Il film: Lupo vichingo (Vikingulven), 2022. Regia: Stig Svendsen. Cast: Liv Mjönes, Elli Rhiannon Müller Osborne, Arthur Hakalahti, Sjur Vatne Brean, Vidar Magnussen, Kasper Antonsen.
Genere: thriller, horror. Durata: 97 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix, in lingua originale.
Trama: La giovane Thale, appena arrivata in una piccola città, comincia a temere per la propria vita perché un misterioso animale sta massacrando i suoi coetanei…
Il sodalizio tra Netflix e il cinema nordico continua con un altro pezzo di cinema popolare norvegese, che arriva direttamente in streaming dopo essere uscito in sala in patria. Una situazione che fa sì che gran parte del pubblico non vedrà mai quelli che, a prescindere, sono i migliori venti secondi di qualunque film distribuito in Scandinavia dalla major SF Studios, ossia l’intro aziendale. Rimane tutto il resto, che è ciò di cui parliamo nella nostra recensione di Viking Wolf, descritto dagli esperti in materia come il primo film sui lupi mannari mai realizzato in Norvegia. Si tratta dell’opera quarta di Stig Svendsen, che torna all’horror più di dieci anni dopo Elevator, che faceva l’esercizio di genere con mezzi volutamente ridotti all’interno di un ascensore.
La trama: giovani norvegesi allupati
Il film è la storia di Thale, diciassettenne che si trasferisce in una piccola città a causa del lavoro della madre, poliziotta di origine svedese. Una situazione che già di suo non è particolarmente entusiasmante per la giovane, e che si farà ancora più complicata quando una misteriosa creatura comincia a fare stragi nella regione, prendendo di mira soprattutto i coetanei di Thale. Lei, unica testimone di una delle uccisioni, diventa un elemento-chiave dell’indagine delle forze dell’ordine. In teoria, si sta dando la caccia a un lupo, ma ci sono indizi che suggeriscono qualcosa di più sinistro: un licantropo, bestia il cui morbo si è sparso di generazione in generazione di vittima in vittima, a partire dal 1050 quando i vichinghi sono entrati in contatto con il primo esemplare.
Il cast: tale madre, Thale figlia
A livello recitativo l’operazione ruota soprattutto attorno al complicato rapporto tra madre e figlia. Nel primo caso si tratta di Liv Mjönes, attrice svedese che si è ripetutamente fatta apprezzare in patria e ha anche acquistato un certo profilo internazionale, seppure sempre in ambito nordico, recitando per Ari Aster in Midsommar nei panni di uno dei membri della comunità pagana visitata dai protagonisti americani. La giovane Thale è invece il primo ruolo da protagonista per Eli Rhiannon Müller Osborne, affermatasi in Norvegia negli ultimi anni con parti secondarie in progetti importanti come Utøya: July 22, sull’attentato del 2011, e Hope, basato sulle vere esperienze della regista Maria Sødahl (moglie del noto cineasta Hans Petter Moland, il cui alter ego sullo schermo aveva le fattezze del suo migliore amico Stellan Skarsgård). Insieme, le due attrici creano un legame solido che dà il giusto sostentamento alla componente drammatica della pellicola, al netto del “sabotaggio” effettuato dal marketing (che tratta l’identità del lupo con nonchalance, laddove il film stesso ci costruisce attorno un mistero).
Miti moderni
Si parla del lupo di Fenris in una sequenza a scuola, come se fosse l’equivalente nordico di una serie teen americana (o la versione cinematografica di uno show come Ragnarok, che trasformava in fantasy adolescenziale la mitologia norrena). Eppure, l’aspetto mitologico è quasi del tutto irrilevante ai fini di un film che intende soprattutto mostrare come il cinema norvegese sappia gestire la componente dell’effettistica per un lavoro incentrato sui licantropi, e da quel punto di vista, salvo alcune inquadrature dove la CGI vacilla un po’, il lavoro è impeccabile. Ma rimane il sospetto che, pur trattandosi di un progetto concepito per il grande schermo, ci fosse dietro un minimo di mentalità legata allo sfruttamento su piattaforma, poiché ci sono tutti gli elementi algoritmici che in teoria piacciono all’utente medio di Netflix: la premessa di genere, il fattore europeo/nordico, i volti giovani, tutti mischiati insieme in maniera convenzionale per divertire il minimo indispensabile. E così è, con poco impegno ma tanta passione, e la promessa di potenziali evoluzioni interessanti ora che il “lupo vichingo” è stato sdoganato come creatura da sfruttare sullo schermo.
La recensione in breve
La Norvegia produce il suo primo film sul tema dei licantropi, con una componente tecnica discreta e un impianto drammaturgico elementare.
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Voto CinemaSerieTV