Il film: Nasty, 2024. Regia: Tudor Giurgiu, Cristian Pascariu, Tudor D. Popescu. Genere: documentario biografico. Cast: Ilie Nastase, Ion Tiriac. Durata: 103 minuti. Dove l’abbiamo visto: alla Festa del Cinema di Roma.
Trama: Anno 1972. Una svolta nella carriera di Ilie Nastase: vinse gli US Open, raggiunse le finali di Wimbledon e Coppa Davis. Le sue vittorie, le sue controversie, il suo personaggio che sfida le norme del tennis e la sua influenza come icona.
A chi è consigliato: Agli amanti del tennis, agli appassionati del documentario sportivo, a chi cerca personaggi scomodi che rompono le regole.
Ottimo fiuto quello di Fandango che con il risveglio della passione degli italiani per il tennis dopo le vittorie di Jannik Sinner ha cominciato a produrre e distribuire documentari su questo sport: prima con Una squadra, che raccontava la vittoria italiana della Coppa Davis nel 1976, e poi con Nasty, che arriva alla Festa del Cinema di Roma dopo la proiezione speciale a Cannes, e racconta le imprese più o meno sportive di Ilie Năstase, il tennista che ha cambiato il modo in cui il pubblico ha cominciato a pensare al tennis.
Anno di grazia 1972
Nasty fa del 1972 l’anno attorno a cui ruota la vita del tennista, quando il mondo si accorse di lui per i suoi successi, come pure delle sue intemperanze caratteriali, nel bene – il modo giocoso e clownesco di vivere l’impegno sportivo – e nel male – la rabbia contro gli arbitri che lo rendeva spesso insopportabile.
Da quella stagione dorata, i tre registi Tudor Giurgiu, Cristian Pascariu e Tudor D. Popescu vanno indietro, parlando dell’infanzia e degli inizi, segnati fin da subito dal tennis praticato dal fratello maggiore, e avanti, raccontando la personalità di Năstase oltre il tennis e oltre la sua carriera, cercando di mostrarne il carattere a partire dalle sue stesse parole e da quelle del suo amico fraterno e mentore, Ion Tiriac, alternando materiale di repertorio e interviste a grandi tennisti di ogni epoca, giornalisti ed esperti.
Lo sport per damerini diventa spettacolo
Quello su cui pone più di tutto l’accento Nasty è la potenza di Năstase come tennista e personaggio, la capacità tecnica assoluta (di cui l’archivio ci mostra un mirabile repertorio) unita anche a un carattere fuori da ogni schema, il primo campione fuori dal mondo occidentale, il primo numero uno dell’era ATP, il primo a non pensare al campo da tennis come a un luogo aristocratico, fatto di convenzioni più che di regole, a come a un palcoscenico dove esibirsi per il gusto del pubblico.
Su un impianto classico, Giurgiu, Pascariu e Popescu (quest’ultimo anche magnifico montatore) traggono il meglio dai personaggi, o meglio tramutano immagini e parole reali in vere e proprie figure narrative che trascinano il pubblico, che sembrano quasi richiedere un film a sé, come John McEnroe erede del romeno, i duetti magnifici con Jimmy Connors, il compassato Arthur Ashe. E a conti fatti, il film riesce nel compito di rendere eccitante il materiale d’archivio e di “contenere” in meno di due ore una personalità debordante. Complimenti.
La recensione in breve
Classico nell'impianto, il documentario su Ilie Năstase è un film pieno di ritmo e vitalità, capace di raccontare un personaggio complesso ed eccentrico attraverso immagini e parole
Pro
- La capacità di cogliere carisma e limiti di un personaggio complesso ed eccitante
- Lo straordinario montaggio dei materiali d'archivio
- L'affresco di un mondo colto in un momento di passaggio attraverso l'uomo che quel passaggio facilitò
- Il lavoro sui personaggi e sul lato umano dello sport
Contro
- Se non amate il tennis, potreste annoiarvi. Ma forse no
- Voto CinemaSerieTV