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Home » Film » Recensioni film » Living, la recensione del film con Bill Nighy candidato all’Oscar

Living, la recensione del film con Bill Nighy candidato all’Oscar

La recensione di Living, remake candidato all'Oscar con Bill Nighy dal 4 marzo su Sky Cinema e NOW TV.
Simone FabrizianiDi Simone Fabriziani4 Marzo 20236 min lettura
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Living
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Il film: Living, 2022. Regia: Oliver Hermanus. Genere: Drammatico. Cast: Bill Nighy, Tom Burke, Aimee Lou Wood, Alex Sharp. Durata: 102 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Trama: Londra, 1952. Il funzionario statale Williams, da anni in servizio, è diventato una piccola figura chiave nel sistema burocratico che ha contribuito alla ricostruzione dell’Inghilterra dopo la Seconda guerra mondiale. Mentre un’infinità di scartoffie si accumula sulla sua scrivania, Williams scopre di essere affetto da un male incurabile. Nasce così in lui il desiderio di dare un senso alla sua vita prima che sia troppo tardi.


Presentato nel silenzio mediatico all’interno della sezione digitale del Sundance Film Festival 2022 e poi come evento fuori concorso alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Living è il remake del capolavoro Vivere di Akira Kurosawa, lungometraggio del 1952 a sua volta liberamente ispirato ad un racconto breve di Tolstoj del 1886. Un rifacimento per il grande schermo che portava con sé delle insidie difficili da travalicare, ma il regista britannico Oliver Hermanus pare sia riusciuto in un piccolo miracolo.

Nonostante sia stato distribuito in pochissime sale italiane a Natale 2022 da Lucky Red, Living debutterà per tutti gli abbonati Sky Cinema e per i possessori di NOW TV a partire da sabato 4 marzo. Approfittiamo dunque della nuova visibilità e delle due candidature all’Oscar ottenute (miglior attore protagonista e sceneggiatura non originale) per proporvi la nostra recensione di Living, un remake che il sapore del miracolo cinematografico per come riesce con l’aiuto di una scrittura genuina e commovente e con un attore di razza indimenticabile a far riaccendere la fiammella che aveva reso l’Ikiru di Akira Kurosawa un capolavoro imprescindibile, per un pubblico contemporaneo.

La trama: in principio era Tolstoj

Living

Prima del Living di Oliver Hermanus c’era l’imprescindibile Vivere (Ikiru) di Akira Kurosawa, ma prima del maestro assoluto del cinema giapponese c’è stato il russo Lev Tolstoj e un racconto breve del 1886 dal titolo “La morte di Ivan Il’ic”. Nella novella del XIX secolo, lo scrittore racontava di un anziano burocrate di San Pietroburgo che, colto da un male misterioso ed incurabile, ripensa a come ha sprecato la sua vita nella meccanicità e nell’indifferenza del suo lavoro e di come ha trascurato moglie, figli e il senso stesso della vita. Un assunto che Kurosawa aveva ripreso ed ampliato nel capolavoro del 1952, tutt’oggi considerato pietra miliare del cinema drammatico di sempre. Il regista Oliver Hermanus (Skoonheid, The Endless River) accetta la sfida propostagli da Sony Picture Classics ed entra in cabina di regia per firmare un remake gentile ed empatico della pellicola del maestro giapponese.

In Living, siamo nella Londra della prima metà degli anni ’50; qui facciamo presto la conoscenza del signor Williams (Bill Nighy), un anziano burocrate della capitale britannica che scopre di avere un male incurabile; un segreto quasi inconfessabile che non vuole rivelare ai suoi colleghi di lavoro, né ai suoi due figli. Di fronte ad un bivio improvviso nel quale dover scegliere come trascorrere gli ultimi giorni della sua vita, Williams decide di sorprendere tutti e fare in modo di generare del bene verso le generazioni future: si occupa difatti della realizzazione di una piccola area giochi per bambini nel cuore della città di Londra. Un progetto da sempre osteggiato dalla burocrazia della quale lui è ingranaggio essenziale, ma che sceglie di sfidare nell’incredulità dei suoi colleghi.

Un ponte tra Giappone e Gran Bretagna

Living

Se c’è un eroe nella realizzazione di Living, quello è senza ombra di dubbio Kazuo Ishiguro. Lo scrittore giapponese (ma naturalizzato inglese) vincitore del Premio Nobel (suoi capolavori letterari come Quel che resta del giorno e Non lasciarmi), si occupa della sceneggiatura adattata del film di Hermanus, e non è affatto un caso. La sensibilità di Ishiguro nel saper tratteggiare con poche pennellate di estro letterario figure maschili e femminili profondamente complesse ed in balia dei cambiamenti storico-sociali, era la ricetta perfetta per fare in modo che il rischioso remake fosse portato sul grande schermo con senso della dignità e della forte empatia verso il suo protagonista.

E così, attraversando un’ideale ponte tra cultura giapponese e identità squisitamente britannica, Kazuo Ishiguro fima una sceneggiatura che rende il giusto omaggio ad Akira Kurosawa, senza però dimenticare di dover portare al cinema una storia very british ma dal sapore drammaticamente universale, Una sfida che, facilitata da una regia pittorica ed essenziale ed un attore protagonista in stato di grazia, è stata vinta su tutti i fronti.

Una storia universale

Living

Impossibile rimanere indifferenti di fronte a Living. Anche lo spettatore più casuale, meno smaliziato e con poca familiarità verso il capolavoro di Kurosawa, riuscirà a commuoversi di fronte alla straordinaria ed umanissima storia di redenzione di Rodney Williams. Nei panni dell’apparentemente burbero e glaciale protagonista del remake britannico, un Bill Nighy in assoluto stato di grazia; qui il veterano del cinema inglese trova pane per i suoi denti e regala ad Hemanus ed Ishiguro un personaggio solerte e taciturno, un vero e proprio pozzo di profondità psicologica e tenerezza pronto a scaldare il cuore di chiunque deciderà di trovare del tempo nel recuperare questo film.

Nel ruolo del signor Williams, Bill Nighy diventa semplicemente l’emblema perfetto e struggente di un uomo posto davanti ad un bivio: cosa fare degli ultimi giorni della propria vita, consci che questa terminerà a breve? Un dilemma etico e morale che si risolve, tanto nel remake di Hermanus quanto nel capolavoro di Akira Kurosawa, in uno slancio verso le generazioni future. Grazie ad un solo atto di generosità senza alcun compromesso, Rodney Williams farà in modo di essere ricordato dai suoi cari e dalle persone che lo conoscevano meglio come un uomo dal cuore grandissimo. Il bello delle più grandi storie di redenzione, difatti, è che sono racconti praticamente universali, senza tempo e senza spazio: potevamo trovarci nella Russia del XIX secolo, in Giappone, oppure nella Londra degli anni ’50; la forza di Living rimarrebbe immutabile.

Living vi scalderà il cuore

Living

Per tutte le ragioni sopracitate, il remake diretto da Oliver Hermanus e scritto da Kazuo Ishiguro è una trasposizione semplicemente perfetta, persino inaspettata se commisurata ad una tendenza cinematografica attuale dove si tende a sorprendersi sempre meno. Benché non sia tutta farina nel sacco degli autori quella dietro al buon successo di critica di Living, non si può non continuare ad enfatizzare quanto il lungometraggio con l’impagabile Bill Nighy sia uno dei più sottovalutati successi artistici del 2022.

Magari passato in sordina rispetto ad altre pellicole più altisonanti, eppure il remake targato Sony Picture Classics ha tutti gli ingredienti per scaldare anche i cuori di pietra più granitici senza pietismo o ruffianeria, ma sfruttando anzi al massimo un linguaggio cinematografico dal sapore nostalgico e soprattutto famigliare. Come accade con tutte le storie pensiamo di conoscere da sempre.

La recensione in breve

8.0 Tenero

Living è praticamente un remake perfetto. Liberamente tratto dal capolavoro " Vivere" di Akira Kurosawa, trasla il setting giapponese nell'Inghilterra degli anni '50 con insospettabile nonchalance. Merito anche e sopratutto di una sceneggiatura curata da Kazuo Ishiguro e da uno straordinario protagonista in Bill Nighy nel ruolo della sua vita.

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