Il film: L’esorcista del Papa, 2023. Regia: Julius Avery. Cast: Russel Crowe, Franco Nero. Genere: Drammatico, horror. Durata: 103 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema in anteprima stampa.
Trama: Padre Gabriele Amorth, il capo esorcista nominato direttamente dal Papa, si ritrova a fronteggiare una minaccia demoniaca senza precedenti e le ombre del suo passato.
Il tenore un po’ caricaturale e divertito de L’esorcista del Papa lo si può intuire sin dai primi momenti del film. Una Vespa bianca si fa largo tra le tenebre della campagna di Tropea; sopra c’è Russell Crowe, che in questa occasione veste gli abiti molto romanzati di padre Gabriele Amorth, per anni chiacchieratissimo esorcista del Vaticano. Lo attendono in una casetta attorno alla quale sono raccolti contadini con coppola, fucile in spalla e tanto di maiale al guinzaglio. Dentro c’è l’indemoniato, mentre sulla tavola in bella mostra pagnotta, pomodori e formaggio. È già quella Italia immaginata a grana grossa, evocata da una Hollywood che ci mette uno dei suoi volti riconoscibili e che da lì a poco mescolerà tutto in seno a un intrattenimento molto splatter e molto poco teologico. Vediamo come nella nostra recensione de L’esorcista del Papa.
La trama de L’esorcista del Papa
Siamo nel 1987. Padre Gabriele Amorth (Russell Crowe) è una delle figure scomode di una Chiesa che sta tentando di rinnovarsi per rimanere al passo con i tempi. Anche all’interno delle mura di Città del Vaticano c’è chi crede che il diavolo sia più un concetto astratto che una reale manifestazione. Non la pensano affatto così Amorth e il suo capo diretto, il Papa (Franco Nero), l’unico di cui il capo esorcista può davvero fidarsi e sul quale fare affidamento.
Certo, l’atteggiamento da rockstar scapestrata non aiuta Amorth: beve whiskey dalla fiaschetta sul “luogo di lavoro”, scorrazza in giro a bordo della sua Vespa scherzando con chi gli capita a tiro e di certo non le manda a dire quando è messo all’angolo. Influisce anche il fatto che la maggior parte dei casi in cui è richiesto il suo intervento siano in realtà episodi di psicosi o di instabilità mentale, cosa che fa dubitare un consiglio di cardinali sull’effettivo bisogno del suo ruolo. Un giorno, però, un antico male pare essersi risvegliato nel ventre di un’abbazia della Spagna. Quando padre Amorth è inviato lì per investigare, si trova di fronte a qualcosa di terribilmente pericoloso.
Il massimo con poco
L’esorcista del Papa va preso esattamente per quello che sembra. Non c’è mai, nemmeno per un istante, un reale tentativo di riflessione attorno al valore degli scritti di padre Amorth (Un esorcista racconta e Nuovi racconti di un esorcista) attorno ai quali Michael Petroni ed Evan Spiliotopoulos traggono l’adattamento del film. In fin dei conti, questi sono più che altro un pretesto per sfruttare una “proprietà intellettuale” come quella offerta dal nome del celebre esorcista deceduto nel 2016 e rinfrancare una florida tradizione di cinema horror.
C’è da aspettarsi, insomma, un’opera che predilige il tratto spesso proprio più di uno sbrigativo thriller investigativo a tinte orrorifiche che di un horror vero e proprio (siamo più dalle parti di Supernatural, per capirci), a cui il film non vuole apportare nulla di nuovo, su cui non ha desiderio ad esporsi con argomentazioni inedite o prendere svolte brusche. L’esorcista del Papa è un film di puro intrattenimento, che punta a ottenere il massimo con il minimo carico d’impegno. In quest’ottica rientra quindi anche la scelta di mettere in regia Julius Avery, onesto mestierante del sovrannaturale che negli ultimi anni si è ritagliato uno spazietto nel panorama di questo tipo di opere senza troppe aspettative con lavori come Overlord nel 2018 e il travagliato Samaritan nel 2022.
Un instant scult?
I muscoli de L’esorcista del Papa stanno quindi tutti nel sottile confine che separa il film da tonfo nell’acqua a instant scult. Stanno nell’interpretazione di un Crowe divertito a vestire la tonaca monacale di questo detective del sovrannaturale dall’atteggiamento cocky e irriverente, così fuori dalle righe da rendere chiaro come stia principalmente qua l’all in del film. Stanno poi anche nella progressiva calata nello splatter più becero e, per forza di cose, citazionista, da L’esorcista a Carrie – Lo sguardo di Satana.
Anche perché tutto attorno non è che ci sia poi così tanto. Gli altri pochi interpreti che partecipano alla calata negli inferi sono meramente funzionali (nonché falcidiati dal doppiaggio), dalla tormentata spalla che è padre Esquibel (Daniel Zovatto), passando per madre (Alex Essoe), figlia punk (Lauren Marsden) e figlio posseduto (Peter DeSouza-Feighoney). Anzi, ci si mette pure un montaggio (Matt Evans) sconclusionato dall’inizio alla fine, che sbaglia tutto lo sbagliabile e crea confusione in acque in cui, per sua fortuna, si nuota proprio perché sono una montagna russa sgangherata.
Qualsiasi altro verso per il quale si vuole prendere un film così apertamente grossolano porta infatti a un totale fiasco. L’esorcista del Papa vive e si nutre dei suoi massimi sistemi, dei suoi caratteri marcati e del suo spirito di fare pochissime cose e farle esagerate. Accettato questo fatto, magari con cui accontentarsi e spassarsela ce n’è anche.
La recensione in breve
L'esorcista del Papa non ha nessuna pretesa di serietà. Sa di essere un film che esiste in virtù del suo essere sopra le righe e addosso a questa consapevolezza adegua ogni suo carattere, con al centro come mattatore il padre Amorth di un divertito Russell Crowe.
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