatura dunque la propria vena goliardica ma anzi, qui si carica maggiormente di caratteristiche dialettali arcaiche, coerenti alla location siciliana.
Essi saranno protagonisti di alcune sotto-trame, paradossali e sentimentali, che esploderanno proprio durante la rappresentazione dello spettacolo, scritto da Onofrio/Picone, durante il quale la realtà invaderà la finzione. Su tutto incombe l’occhio di Pirandello che osserva e che, evidentemente, trae ispirazione da ciò che vede. Incarnato tra l’altro da un Toni Servillo misuratissimo e controllato, in perfetta antitesi con l’istrionico Eduardo Scarpetta interpretato l’anno scorso in Qui rido io.
Le figure della mente
Fin dall’inizio, durante il viaggio in treno, Pirandello è tormentato da alcune figure, personaggi in cerca d’autore appunto, che chiedono a gran voce una storia. Nel corso della Stranezza essi faranno ancora capolino sullo schermo e, dunque, nella mente dello scrittore premio Nobel, in un’osmosi tra cinema e psiche, perfettamente in linea con le idee della psicanalisi che proprio in quel periodo avevano preso piede e che Pirandello aveva in un certo modo introiettato. In particolare pensiamo a Carl Gustav Jung, propugnatore della cosiddetta immaginazione attiva, processo tramite il quale si instaura un dialogo con le figure, veri e propri personaggi, scaturite spontaneamente dal proprio inconscio, per raggiungere una maggiore consapevolezza. E pensiamo anche a Fernando Pessoa, il poeta portoghese che sulla frammentazione dell’io e sul dialogo con le varie parti di sé (gli eteronimi) costruì il proprio edificio letterario.
Il film di Andò riesce dunque a dialogare felicemente con questi temi, utilizzando tra l’altro una fotografia (di Maurizio Calvesi) dai toni volutamente scuri e ombrosi, coerenti alla storia, ritrovandosi felicemente al centro di questi fiumi carsici sotterranei, letterario-teatrali-psicanalitici che diedero forma all’inconscio collettivo di quell’epoca così contraddittoria ma anche così fervida. E Ficarra e Picone? Forse ancora vagano in cerca di un autore che li rimetta in scena.
La recensione in breve
La stranezza mette in scena la crisi d’ispirazione e d’identità di Luigi Pirandello, incarnato da un perfetto Toni Servillo, immaginando con originalità la genesi del capolavoro Sei personaggi in cerca d’autore, in una felice sintesi tra cinema e pensiero pirandelliano. Ficarra e Picone sono calati in un contesto a loro congeniale dove possono esprimere la loro verve comica senza snaturarsi, all’interno di un quadro meta-narrativo interessante e suggestivo.
- Voto CinemaSerieTV