Il film: Locked In, 2023. Regia:Nour Wazzi. Cast: Finn Cole, Rose Williams, Famke Janssen. Genere: Thriller. Durata: 95 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima Netflix.
Trama: Una grande casa immersa praticamente nel nulla e al suo interno una donna desiderosa di vita, fama e ricchezza. Insieme a lei due ragazzi, Jamie, il figliastro e Lina, adottata da Katherine per onorare la memoria della sua più cara amica, morta prematuramente. Il primo è affetto da crisi epilettiche, mentre la seconda impara velocemente a mettersi al servizio di una famiglia disfunzionale cui sente di dover tutto. Con gli anni, però, quella casa diventa una prigione, Katherine si trasforma in una nemica e Jamie è un marito da accudire. Intorno a Lina le mura del dovere si fanno sempre più strette ed opprimenti. Per questo motivo afferra velocemente l’unica possibilità di libertà e vita che le viene offerta. Ma sarà veramente così o anche la passione scoppiata per un uomo apparentemente rassicurante nasconde delle insidie?
Prendete una famiglia soffocante, il personaggio di una prima donna accentratrice che non accetta un ruolo di secondo piano ed una ragazza che, in un colpo solo, incarna i suoi timori di perdere le sicurezze, personali ed economiche, acquisite nel corso della sua vita. A questo, poi, aggiungete un triangolo amoroso, un incidente quasi mortale ed un omicidio ed il gioco è fatto. Ecco che Netflix ha servito il suo thriller d’inizio novembre. Un film che cerca di cavalcare le atmosfere noir di un Halloween appena trascorso ma che, com’è possibile vedere nella recensione di Locked In, consegna una struttura narrativa piuttosto prevedibile, nell’intreccio come nelle atmosfere. Almeno per chi non è propriamente digiuno di questo genere.
Diretto da Nour Wazzi ed interpretato da Rose Williams e Famke Janssen, dunque, il film mette in scena tutti gli elementi essenziali, quasi a comporre una ricetta dalla riuscita sicura. Risultato stilisticamente ottenuto ma che, come anticipato, non aggiunge nulla a questo tipo di narrazione e che porta facilmente alla soluzione del caso. Ancor prima che questo venga risolto dalla solerte infermiera accanto all’ormai inerme Kathrine. Dunque, un’occasione in parte persa, visto che la realizzazione tecnica e l’idea di partenza, seppur non originale, avrebbe potuto portare ad un intreccio psicologico più interessante e complesso.
Trama: Amore, passione e sopravvivenza
Katherine è una donna giovane ed attraente, abituata ad attrarre su di sé gli sguardi degli uomini e del suo pubblico. Attrice di serie televisive, infatti, ha ottenuto un buon successo ed un marito ricco su cui appoggiarsi per ogni inconveniente. Nella sua vita, dunque, sembra aver raggiunto tutte le mete che si era prefissata. Compreso essere la padrona assoluta di una grande magione. Almeno fino a quando si ritrova improvvisamente vedova e privata, almeno dal punto di vista legale, di ogni riconoscimento economico. Il marito, infatti, lascia in eredità ogni cosa al figlio Jamie, un bambino malato ed affetto da frequenti crisi epilettiche. Così, in un batter di ciglia, si ritrova ad essere prigioniera di quella grande casa senza esserne più padrona, in compagnia di un figliastro per cui non nutre particolare affezione, e di Lisa, la figlia della sua migliore amica adottata dopo la morte della madre.
Ed è proprio la sua presenza che rappresenta un sollievo per la donna e, soprattutto, un modo grazie al quale liberarsi delle indesiderate incombenze di madre. La ragazza, infatti, inizia ad occuparsi costantemente delle condizioni di salute di Jamie, mentre Katherine si impadronisce nuovamente della sua esistenza sociale e lavorativa. Una scelta, però, che porta i due ragazzi ad essere sempre più vicini e a stringere un particolare patto di dipendenza. Lo stesso che, anni dopo, li conduce al matrimonio. In questo modo, dunque, Lisa diventa la padrona effettiva della grande tenuta, relegando Katherine al ruolo di ospite. Almeno è così che si sente la donna.
La ragazza, infatti, non ha alcuna intenzione di spodestarla. Anzi, per la madre adottiva sente un sentimento d’affetto veicolato, ovviamente, dalla riconoscenza. L’inasprirsi dei loro rapporti, però, è inevitabile. Le due entrano chiaramente in conflitto. Una condizione che renderà molto facile l’entrata in scena di un uomo, le cui intenzioni non sono sicuramente delle migliori. Si tratta del medico curante di Jamie. Lo stesso che si occupa da tutta la famiglia e che, con fare suadente, riesce ad inserirsi nelle crepe affettive createsi tra Lisa e Katherine.
In modo particolare identifica il punto debole della ragazza, la sua necessità di respirare rispetto all’atmosfera soffocante che la circonda, il bisogno di liberarsi dal peso emotivo e pratico che rappresenta Jamie con il suo atteggiamento egoistico e perennemente bisognoso. Ma quanto di tutto questo è reale o solo creato da una serie di farmaci prescritti e somministrati con uno scopo ben preciso? Si tratta di casualità o di un piano ben programmato ai danni di tutta la famiglia da un elemento esterno desideroso, anche lui, d’impadronirsi della loro ricchezza? La risposta a questa domanda arriva con un incidente tutt’altro che casuale ai danni di Katherine. Lo stesso che riduce la donna ad una specie di larva all’interno della sindrome chiamate Locked In. Così, incapace di muovere ogni singolo muscolo, grazie al solo movimento oculare, ci racconta la sua storia. Basta solo avere la volontà di ascoltarla.
Il gioco della suspense
Un corpo disteso immobile in un letto d’ospedale all’interno del reparto neurologico ed un’infermiera solerte che si ostina a voler trovare una via per comunicare. Con una tabella alfabetica tra le mani rivolta verso il paziente scandisce, di volta in volta, una lettera. Il compito della donna paralizzata ed inerme nel letto è quello di evidenziare, con il solo battito dell’occhio, i diversi elementi per comporre una parola e cercare di comunicare. E la prima parola effettivamente “pronunciata” da lei è omicidio. Con questo piccolo accorgimento, dunque, Nour Wazzi evidenzia immediatamente il concetto di suspense, portando lo spettatore all’interno della vicenda senza mezzi termini. Una soluzione che mette in chiaro le cose rispetto al tipo di narrazione che verrà e, soprattutto, ha la capacità di accendere le spie di attenzione. In poche parole, dunque, inizia il gioco, si entra in modalità “scoprire l’assassino” e, per farlo, si accetta di essere trasportati anche nel più intricato labirinto.
Peccato, però, che a questo guizzo iniziale corrisponda una struttura narrativa molto semplice e lineare. La stessa che, facendo riferimento ai classici del genere, mostra in modo evidente i passi successivi. Il limite, obiettivamente, è una vicenda che non ha un intreccio innovativo e che è stata già narrata in molte forme diverse. Nonostante questo, però, al suo interno ha un cuore psicologico piuttosto forte. Un nucleo emotivo all’interno del quale si doveva andare ad indagare con maggior profondità, scavando nel rapporto ambivalente tra due donne, nello spirito di competizione che nasce, nel triangolo amoroso e, soprattutto, nelle diverse forme di manipolazione psicologica presenti. Tutti elementi che vengono solo sfiorati e che, di volta in volta, creano l’illusione di una nuova pista da battere e su cui far luce. Nel momento, però, in cui si viene introdotti in questa, si scopre amaramente che il percorso non presenta asperità o misteri. Anzi, ogni ombra acquista subito luce in un gioco di prevedibilità e anticipazione costante.
Eva contro Eva
Andando oltre l’aspetto puramente estetico del film, che gioca sui colori appiattiti dell’interno e dell’esterno, sull’ambiente soffocante della grande casa e su di un senso di decadenza generale, il primo elemento su cui lavorare con una certa profondità sarebbe stato il rapporto tra Katherine e Lisa. Tra le due, infatti, molti sono i sottintesi emotivi. Il legame nasce già malato, come una sorta di atto di carità da parte di una persona in grado di comprare l’amore ma non di farlo nascere.
Da parte sua Lisa, è una controparte perfetta. Sola, senza la madre, affascinata da questa donna bella e vitale, si presta ad essere la vittima emotiva ideale. Affamata d’amore, infatti, compie ogni azione solo per avere riconoscimenti affettivi da parte di Katherine. Con il tempo questa sorta di dipendenza emotiva, dunque, crea il terreno ideale per andare a costruire un vero thriller psicologico basato sulla contrapposizione tra le due donne. Un terreno che, oltretutto, si espone facilmente ad attacchi esterni e ad essere, a sua volta, utilizzato per la vera e propria macchinazione.
Una visione, questa, alla base delle intenzioni registiche ma che, ben presto, si perde in una sorta di battibecchi sterili tra le due senza alcun tipo effettivo di profondità provocatoria. In questo senso, dunque, il rapporto profondamente ambivalente tra Katherine e Lisa diventa la motivazione dell’epilogo ma non la causa trainante dell’intera macchinazione. Un’occasione persa, non solo perché avrebbe offerto l’occasione di una struttura narrativa più complessa ma avrebbe dato ai due personaggi l’opportunità di un’evoluzione funzionale a tutta la storia.
La manipolazione psicologica
Altro elemento essenziale in Locked In è la manipolazione psicologica. Questa, in particolare, viene esercitata da ogni singolo personaggio su Lisa che, a tutti gli effetti, si mostra come l’elemento più fragile. Jamie, malato e bisognoso, ha su di lei un potere quasi morale. Altrettanto accade con Katherine, cui si sente legata da un’inevitabile gratitudine. Per finire, poi, arriva l’elemento esterno, quello effettivamente deflagrante, a complicare il quadro generale.
In questo senso, dunque, la passione per il medico di famiglia avrebbe potuto avere un potere narrativo importante, rappresentando finalmente il lato oscuro di tutta una vicenda e mettendo in evidenza gli aspetti imprevedibili di un personaggio considerato assolutamente positivo fino a quel momento. Un ruolo che effettivamente si assume, se non fosse, ancora una volta, per la superficialità e prevedibilità di determinati eventi. Questi, infatti, non fanno altro che scoprire velocemente particolari, sottintesi e, soprattutto, l’evoluzione futura del racconto. E per un thriller psicologico non c’è antidoto peggiore della prevedibilità.
In questo modo, dunque, non solo s’identificano velocemente le fragilità di Lisa ma, soprattutto, il modo in cui l’amante agisce su di esse per ottenere il suo scopo finale. Così facendo, dunque, il personaggio viene manipolato ma non lo spettatore che, dopo pochi minuti sviluppa una consapevolezza assoluta su come andranno gli eventi. Unico dubbio è la sorte della solerte infermiera in grado, con un vero e proprio batter di ciglia, di smascherare tutto il gioco ma che, nonostante l’incipit promettente rimane completamente ai margini della vicenda.
La recensione in breve
Il film inizia con un incipit promettente capace di portare lo spettatore immediatamente nel cuore della vicenda e di predisporlo alla ricerca del colpevole. Peccato, però, che lo svolgimento della vicenda disattenda completamente le promesse dell'inizio offrendo solamente un percorso lineare e prevedibile all'interno del quale l'insieme è fin troppo chiaro. E questo a dispetto di una resa estetica dell'ambiente in cui ombre ed oscurità fanno da padrone.
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Voto CinemaSerieTV.it