Il film: Lift, 2023. Regia: F. Gary Gray. Genere: Azione. Cast: Kevin Hart, Vincent D’Onofrio, Gugu Mbatha-Raw, Ursula Corberò, Sam Worthington. Durata: 106 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in anteprima stampa.
Trama: Una banda internazionale di rapinatori viene reclutata per prevenire un attacco terroristico. Per riuscirci, dovrà mettere a segno il colpo su un aereo in volo.
Maledetta sia Netflix. La popolarissima piattaforma di streaming è stata casa inedita negli ultimi anni di alcuni dei progetti più liberi ed acclamati di maestri del cinema contemporaneo (su tutti, Martin Scorsese, Alfonso Cuaròn, Guillermo del Toro e Jane Campion), espressione massima di estro artistico e completa assenza di legacci produttivi di sorta. L’altro lato della medaglia di Netflix però sta nella sua generosissima offerta di cinema e tv di vario genere, molta parte della quale è costituita da prodotti destinati al piccolo schermo di scarsa qualità e mero intrattenimento. Cosa ci dovrebbe essere poi di così male però nel purissimo pop-corn movie?
Sulla carta nulla, eppure la sempre più ingombrante funzione algoritmica dell’offerta della piattaforma sforna costantemente lungometraggi e serie televisive di fattura seriale ed industriale, tutti uguali a se stessi e ai precedenti, ma che allo stesso tempo compiacciono i gusti e le preferenze “registrate” dei milioni di utenti Netflix attivi. Il film di F. Gary Gray è esattamente questo. Nella nostra recensione di Lift vi spiegheremo meglio perché l’action movie con protagonista Kevin Hart ed uno stuolo di interpreti internazionali sia specchio di una strategia produttiva sostanzialmente velenosa e priva di concreto mordente di intrattenimento, anche quello più becero.
Attenti al ladro!
Un ladro provetto di nome Cyrus (Kevin Hart) viene corteggiato dalla sua ex fidanzata Abby (Gugu Mbatha-Raw) e dall’FBI per mettere a segno un colpo impossibile con la sua squadra dai caratteri internazionali su un volo passeggeri 777 da Londra a Zurigo. Ovviamente, non sarà semplice. Qesto è l’incipit narrativo dell’action comedy diretta da F. Gary Gray per Netflix ed in arrivo in piattaforma da venerdì 12 gennaio. Il regista statunitense si è già fatto le ossa dietro la macchina da presa con il cinema di genere, tanto che sue sono le confezioni registiche di lungometraggi di ottimo successo tra cui The Italian Job, Fast & Furious 8, Men In Black: International e l’ottimo Straight Outta Compton, ispirato ad una storia vera e che nel 2015 fu acclamato da pubblico e critica. Con Lift, però, la stessa musica gloriosa non viene ripetuta, purtroppo.
Perché il nuovo film dietro la macchina da presa per il cineasta americano non ripete i fasti dell’eredità cinematografica che negli ani passati gli aveva fornito il lasciapassare per entrare nell’Olimpo di Hollywood tra una strizzata d’occhio all’action e una alla commedia. Il semplicistico heist movie con protagonista Kevin Hart (qui anche produttore esecutivo del progetto) ed un cast internazionale su cui spicca anche la spagnola Ursula Corberò (La Casa di Carta) non supera la sufficienza, non intrattiene in maniera intelligente, non aggancia il suo pubblico di riferimento, e non fa appiglio ad una solida sceneggiatura di entertainment. Che per un lungometraggio del genere, è un peccato mortale.
Intrigo internazionale
C’è un po’ di tutto in Lift, e sulla carta questo non è un male assoluto. La storia del cinema action del resto è costellata di maestri ed allievi, di modelli primigeni da cui predere ispirazione, e repliche più o meno riuscite che ne hanno seguito religiosamente i passi. I risultati possono essere alterni, ma la qualità di una buona sceneggiatura, di un cast genuinamente divertito ed affiatato e di una regia dinamica ma mai superficiale sono gli ingredienti fondamentali per un buon mix di azione adrenalinica ed ironia; sia sul grande che sul piccolo schermo. Affidandosi per la prima volta nella sua carriera a Netflix, F. Gary Gray affonda a mani piene nell’immaginario action e vertiginoso di titoli quali Intrigo internazionale di Alfred Hitchcock e la saga di enorme successo di Mission: Impossible, di cui condivide a più riprese scheletro narrativo, situazioni e rapporti tra i vari personaggi.
Senza mai avvicinarsi a nessuno di questi modelli, ma al contempo senza nemmeno omaggiarli con sana intelligenza e discrezione. No, perché in Lift (basato su una sceneggiatura originale firmata da Daniel Kunka), si decide di adagiarsi pericolosamente sul ciglio del precipizio più periglioso del cinema d’intrattenimento degli ultimi anni, contraddistinti ma anche minacciati dalla produzione alacre delle piattaforme di streaming: quello del malefico algoritmo e delle sue spiacevoli derive artistiche.
Dio salvi Vincent D’Onofrio!
Perché a realizzare un film di puro intrattenimento in questo modo, seriale, opaco e privo di alcun mordente, ci vuole veramente poco; e dispiace che Netflix abbia affidato un progetto action così affrettato ad un ottimo mestierante come F. Gary Gray, che in passato aveva pure firmato la regia di titoli di grande interesse e di ottimo equilibrio narrativo tra sanissima adrenalina e giocosità sul set e tra i suoi interpreti. Alchimia di elementi che in Lift manca come il pane, se non fosse per la presenza (più in sordina e nell’ombra rispetto ad Hart e Mbatha-Raw) della dinamica comprimaria Ursula Corberò da La Casa di Carta, e del veterano statunitense Vincent D’Onofrio.
Quest’ultimo nel film Netflix veste i divertiti panni di Denton, un genio del crimine e della truffa internazionale che farà squadra con il novello Lupin interpretato da un Kevin Hart privo di carisma davanti la macchina da presa. Un camuffatore di mestiere, che a seconda dell’ingaggio o della rapina da eseguire, veste all’occasione fattezze e abbigliamento sempre diversi, nomi sempre differenti, vite e personaggi molteplici. Testamento di un talento attoriale, quello di D’Onofrio, sprecato in un progetto del genere, ma al contempo elevato durante il corso del suo minutaggio da un interprete all’altezza di ogni mansione professionale gli venga affidata.
Un film senza arte né parte
Queste in definitiva le ragioni per cui Lift è l’ennesimo cattivo esempio di cinema algoritmico della peggior specie: a conclusione, il nuovo action movie diretto da F. Gary Gray per Netflix è quanto di peggio le spinte artistiche dell’algoritmo della piattaforma di streaming può offrire: prevedibile, privo di vera ironia, scialbo, derivativo, di pochissima intelligenza nella messa in scena. Un ennesimo esempio di cinema usa e getta che farà il record di visualizzazioni in piattaforma, per poi cadere molto presto nel dimenticatoio. Ma che, nel bene o nel male, genererà introito economico sufficiente e giustificare la messa in cantiere di altre decine e decine di lungometraggi di stantio intrattenimento destinati al piccolo schermo (!) di Netflix, in seriale produzione industriale. Ahinoi.
La recensione in breve
Il nuovo action movie diretto da F. Gary Gray per Netflix è quanto di peggio le spinte artistiche dell'algoritmo della piattaforma di streaming può offrire: prevedibile, privo di vera ironia, scialbo, derivativo, di pochissima intelligenza nella messa in scena. Un ennesimo esempio di cinema usa e getta che farà il record di visualizzazioni in piattaforma, per poi cadere molto presto nel dimenticatoio.
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Voto CinemaSerieTV