Il film: Napoli – New York, 2024. Regia: Gabriele Salvatores. Cast: Dea Lanzaro, Antonio Guerra, Pierfrancesco Favino, Anna Ammirati, Thomas Arana, Antonio Catania. Genere: drammatico, storico. Durata: 120 minuti. Dove l’abbiamo visto: al cinema, in anteprima stampa.
Trama: Celestina e Carmine fuggono da una Napoli devastata dalla guerra e si imbarcano come clandestini su una nave per andare a New York. Sarà l’inizio di una grande avventura.
A chi è consigliato? A chi ama le favole a lieto fine e a chi è convinto che la dignità di un essere umano debba essere preservata a ogni costo.
Non siamo certe che Napoli – New York rappresenti per Gabriele Salvatores la svolta di una poetica che dal viaggio come fuga approda al viaggio come, invece, riconoscimento felice di un’identità umana degna di amore e rispetto. C’è però in questo suo ultimo film una tenerezza forte che permea le sue sequenze e che lo trasforma in un racconto molto dolce. Come vedremo nella recensione di Napoli – New York, la storia di Celestina e Carmine è uguale a quella di tanti esseri umani che non cercano solo un futuro migliore e pane da mangiare tutti i giorni, ma di essere pienamente riconosciuti come tali.
C’era una volta a Napoli
Napoli, 1949. Un tonfo fa crollare una palazzina. Dalle macerie esce una bambina, Celestina, che da quel momento è davvero sola al mondo. Perde la zia, infatti, dopo aver già perso i genitori durante la guerra. E la sorella Agnese è a New York per realizzare il suo sogno d’amore. La piccola prova ad arrabattarsi come può, vendendo sigarette di contrabbando o facendo piccoli spettacoli per turisti americani affascinati da quella fauna selvaggia. Al suo fianco, l’amico di una vita, Carmine, uno scugnizzo che ama vivere per strada e godere di quella libertà che lo rende invulnerabile. Ma la fame è pesante per tutti. E così, i due si muovono, quasi attratti per magia, verso il transatlantico Victory, a caccia di un simpatico omone afroamericano (Omar Benson Miller) che deve a Carmine qualche soldo. Quando la nave parte, diretta verso la Grande Mela, Celestina e Carmine colgono l’opportunità al volo. Andranno a trovare Agnese. Ma non sarà così semplice. Non da clandestini. Fortuna che a vegliare su di loro sarà l’ufficiale di controllo, Domenico Garofalo.
Da Fellini ai giorni nostri
Leggerete spesso la parola fiaba in questo articolo e non solo perché è l’esatta cifra del tono narrativo del film, ma perché l’ideazione stessa di Napoli – New York è una favola. Il soggetto originario, firmato da Federico Fellini e Tullio Pinelli, sonnecchiava all’interno di un baule, poi è stato liberato dal produttore Arturo Paglia ed è arrivato fino a noi. Come rivelato dallo stesso Salvatores, alla prima parte (quella più riuscita) è rimasto molto fedele, impiegando anche dei dialoghi già scritti. La seconda, invece, ambientata a New York è stata del tutto rielaborata. Salvatores riesce a preservare la magia del cinema felliniano, con dei movimenti di macchina (soprattutto nel primo capitolo) che restituiscono tutta la morbidezza di un cinema che non vuole andare di corsa. E per farlo dà fondo anche all’immaginario collettivo che da anni celebra il matrimonio felice tra l’Italia e gli Stati Uniti, come C’era una volta in America e Il padrino.
Due teste, due cuori
Forse il problema sostanziale di Napoli – New York sono proprio queste due anime che non comunicano in maniera del tutto armonica. Questo è un film a due facce, più intensa e realistica la prima, con finestre che si spalancano su tragedie umane senza precedenti, concentrate in uno spazio-tempo simbolico che è quello della traversata in mare. La seconda più colorata, un pizzico più scontata a livello narrativo e appesantita da un’accumulazione di temi che non giova alla fruizione della storia. Il personaggio di Agnese, infatti, apre uno scenario politico legato al movimento dei diritti delle donne che poco c’entra con la narrazione e che porta con sé anche quello sull’invasività dei media. Argomenti nobilissimi, che però cozzano con il cuore del film che è soprattutto la (ri)nascita di una coppia ragazzini e la loro capacità di essere famiglia, accompagnati da due figure genitoriali, Garofalo e la moglie, che imparano via via a essere padre e madre (assolutamente in parte Pierfrancesco Favino e Anna Ammirati).
Una sfida da accettare
Al netto di questo, però, Napoli – New York è una favola e alle favole si concedono lussi che ad altro non concediamo. Accettiamo la magia, il colpo di scena repentino, l’emozione che scaturisce forte e limpida dal candore di due protagonisti pieni di bellezza, i bravissimi Dea Lanzaro e Antonio Guerra. Così, quando Celestina vede per la prima volta la Statua della Libertà e le sembra la madonna di Pompei sorridiamo con lei. E ci lasciamo volentieri far trasportare da quest’onda. E pure se Salvatores fa spesso e volentieri ricorso agli stereotipi, lo fa come contrappunto a una trama che è soprattutto racconto di formazione doloroso.
Nel film c’è tutto il repertorio delle storie legate alle migrazioni verso le Americhe. Per esempio, la nave che per mare porta esploratori, viaggiatori, sognatori. Proprio come il Rex di Amarcord (in fondo è Fellini che ha ideato tutto questo). Ci sono i clandestini. E i poveri, che sono forestieri ovunque, come gli italiani e gli afroamericani. E soprattutto c’è il cinema come salvezza. L’Italia ha lavato i panni sporchi al di fuori di una famiglia un po’ ottusa, regalando al mondo i capolavori indimenticabili del Neorealismo. Condensato nella sequenza più bella del film quella in cui Celestina rivede la sua Napoli al cinema e si rivede, felice che qualcuno abbia raccontato quella storia lì. Del resto New York è la città più cinematografica del mondo, che conosciamo, grazie ai film, anche se non ci siamo mai stati.
Napoli capitale
E se parliamo di cinema e di storie, Napoli ha lo stesso dono di New York. Basti vedere le discussione scaturite da quel poema che è Parthenope di Paolo Sorrentino. Ma se Parthenope ci offre un ritratto malinconico e poetico di una Napoli che come la sua protagonista è conscia della bellezza sfacciata che possiede, Napoli – New York ha una prosa più rassicurante, familiare, che a volte sembra la traslazione cinematografica delle canzoni della tradizione. Alla fine, Napoli – New York funziona perché di favole abbiamo bisogno, così di sublimare la tragedia in qualcosa che ci dia speranza. E tanto basta.
La recensione in breve
Diviso tra una prima parte più intensa e dolorosa e una seconda un po' più scontata, Napoli - New York ci dice che esiste sempre un luogo dov'è possibile ricominciare la propria vita, con toni a tratti sognanti.
Pro
- Due protagonisti naturalissimi, portentosi, come Dea Lanzaro e Antonio Guerra..
- La bravura di Gabriele Salvatores nel calibrare i toni.
Contro
- L'eccessivo ricorso agli stereotipi.
- Una certa ingenuità, soprattutto nella seconda parte, che a volte diventa superficialità.
- Voto CinemaSerieTV.it