Il film: Maria, 2024. Regia: Pablo Larraín. Cast: Angelina Jolie, Valeria Golino, Pierfrancesco Favino, Kodi Smit-McPhee, Alba Rohrwacher. Genere: Musicale, drammatico. Durata: 123 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Mostra del Cinema di Venezia, in anteprima stampa.
Trama: L’ultima settimana di vita di Maria Callas, tra immaginazione e ricordi e il commiato alla musica lirica.
A chi è consigliato? Agli amanti della filmografia di Pablo Larraín, in particolare a chi ha apprezzato Jackie e Spencer.
Larraín torna a incantare Venezia con l’ennesimo titolo dedicato ad una figura femminile straordinariamente emblematica, nel suo terzo film in un trittico dedicato a donne che hanno segnato lo storia: dopo Jackie e Spencer, l’autore chileno racconta Maria Callas. Il collegamento con le sue altre pellicole di maggior successo è evidente, e la biografia della Callas conclude al meglio questa “trilogia” non dichiarata. I temi degli altri due film riemergono in maniera più o meno preponderante nel corso della visione, sostenuti dalla splendida interpretazione di un’Angelina Jolie più in parte che mai. Come vedremo in questa recensione di Maria, in anteprima dalla Mostra del Cinema di Venezia 2024, la Callas di Larraín è forte e fragile, coraggiosa ed esausta, un personaggio arrivato alla fine del suo percorso esistenziale e finalmente pronto a ripercorrere con la memoria tutta la sua vita.
L’ultima settimana
La storia che Larraín sceglie di raccontare prende il via durante l’ultima settimana di vita della Callas, una settimana che serve all’artista per ripercorrere il suo vissuto ed accomiatarsi con chi l’ha accompagnata nella sua esistenza, con chi c’è ancora e con chi è già passato oltre. Nei giorni che precedono la sua scomparsa, che viene anticipata nei primi minuti della pellicola, veniamo accompagnati in un viaggio visionario tra ricordi, fantasie, sogni ad occhi aperti e conversazioni con personaggi immaginari. Sequenze ed immagini che ci permettono di scoprire Maria nella complessità delle sue emozioni più intime.
La musica lirica, ovviamente, è una presenza costante lungo tutta la narrazione, una seconda protagonista a fianco di Maria Callas, un’amica paziente che la segue nel corso delle sue ultime ore. È grazie alla propria voce che Maria ha raggiunto il successo più sfolgorante ma, come vediamo nei frammenti di storia che raccontano la sua infanzia ad Atene, è stata anche costretta alle bassezze più oscure. Questa dicotomia è spesso presente nel film e ci permette di apprezzare ancor di più la complessa caratterizzazione della protagonista.
Angelina Jolie è Maria Callas
A regalare un’anima così affascinante al film è sia la visionarietá del suo regista quanto l’interpretazione della sua protagonista, che da vita ad una Callas che per quanto non le assomigli particolarmente dal punto di vista fisico – allo stesso modo di Lady D e Jackie e le loro interpreti nelle opere precedenti di Larrain – ne incarna perfettamente la natura più intima e tormentata.
Angelina Jolie ci regala un’interpretazione davvero straordinaria, colpendo per l’intensità con cui porta sul grande schermo una Maria Callas eterea ed inaspettata, che scivola delicatamente tra le mura del suo appartamento e tra le strade di Parigi, insieme a ricordi del suo passato e a spiriti che solo lei è capace di evocare. Insieme a lei ci sono Ferruccio e Bruna (interpretati rispettivamente da Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino) maggiordomo e governante, amici, tuttofare e unico vero conforto in questo solitario periodo della sua vita. Il rapporto tra i tre è uno degli elementi più toccanti della narrazione, e il folle turbinio immaginifico della protagonista (che definisce il tono del film) viene stemperato nel modo migliore dalla loro solida presenza.
La trilogia di Larraín
Come dicevamo in apertura, Maria chiude un’ipotetica trilogia su tre figure femminili che hanno a loro modo segnato la storia del secolo scorso. Jackie, Spencer e Maria dialogano molto di più di quanto potrebbe inizialmente sembrare, tanto per le tematiche che trattano quanto per il linguaggio narrativo utilizzato. Jackie O. e Maria Callas si sfiorano in diverse occasioni della loro vita, Maria e Diana sono invece raccontate come incarnazioni di una tormentata Anna Bolena, figura storica tragica con cui le donne di Larraín hanno sempre qualcosa in comune.
Maria è la summa perfetta dei suoi due lavori più riusciti (e amati): il regista chileno fa ancora una volta quello che sa fare meglio, ossia esplorare la mente di figure femminili complesse, raccontandola con immagini di una potenza visiva impressionante. Sono tante le sequenze di Maria che ci hanno profondamente colpito, ma non possiamo che menzionare quella in cui per noi si riassume il cuore e l’estetica dell’intera pellicola. La Callas di Angelina Jolie cammina verso la tour Eiffel, con la musica lirica che ne accompagna ogni passo: “È la folla che si esibisce per me” dice, davanti ad un’orchestra composta dai passanti, che nella sua immaginazione si trasformano in uno spettacolare corteo. La musica è stata la colonna portante della sua esistenza, ha definito la sua anima, e il film è capace di mostrarcelo nella maniera più chiara ed evocativa possibile.
La recensione in breve
Maria è la summa perfetta della filmografia di Larraín, un ritratto femminile profondo e toccate, capace di trascinare lo spettatore in un viaggio visionario ed indimenticabile.
Pro
- L'interpretazione di Angelina Jolie
- La visionarietà di Larraín
- L'uso della musica lirica, che diventa un altro personaggio del film
- La splendida fotografia
Contro
- Certi passaggi della vità di Maria Callas sono un po' confusi e certi spettatori potrebbero storcere il naso
- Voto CinemaSerieTV