Il film: L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, 2020. Regia: Sydney Sibilia. Cast: Elio Germano, Matilda De Angelis, Leonardo Lidi, Fabrizio Bentivoglio, Luca Zingaretti, Tom Wlaschicha, François Cluzet, Fabrizio Rongione, Teco Celio.
Genere: commedia, drammatico. Durata: 118 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix, in lingua originale.
Trama: La vera storia di Giorgio Rosa, che alla fine degli anni Sessanta costruì un’isola da usare come nazione indipendente.
Il 2020 è stato, per l’attore romano Elio Germano, un anno all’insegna di personaggi legati a Bologna: su tre film in cui lui ha recitato nei dodici mesi segnati in larga parte dalla pandemia, due erano imperniati su figure reali associate al capoluogo emiliano. Prima c’è stato Antonio Ligabue, protagonista di Volevo nascondermi di Giorgio Diritti e premiato alla Berlinale (l’ultimo grande festival europeo tenutosi in presenza prima del lockdown primaverile) proprio per l’interpretazione di Germano (che era anche nel cast di Favolacce, che invece ha avuto il riconoscimento per la sceneggiatura); poi, alla fine dell’anno e direttamente su Netflix, il curioso caso di Giorgio Rosa, di cui parliamo nella nostra recensione de L’incredibile storia dell’Isola delle Rose.
La trama: nessun uomo è un’isola
Strasburgo, 1968. Giorgio Rosa si presenta al Consiglio d’Europa per parlare di un curioso episodio di cui lui è protagonista in Italia: qualche mese prima, essendosi laureato in ingegneria, Rosa – non proprio capace di interagire in modo maturo con il mondo circostante – ha deciso di usare le proprie capacità per costruire una piattaforma marittima che sarà effettivamente il suo microcosmo personale. Sfruttando i cavilli legali sulle acque territoriali, e con l’aiuto di un amico, Giorgio ha quindi portato a termine la creazione di quella che per lui è una vera e propria nazione indipendente, l’Isola delle Rose, che rapidamente si trasforma in meta turistica per i frequentatori estivi della riviera romagnola (l’isola è al largo delle coste di Rimini). Ma quando lui e i suoi amici hanno deciso di chiedere ufficialmente di far riconoscere la struttura come una nazione, ottenendo un responso favorevole dell’ONU, la cosa ha un po’ infastidito il governo italiano…
Il cast: Giorgio e i suoi amici
Rosa ha il volto di Elio Germano, che ritrova uno stile di recitazione più naturale dopo il lavoro di immedesimazione estrema per rendere le deformazioni fisiche e linguistiche di Ligabue, e al suo fianco c’è Matilda De Angelis (scoperta qualche anno addietro dal produttore Matteo Rovere in Veloce come il vento) nel ruolo di Gabriella, l’ex di Giorgio e uno dei motivi per cui lui si rende conto di non essere un granché a stretto contatto con la società in cui vive. Gli avversari governativi sono due affiatati e agguerriti Luca Zingaretti e Fabrizio Bentivoglio, di gran lunga i due più avvincenti dell’intero cast, che vanta anche una discreta componente internazionale nella persona dei caratteristi francofoni François Cluzet e Fabrizio Rongione e di Teco Celio, luganese di nascita e da anni l’attore svizzero preferito dei registi italiani (Nanni Moretti in primis).
L’isola delle incertezze
Di fattura tecnica eccelsa, il film cerca di ricreare gli anni Sessanta con brio e allegria, sulla falsariga del lavoro fatto da Sibilia con la trilogia di Smetto quando voglio, già essa esempio di un modello, quello Grøenlandia (la casa di produzione di Rovere), che cerca di adattare al panorama audiovisivo immaginari più strettamente statunitensi, in ottica commerciale. Una strategia di per sé non malvagia – soprattutto per compensare l’altro, deleterio modello internazionale che è quello delle commedie francesi rifatte senza il minimo guizzo – ma in questa sede poco efficace perché la storia vera dell’Isola, un progetto ancorato in una visione utopistica molto interessante, qua si riduce a puro oggetto di svago, smorzando ogni considerazione filosofica in nome delle belle sequenze di mare con musica d’epoca e annullando la componente emotiva. Con la conseguente schizofrenia a livello recitativo fra chi cerca di restituire quella dimensione, in realtà assente, e chi invece – come Zingaretti e Bentivoglio – punta più sul registro apertamente comico, senza curarsi troppo dell’anima. E così, l’incredibile storia del titolo diventa un racconto come gli altri, non senza il “supporto” dell’anonimato generale a cui può condannare l’algoritmo di Netflix.
La recensione in breve
Un brillante progetto di ingegneria utopistica diventa sullo schermo una stanca, prevedibile commedia drammatica dal sapore stranamente nostalgico.
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Voto CinemaSerieTV