Il film: Lupin III – Prigioniero del passato, 2019. Regia di: Hatsuki Tsuji. Cast: Kan’ichi Kurita, Kiyoshi Kobayashi, Daisuke Namikawa, Miyuki Sawashiro, Kōichi Yamadera. Genere: Animazione, azione, commedia. Durata: 92 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Prime Video.
Trama: Il famigerato ladro Finnegan, una sorta di moderno Robin Hood, verrà presto giustiziato. Lupin III, una volta appresa la notizia, riunisce la sua storica squadra con l’obiettivo di liberare lo sventurato collega.
Lupin III – Prigioniero del passato è il ventisettesimo speciale televisivo anime dedicato al celeberrimo ladro gentiluomo, ideato dal geniale Monkey Punch, all’anagrafe Kazuhiko Katō, nell’ormai lontano 1967.
L’anime in esame è stato prodotto dall’immancabile TMS Entertainment, tra i massimi studi d’animazione giapponese nonché padre putativo dell’ormai storica prima stagione di Lupin III realizzata tra il 1971 e il 1972, praticamente diretta dalla coppia Hayao Miyazaki ed Isao Takahata (solamente i primi episodi furono diretti da Masaaki Ōsumi).
Come vedremo in questa recensione di Lupin III – Prigioniero del passato, il film è diretto dal mestierante Hatsuki Tsuji, attivo fin dagli anni Ottanta tra character design (High School! Kimengumi) e classiche regie (Un fiocco per sognare, un fiocco per cambiare).
La trama: tra evasioni spettacolari ed oscuri misteri
Tarda sera, in una zona non specificata dell’Hokkaido si trova un carcere di massima sicurezza; carcere situato a pochi metri dal mare. La serata sembra scorrere tranquilla ma improvvisamente suonano le sirene d’allarme. Lupin III ha appena attuato l’ennesima evasione della sua vita, aiutato da tutta la sua storica combriccola: Goemon Ishikawa, Daisuke Jigen e l’affascinante Fujiko Mine.
Neanche il tempo di godersi la nuova libertà che il noto ladro si è subito messo al lavoro; l’obiettivo è far evadere uno vecchio collega gentiluomo, tale Finnegan, nel braccio della morte.
Finnegan è ritenuto essere un moderno Robin Hood, in passato ha praticamente aiutato tantissimi ladri tra cui lo stesso Daisuke Jigen; inoltre è celebre per aver diviso, almeno così dicono, spesso il suo bottino con la povera gente; bottino sempre “prelevato” a ricchi politici.
Lupin e soci pertanto si recano sull’isola del Regno di Dorrente, zona dove si trova Finnegan. La situazione tuttavia non è semplice in quanto il campo di battaglia è assai intasato, tanti ladri di tutto il mondo si sono riuniti per far evadere l’amico, inoltre le forze di polizia locale sono assai agguerrite e dispongono di gadget tecnologici e spadaccini misteriosi.
Come se non bastasse Lupin e la sua banda dovranno vedersela con dei veri e propri twist inaspettati, laddove il tradimento è sempre dietro l’angolo.
Un atto d’amore al franchise
Lupin III – Prigioniero del passato, come vedremo nelle prossime righe, non è assolutamente esente da difetti, anzi: ad ogni modo l’incipit è meritevole d’attenzione e dimostra un certo attaccamento del regista verso il celeberrimo Lupin III.
L’evasione con cui si apre l’anime è da antonomasia, in pieno stile Monkey Punch; ritroviamo l’onnipresente “trasformismo” dove tutti sono Lupin e nessuno è Lupin, inoltre simbolico il ruolo della banda al completo laddove pure Fujiko si mette in gioco.
Ovviamente non manca poi il classico inseguimento attuato da Koichi Zenigata. Inseguimento scoppiettante, reso ancora più accattivante dalla macchina guidata dal nostro protagonista: l’Alfa Romeo 2300 Touring modello 1932, gialla sgargiante. Auto apparsa per la prima volta nella seconda stagione della serie televisiva del 1977.
Infine per confezionare il tutto in un inno al fan-service più puro e genuino, troviamo l’iconica canzone Rupan Sansei no Theme di Yūji Ōno, eseguita in una versione modernizzata e arricchita dal soave suono di un pianoforte.
Non è tutto oro quello che luccica
L’incipit sicuramente appagherà i fan più classici della serie. Incipit distinto tra l’altro da una regia molto ispirata di Hatsuki Tsuji, che inizia in medias res proponendoci un establishment shot sul mare; momento assai accattivante. Inquadratura d’ambientazione scandita da una carrellata verticale dal basso verso alto, atta a presentare il carcere in cui è rinchiuso Lupin. Pochi secondi e l’atmosfera è creata per poi essere volutamente disintegrata da un piglia-piglia generale e scoppiettante.
Dai primi minuti emerge anche uno stile visivo a tratti interessante, vicino ad un discreto grado di realismo mixato con uno stile pittorico denso e appariscente. Tuttavia con un po’ d’attenzione è possibile assistere ad un netto calo delle animazioni in presenza di un numero elevato di soggetti. Nello specifico, quando il regista ricorre a dei campi totali i volti dei personaggi in scena appaiono molto stilizzati e dal tratto poco curato; sembrano quasi realizzati con un veloce schizzo a matita. Stile che fortunatamente cambia nel momento in cui subentrano i più canonici primi piani o meno soggetti in campo. Detto questo, il contrasto è abbastanza evidente e poco armonioso.
Un altro aspetto criticabile è l’elevato spirito goliardico in alcuni frangenti, con situazioni troppo paradossali, da commedia nonsense, con personaggi alquanto fanciulleschi; personaggi lontani anni luce dalla versione matura e a tratti nichilista proposta da Miyazaki nel meraviglioso e poetico Lupin III – Il castello di Cagliostro.
Anche le ambientazioni sono poche e troppo monotone. Certo il carcere costruito sui piedi di una roccia, nell’enigmatico regno di Dorrente, è in parte suggestivo ma alla lunga lo scenario risulta povero d’inventiva.
Un ricco cast di personaggi
In precedenza si accennava ai troppi momenti goliardici, momenti che indirizzano il film verso lidi fanciulleschi. Tuttavia quei momenti sono pur sempre originali con il regista che presenta una marea di soggetti davvero bizzarri, al punto da rievocare vecchi classici nipponici e non.
Conosceremo Dinamite Joe, un moderno cowboy specializzato negli esplosivi; soggetto che sembra uscito da un film di Antonio Margheriti (il nome del personaggio forse è un omaggio). Abbiamo poi i fratelli Balmer, due cialtroni accompagnati da uno strano robot; qui il trio sembra quasi parodiare una serie di anime tipici della Tatsunoko Production.
Impossibile poi non citare il Barone Orellana, detto anche il brigante delle cento bestie. Un uomo mingherlino con una tutina animalesca assai aderente che porta sul volto un maschera in grado di cambiare aspetto istantaneamente, donandogli forse poteri strani. Qui i più navigati troveranno un parallelismo con Nanairo Kamen, uno dei primi tokusatsu (se interessai qui trovate uno speciale sul recente Kamen Rader Black Sun, presente su Prime Video).
Anche Zenigata si unisce al clan dei soggetti strambi e con un semplice filo di lana, unito a dei bottoni, riuscirà ad evadere da una cella sulla carta inespugnabile. Zenigata meglio MacGyver.
Onore tra ladri
Un ultimo aspetto interessante, se pur trattato in modo frettoloso e con estrema semplicità, riguarda un certo codice d’onore perpetuato da alcuni soggetti.
Nel film emerge una certa criticità verso l’egoismo contemporaneo, laddove di fronte ad una serie di benefit o tornaconti personali anche la persona più pura potrebbe tradire a più non posso i suoi ideali. Ma fortunatamente non sono tutti così; un misterioso spadaccino biondo con una bandana tra gli occhi, a metà tra Zorro e Gekkō Kamen, rimane ammaliato dalla maestria e dallo spirito di sacrificio Goemon; Goemon che non esita un secondo a mettere a forte rischio la sua vita pur di salvare Lupin, fino ad arrivare ad una serie di strampalati ladri che decidono di rinunciare ad un possibile ricco bottino pur di salvare un loro amico.
Tematiche universali che se proposte ad un pubblico giovane non possono che far bene.
Continuando sul versante tematico, il regista propone anche un certo sguardo sociale; frettolosamente cita il vero ruolo sociale della prigione, arrivando poi a presentare istituzioni corrotte dedite al traffico d’armi. Temi interessanti, se aggiunti anche alla critica della pena capitale citata ad inizio pellicola, ma presentati solo superficialmente.
Lupin III – Prigioniero del passato è un film abbastanza indirizzato verso target amante del franchise; con molti difetti ma alcuni spunti ragguardevoli. Comunque la visione scorre via piacevolmente.
La recensione in breve
Lupin III - Prigioniero del passato è il ventisettesimo speciale televisivo dedicato al celeberrimo ladro gentiluomo, ideato dal geniale Monkey Punch, all’anagrafe Kazuhiko Katō, nell’ormai lontano 1967.
Il film scorre via piacevolmente nonostante i tanti momenti un po' troppo sopra le righe; momenti assai fanciulleschi ed indirizzati ad un target di pubblico ben preciso. Ad ogni modo la visione scorre via piacevolmente.
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