Il film: L’uomo nel buio – Man in the Dark, 2021. Regia: Rodo Sayagues. Cast: Stephen Lang, Madelyn Grace, Brendan Sexton III. Genere: Thriller, horror. Durata: 99 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Apple Tv+.
Trama: Ancora una volta la casa del letale Norman Nordstrom diventa l’obiettivo di un gruppo di malintenzionati: il veterano cieco farà di tutto per proteggere sua figlia, la piccola Phoenix.
Se il primo Man in the Dark, uscito in sala nel 2016 per la regia di Fede Álvarez, ci aveva piacevolmente sorpreso, diventando uno dei nostri home invasion preferiti di sempre, lo stesso colpo di fulmine non lo abbiamo provato con il suo sequel, L’uomo nel buio – Man in the Dark, co-sceneggiato da Álvarez ma diretto da Rodo Sayagues. Questo seguito cerca di ripetere ciò che aveva fatto il successo del primo – ossia la formula del claustrofobico e tesissimo home invasion – trasformando in protagonista il villain del primo film, il veterano cieco interpretato da Stephen Lang. Se da una parte regala una buona dose di brividi, dall’altra però non colpisce per scrittura e per caratterizzazione dei personaggi (i “cattivi” questa volta sono decisamente meno interessanti).
Come vedremo in questa recensione de L’uomo nel buio – Man in the Dark, il film di Sayagues è stato comunque una visione interessante, da amanti del genere thriller/horror abbiamo apprezzato la sua capacità di mantenere sempre alta la tensione e dobbiamo ammettere che alcuni dei suoi colpi di scena proprio non ce li aspettavamo. Peccato per una trama a tratti un po’ lacunosa, soprattutto nella secondo metà nel film, e per un finale a dir poco prevedibile.
La trama: (ancora una volta) intrusi in casa
Dopo un breve incipit in cui vediamo una bambina scappare da un devastante incendio, ritroviamo il veterano cieco Norman Nordstrom (Stephen Lang), ora padre di una ragazzina preadolescente (la stessa dell’inizio), Phoenix (Madelyn Grace). L’uomo la sta crescendo tra rigidissime regole, educandola in casa e addestrandola il più possibile alla sopravvivenza: Norman vuole proteggerla a tutti i costi, convinto che fuori dalle mura domestiche si nascondano indicibili pericoli per la ragazzina.
Ed effettivamente, una sera, i suoi timori si dimostrano fondati, quando un gruppo di violenti malintenzionati si introduce in casa loro con l’obbiettivo di rapire Phoenix.
Quello che ovviamente non si aspettano è quanto filo da torcere i due gli daranno: Norman, pur essendo cieco, è un’ex soldato con tutti gli altri sensi affinatissimi, e conosce ogni palmo della sua casa; sua figlia, invece, è stata educata nell’arte di sopravvivere ed è capace di rendersi invisibile tra i meandri del fatiscente edificio. Salvarla però non sarà così semplice, e Norman dovrà addirittura allontanarsi dalla sicurezza della sua dimora e affrontare l’ignoto del “esterno”, ma per Phoenix è disposto a tutto.
Una sceneggiatura che non sempre convince
Come vi anticipavamo la trama di questo sequel non ci ha convinto del tutto, soprattutto nella seconda parte, quando esploriamo le ragioni dietro alle azioni dei “villain”: se da una parte il colpo di scena sulla loro identità ci ha sorpreso, dall’altra non vengono caratterizzati a sufficienza per giustificate le loro azioni e per risultare veramente interessanti.
La parte più convincente del film rimane la prima, che – anche se a prospettiva invertita – ricalca quanto avevamo già visto in quello precedente: un home invasion carichissimo di tensione che circoscrive l’azione tra le mura domestiche, sfruttando il carisma di un protagonista feroce e minaccioso pur nella sua disabilità. La seconda, in cui ci spostiamo fuori dalla casa risulta decisamente meno coinvolgente, perdendosi del tutto in un finale esageratamente prevedibile.
Stephen Lang vale la visione
È Stephen Lang, con la sua interpretazione più convincente che mai, a riscattare il film, e a impedire allo spettatore di abbandonare la visione. La scelta di incentrare su di lui tutto questo secondo capitolo è particolarmente azzeccata, il suo è il veterano cieco più spaventoso mai visto sul grande schermo e meritava senz’altro che la sua storia continuasse, renderlo il “buono” della situazione – dopo tutto ciò che ha combinato nel primo film – ci ha fatto però storcere un po’ il naso.
In questo secondo film il suo personaggio non intraprende infatti un percorso di redenzione – anche le circostanze in cui diventa “padre” sono discutibili – ma diventa una figura positiva solo perché si trova ad incontrare dei villain decisamente più abbietti di lui. Anche per questa ragione la sceneggiatura de L’uomo nel buio – Man in the Dark non ci ha colpito, perché non regala ai suoi personaggi – nemmeno a quello principale – lo spessore che meriterebbero, e non esplora mai veramente l’ambigua moralità che ne guida le azioni. Peccato perché l’idea di ribaltare la prospettiva inizialmente ci era sembrata veramente azzeccata, ma a nostro parere non è stata sviluppata nel modo migliore.
La recensione in breve
Il sequel del film di Fede Álvarez non ci ha convinto come il suo predecessore, la trama lacunosa e lo scarso approfondimento dei personaggi lo rendono decisamente meno coinvolgente. Peccato, perché lo spunto di partenza era decisamente interessante.
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