Il film: L’ordine del tempo, 2023. Regia: Liliana Cavani. Cast: Alessandro Gassman, Edoardo Leo, Claudia Gerini, Valentina Cervi, Ksenia Rappoport. Genere: Drammatico. Durata: 113 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla 80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Trama: Una sera d’estate alcuni amici che si conoscono da una vita si riuniscono nella villa al mare di uno di loro per festeggiare un compleanno. A un certo punto scoprono che il mondo potrebbe finire di lì a poche ore e da quel momento, per tutti, il tempo comincerà a scorrere in modo diverso, determinando nel bene e nel male il loro destino.
Erano ben ventuno anni che l’autrice-contro del cinema italiani Liliana Cavani non si cimentava dietro la macchina da presa di un lungometraggio pensato squisitamente per il grande schermo. L’apprezzamento tutto italiano e lo status di best-seller del romanzo “L’ordine del tempo” fanno sì che la regista veterana si decida a riunire un nutrito cast di interpreti nostrani ed europei per mettere in scena un’opera cinematografica dalle connotazioni letteralmente apocalittiche.
Nella nostra recensione de L’ordine del tempo, film che abbiamo visto in anteprima in occasione del suo passaggio fuori concorso all’80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, vi spieghiamo meglio il perché riteniamo che il ritorno al cinema di Liliana Cavani faccia più male che bene alla sua pur gloriosa e anticonformista carriera artistica dietro la macchina da presa.
La trama: metti un compleanno prima della fine del tempo
Un pomeriggio d’estate, una coppia di mezza età invita gli amici più stretti per festeggiare i cinquant’anni di lei (Claudia Gerini), tra la gioia e la spensieratezza dei presenti. Suo marito (Alessandro Gassman) si dovrà districare tra una figlia minorenne ribelle ed enigmatica, la presenza degli ospiti nella sua casa sulla spiaggia e l’arrivo di uno dei suoi più cari amici, uno scienziato laureato in fisica (Edoardo Leo) che sarà però foriero di una notizia sconvolgente: un asteroide di enormi dimensioni ribattezzato Anaconda sta per abbattersi sulla superficie terrestre, con una rapidità e uno scarto di probabilità di collisione apocalittica sempre più concrete.
Queste sono le premesse de L’ordine del tempo, prima best-seller inaspettato per il famoso fisico Carlo Rovelli passato alla narrazione romanzesca, poi ritorno al mondo del cinema per Liliana Cavani, che mancava come autrice sul grande schermo dal 2002, quando aveva firmato il sottovalutato sequel “Il gioco di Ripley” dai personaggi di Patricia Highsmith, forte di un passato da regista cha vanta titoli provocatori come “Il portiere di notte” e “Francesco”, quest’ultimo con Mickey Rourke nei panni del santo umbro. Un ritorno tanto sospirato che però delude le aspettative e si attesta come uno tra i lavori cinematografici più stanchi e svogliati nella carriera dell’autrice.
Cosa farai quando finirà il mondo?
Forse però ad avere la colpa primaria nell’insuccesso generale de L’ordine del tempo non è tanto la mano dietro la macchina da presa della Cavani, che poco dopo aver terminato riprese e produzione del film ha compiuto la veneranda età di 90 anni, bensì della fin troppo semplice chiarezza e democraticità del romanzo di Carlo Rovelli. Nato scienziato e fisico di prim’ordine, Rovelli si dona al mondo della fiction letteraria intessendo un racconto pre-apocalittico che ha il sapore del palcoscenico teatrale (la casa sul mare e la spiaggia antistante sono forse i protagonisti assoluti del film oltre al cast corale) e il retrogusto amarognolo di un tentativo letterario goffo, abbozzato e privo di vera originalità contenutistica.
La Cavani cerca di adattare le parole di Rovelli come può, riducendo linguaggio registico e movimenti di macchina all’essenziale, portando i suoi attori a costringersi a confrontarsi tra di loro, in un gioco di immedesimazione con le realtà intime dei personaggi da loro interpretati con un groppo in gola e un quesito stimolante: cosa fareste se un asteroide stesse per colpire la Terra e annientasse così la vita umana una volta per tutte? Come utilizzereste il tempo rimasto al meglio? Ripescando in un doloroso e incompiuto passato o guardando alla possibilità di un futuro improbabile con ottimismo, nonostante tutto?
Un passo indietro nella carriera di Liliana Cavani
Domande sfiziose dalle risposte purtroppo prevedibili, impantanate in un materiale letterario di base che nulla fa per rifuggire al coacervo di cliché di contenuto ed ambizione nel quale è cascato in trappola (ma a sua insindacabile insaputa, o ingenuità) Carlo Rovelli nel suo romanzo; di tutto questo però Liliana Cavani pare non farci caso in maniera del tutto preoccupante, sfornando un ritorno al grande schermo che, almeno nel vastissimo panorama cinematografico internazionale, sa di già visto, di polveroso e di stantio.
In questi casi è meglio riguardare con piacere il satirico, intelligente scanzonato Don’t Look Up di Adam McKay di qualche anno fa, che partendo da premesse similari (senza però presentarsi al suo spettatore nella confezione intimista e teatrale de L’ordine del tempo) forniva risposte ben più imprevedibili all’annosa domanda che percorre senza sosta la bocca di tutti i suoi protagonisti. Interpretati da un cast d’insieme pure volenteroso, ma ingessato e senza anima. Che peccato.
La recensione in breve
Il ritorno al cinema per Liliana Cavani dopo ben 21 anni dal suo ultimo lungometraggio è un film fuori tempo massimo assoluto. Da un romanzo di finzione del fisico Carlo Rovelli, una pellicola che non fa nulla per togliersi di dosso cliché contenutistici, situazionali, recitazione stanca e fuori fuoco. Un manierismo francamente obsoleto che a 90 anni compiuti della grande autrice italiana è sconfortante.
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