Il film: Lubo, 2023. Regia: Giorgio Diritti. Cast: Franz Rogowski, Christophe Sermet, Valentina Bellè, Noemi Besedes, Cecilia Steiner, Joel Basman. Genere: Drammatico, storico. Durata: 181 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Mostra del Cinema di Venezia, in lingua originale.
Trama: Siamo nel 1939, Lubo è un uomo di etnia Jenisch che vive in Svizzera con la sua famiglia. Un giorno viene arruolato contro la sua volontà nell’esercito e, mentre è lontano, sua moglie viene uccisa ed i suoi figli portati via. Dopo aver disertato, l’uomo dedicherà la sua vita a cercare di ritrovarli.
In un’annata ricchissima di film italiani, a chiudere l’ondata nostrana in Concorso a Venezia 80 è Lubo, di Giorgio Diritti. L’autore di Volevo nascondermi arriva al Lido con una storia ambientata durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale e incentrata su un uomo di etnia Jenisch, vittima insieme ai suoi pari di crudeli politiche discriminatorie nella Svizzera dell’epoca.
Come vedremo in questa recensione di Lubo, Diritti segue la disperata ricerca del protagonista, interpretato da un sempre intenso e poliedrico Franz Rogowski, che dopo essere stato separato dai suoi figli passa la sua intera vita a cercare di recuperarli. Lubo ci mostra un preciso spaccato dell’epoca, raccontando un frammento di Storia recente conosciuto da pochi, ma che si aggiunge alle molteplici atrocità compiute a cavallo del secondo conflitto bellico.
La trama: le (dis)avventure di Lubo Moser
Lubo (Franz Rogowski) è un artista nomade di etnia Jenisch che insieme alla sua famiglia si sposta di cittadina in cittadina nella Svizzera degli anni Trenta. La sua vita subisce un brusco cambio di rotta quando viene arruolato in maniera coatta per difendere il confine, ma mentre è lontano gli viene uccisa la moglie e portati via i figli. La pratica di togliere i bambini Jenisch alle loro famiglie era molto comune all’epoca, i piccoli venivano infatti mandati in affido ad altre famiglie o cresciuti in istituti con la scusa di permettergli così un’educazione e, di conseguenza, un futuro migliori.
Lubo decide di disertare e di riprendersi i suoi figli, costi quel che costi. Per farlo ucciderà un mercante di origini ebree che lo aveva assunto per un lavoro, rubandogli i beni e l’identità. Ora Lubo è un uomo d’affari austriaco, che ha accesso ad ambienti che potrebbero permettergli di rintracciare i suoi bambini. La strada per riaverli è però è lunga e difficile, ostacolata inoltre dalla polizia che porta avanti le indagini sulla morte del mercante ebreo.
Una storia che funziona e coinvolge
Al netto di una parte centrale – su una durata complessiva di tre ore – eccessivamente trascinata e a tratti un po’ superflua, Lubo è un’opera capace di coinvolgere il suo spettatore: immergendoci nell’odissea del suo sfortunato protagonista, guidato dall’inarrestabile bisogno di ritrovare i suoi bambini, veniamo trasportati in un altro tempo, purtroppo non così lontano, in cui le violazioni dei diritti umani erano ancora all’ordine del giorno. La missione di Lubo si estende presto alle famiglie che hanno subito il suo stesso torto e, nel corso degli anni, si fa preziosa testimonianza di cosa è successo a loro e ai loro bambini.
Lo sradicamento dei bambini Jenisch è infatti ad opera del Kinder der Landstrasse, un programma nazionale mirato a cancellare la loro cultura e le loro tradizioni su ispirazione dei princìpi dell’eugenetica (così tanto in voga nella Germania nazista). A colpire come anche i liberali benefattori svizzeri, così apparentemente contrari all’opera hitleriana, trattino gli Jenish come un popolo inferiore, parlando dei loro figli come fossero degli “animaletti” da rieducare.
Ed è il finale del film a racchiudere la maggiore potenza narrativa: il destino di Lubo si scontra con una realtà apparentemente inalterabile, ma l’uomo riesce comunque a gettare i semi del cambiamento, che porteranno molti anni dopo al riconoscimento da parte delle autorità svizzere dei terribili crimini subiti dagli Jenisch. Il film di Diritti è una testimonianza preziosa di un pezzettino di Storia recente così poco conosciuto, ma che – come altri orribili eventi avvenuti in quel periodo – merita comunque di non essere dimenticato.
Un ottimo Franz Rogowski
Lubo si distingue anche per l’ottima ricostruzione storica e la grande ricerca fatta per ambientazioni e costumi, che rendono l’esperienza di visione ancor più immersiva. Buone le scelte di cast, in particolare il protagonista Franz Rogowski dimostra ancora una volta la sua grande capacità – oltre che di recitare in diverse lingue! – di interpretare personaggi intensi e tormentati.
Se non fosse stato per la parte centrale, come dicevamo troppo lunga e trascinata, e per la recitazione un po’ rigida di alcuni dei personaggi (al contrario che in altre occasioni non ci ha particolarmente colpito Valentina Bellè), Lubo si collocherebbe tra le migliori opere viste a Venezia 80, ma chiude comunque in bellezza la squadra di titoli nostrani presenti quest’anno in Concorso.
La recensione in breve
Lubo racconta una storia che coinvolge e cattura, mostrandoci un frammento dimenticato del nostro passato recente. Ottimo Franz Rogowski nel ruolo del protagonista.
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Voto CinemaSerieTV.it