Il film: Lumina, 2021. Regia: Samuele Sestieri. Cast: Carlotta Velda Mei, Matteo Cecchi, Laura Sinceri. Genere: fantascienza. Durata: 105 minuti. Dove l’abbiamo visto: All’International Film Festival Rotterdam (online), in lingua originale.
Trama: Una fiaba moderna sull’amore e sulle immagini, sospesa tra “documentario” di fantascienza e romanzo di formazione, girata in Lazio e Basilicata.
C’è qualcosa di poetico nel percorso inusuale che fa il secondo lungometraggio di Samuele Sestieri, sin dal suo esordio al Festival di Rotterdam nel giugno del 2021 (la stampa dovette vederlo online, mentre il pubblico era limitato a qualche sala locale nei Paesi Bassi). Dopo l’anteprima al Nuovo Sacher a Roma, infatti, il film non fa la classica uscita su tutto il territorio, ma una tournée, città per città e sala per sala, attraversando piano piano l’Italia come fa, in un certo senso, la sua protagonista. E partiamo da qui per la nostra recensione di Lumina.
La trama: i racconti dell’immagine
Una donna misteriosa si risveglia, nuda, su una spiaggia in una località non precisata. Vaga tra luoghi ormai abbandonati, assorbendo la memoria degli oggetti, e con la sua presenza riesce in qualche modo a riattivare dispositivi tecnologici che erano spenti da tempo. Tra questi c’è lo smartphone di tale Leonardo; frugando nell’archivio la donna impara il linguaggio audiovisivo e, tramite i ricordi della relazione fra il ragazzo e la sua compagna, comincia a conoscere e a capire l’amore.
Il cast: pochi ma molto buoni
Presenza dominante del film, nel ruolo della donna misteriosa, è Carlotta Velda Mei, attrice romana e compagna del regista, che con grazia e ipnotico carisma attraversa le location suggestive che rimandando ad altri tempi e a un presente non sempre roseo. Gli altri due elementi umani del lungometraggio, tramite l’archivio digitale consultato dalla donna, sono Matteo Cecchi nei panni di Leonardo e Laura Sinceri in quelli della sua partner.
Tornare a casa
Samuele Sestieri, dopo una fase come critico cinematografico (disclaimer: per un breve periodo, lui e il sottoscritto sono stati collaboratori della stessa testata), ha esordito nel lungometraggio nel 2015, con I racconti dell’orso. Presentato in concorso al Torino Film Festival e co-diretto con l’amico Olmo Amato, era un viaggio surreale nei territori della Finlandia, un’avventura fantascientifica ad altezza bambino dominata da una buffa creatura a metà tra i Teletubbies e gli Ewok. Lumina è un progetto molto diverso, con il quale il cineasta torna a casa – girando in Lazio e Basilicata – e punta a un target differente, più adulto. Guardando, questa volta, a un modello come Under the Skin, il fantahorror ad alto tasso di arthouse con cui Jonathan Glazer sconvolse gli avventori della Mostra di Venezia nel 2013. Anche lì era questione di una donna (Scarlett Johansson), non esattamente di questo mondo, che vagava senza meta precisa, ma in questa sede l’orrore cede il posto all’amore.
L’immagine all’ennesima potenza
Il titolo rimanda alla luce, principalmente quella delle suggestive ambientazioni con cui Sestieri, tramite la presenza radiosa della sua protagonista, mette in scena angoli poco esplorati dell’Italia per quanto riguarda lo schermo. Ma anche la luce che ci attraversa con impeto emotivo, quando le immagini sono tramandate come nel caso dello smartphone rivenuto dopo anni di inattività. Perché Lumina è un atto d’amore, nei confronti dell’attrice principale, dei luoghi “invisibili” del Belpaese, della forza delle immagini e degli strumenti con cui si possono catturare e trasmettere le stesse. Con un pizzico di tenera ironia cinefila nel fatto che, in un film girato nel 2020, il telefono cellulare – prezioso strumento per la settima arte in diversi casi negli ultimi anni – sia già da considerarsi una specie di reliquia.
La recensione in breve
Samuele Sestieri firma con Lumina, sua opera seconda, un suggestivo, ipnotico, tenero inno al cinema, e nello specifico alla forza visiva ed emotiva delle immagini e al loro rapporto con l'amore.
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Voto CinemaSerieTV