Il film: Nezouh, 2022. Creata da: Soudade Kaadan. Cast: Samer al Masri, Kinda Alloush, Hala Zein. Genere: drammatico. Durata: 104 minuti. Dove l’abbiamo visto: in anteprima mondiale alla Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia, in lingua originale.
Trama: Mentre a Damasco divampa la guerra civile, una famiglia si ostina a rimanere nella zona assediata. Un giorno, una granata apre una voragine nel tetto dell’appartamento, e dopo qualche tempo un vicino cala una corda attraverso il buco. Da quel momento, gli equilibri familiari iniziano a cambiare: il padre, Motaz, è deciso a rimanere lì a ogni costo, ma la giovane protagonista Zeina e sua madre Hala iniziano un percorso di emancipazione che le porterà a mettere in discussione la sua scelta.
Dopo essersi aggiudicata nel 2018 il Leone d’Oro del Futuro con il suo film d’esordio The Day I Lost My Shadow, la regista siriana Soudade Kaadan torna alla Mostra Internazionale di arte cinematografica di Venezia con un nuovo, ambizioso lungometraggio che, oltre a raccontare il dramma della guerra e il suo devastante impatto sulla popolazione civile di Damasco, affronta il tema spinoso dell’emancipazione femminile nel mondo islamico. La regista sarà riuscita a confermarsi e a non tradire le aspettative? Scopriamolo nella nostra recensione di Nezouh.
La trama: un viaggio verso la libertà e l’emancipazione
Damasco, 2012. La guerra civile imperversa, e la città è ormai ridotta a un cumulo di macerie. Motaz, però, si ostina a rimanere nel suo appartamento con la moglie Hala e la figlia Zeina: è il miglior meccanico della città, continua a ripetersi – e non c’è cosa che non si possa riparare.
Quando però anche l’acqua inizia a mancare, e il generatore elettrico fatto in casa non entra in funzione, la situazione inizia a farsi preoccupante. Le voci si intensificano: il quartiere assediato potrà resistere ancora soltanto pochi giorni. Motaz si sforza in ogni modo di non far mancare nulla alla propria famiglia, ed esce per le vie desolate della città per portare alla moglie e alla figlia ogni tipo di bene di prima necessità. A modo suo è un padre buono e premuroso, ma non accetta l’idea di abbandonare la casa: la possibilità di diventare uno sfollato nullatenente lo spaventa, e va su tutte le furie ogni volta che Hala e Zeina anche solo accennano a questa soluzione.
Un giorno però, improvvisamente, tutto cambia: una bomba apre un grosso buco circolare nel soffitto della camera dal letto, e abbatte un muro laterale che dà sulla strada, lasciando relativamente intatto il resto dell’appartamento. Per Zeina e Hala, è l’inizio di un cammino verso l’emancipazione: mentre Motaz si sforza invano di ripristinare lo status quo coprendo con delle lenzuola l’interno della casa dagli sguardi dei passanti, il figlio 14enne dei vicini, Amer, cala una corda nella camera di Zeina, e la invita a raggiungerlo sul tetto di nascosto. Per Zeina si tratta di un grande passo: la giovane non è mai salita fin lì, e non conosce nulla del mondo esterno. Anche se non riescono a confessarselo per via della loro tenera età, l’attrazione tra i due ragazzini è immediata, e una sera Amar, appassionato di tecnologia, proietta sul tetto le immagini del mare, lasciando Zeina a bocca aperta: per la prima volta, il sogno della libertà e di una vita al di fuori delle mura domestiche si fa strada nel suo cuore. I due credono che nessuno li abbia visti, ma non sono sfuggiti allo sguardo benigno di Hala, che prudentemente decide di nascondere la cosa al marito.
La temporanea felicità dei due ragazzi, tuttavia, verrà presto interrotta dall’irrompere della dura realtà: quando al quartiere giunge l’ennesimo ultimatum Amar e la sua famiglia abbandonano la città, mentre Motaz rimane fermo sulle sue posizioni e proibisce alla moglie e alla figlia anche solo di menzionare l’idea della partenza.
A quel punto, però, Hala matura una decisione fino a quel momento impensata: dopo un acceso litigio con Motaz, prende con sé la figlia e si lascia alle spalle casa e marito, senza neppure bene conoscere la rotta e destinazione. Il loro sogno è quello di raggiungere il mare, ma abbandonare Damasco potrebbe essere molto più difficile del previsto…
Il racconto di “Nezouh”, in definitiva, segue un percorso lineare e talvolta fin troppo prevedibile, ma esprime comunque in maniera efficace l’importante messaggio che la regista vuole trasmetterci.
Cast e personaggi: tre performance solide e convincenti
La chiave di volta su cui poggia l’efficacia del lungometraggio è rappresentata dalle solide performance del suo cast.
A interpretare Zeina, la protagonista, è Hala Zein: la sua graduale evoluzione da semplice “figlia” a ragazza indipendente risulta naturale e convincente, e ci fa riflettere sulla condizione della donna nel mondo islamico senza mai cadere nella retorica, nel dramma e dei luoghi comuni.
Parimenti incisiva è pure l’interpretazione di Kinda Aloush, che dà vita alla figura materna di Hala con una prova attoriale che, nella prima metà del film, vive perlopiù di intensi sguardi e silenzi, per poi emergere in maniera ben più esplicita nella parte successiva. La performance più memorabile, tuttavia, è indubbiamente quella di Samir al Masri, attore già molto conosciuto nel panorama siriano, che qui è chiamato a interpretare il caparbio Motaz: il suo è un personaggio profondo e complesso, che consente al film di evitare la trappola del facile stereotipo.
Motaz è l’antagonista del racconto, ma non incarna affatto l’archetipo del padre-tiranno che ci aspetteremmo da questo genere di storia. Al contrario, è un uomo buono e premuroso, pronto a proteggere la sua famiglia anche a costo della vita. “Non vi mancherà mai niente – promette – finché ci sarò io”. Al tempo stesso, tuttavia, è un uomo caparbio, orgoglioso e conservatore, che non vuole mostrare debolezza, e cela le lacrime dietro l’improbabile pretesto dell’allergia. Ciò che lo porta in rotta di collisione con la figlia e la moglie non è un’indole crudele o dispotica, bensì la sua estrazione culturale, che lo rende incapace di ascoltare le opinioni di due donne che considera creature inermi da proteggere, anziché esseri umani suoi pari. Interpretando Motaz, l’attore alterna momenti affettuosi, drammatici e comici, risultando convincente in tutte e tre le vesti e sostenendo il peso della narrazione con grande autenticità.
Tra realismo e simbologia
Quella di Nezouh è una storia profondamente realistica, che fa dell’attenzione ai dettagli uno dei suoi maggiori punti di forza. Per ricostruire le vie di una Damasco assediata e semidistrutta, la regista ha vagliato dettagliatamente molte città prima di selezionare la città turca di Gaziantep, profondamente danneggiata e in macerie a causa dell’incuria dell’uomo. Il responsabile Ozman Oscan ha poi curato con estrema attenzione i dettagli del film, cercando di riprodurre con la massima fedeltà possibile i danni da deflagrazione, i tipi di esplosivo, le armi da fuoco e i costumi effettivamente utilizzati nel 2012. Tutto funziona alla perfezione, e il lungometraggio si erge a rappresentare una testimonianza di grande valore storico, oltre che – ovviamente – artistico, sul recente conflitto siriano.
Ciò nonostante, Nezouh non vive soltanto di scenografie ricostruite minuziosamente e di attenta cura dei particolari: andando al di là della prosaica verosimiglianza, Soudade Kaadan torna nuovamente – come già fatto in The day I lost my shadow – ad attingere al filone del realismo magico, non disdegnando un occasionale ricorso alla metafora e al simbolo. Lo stesso buco nel soffitto, del resto, è una chiara allegoria dell’emancipazione della donna, che vede irrompere nella propria oscura condizione di prigioniera la luce abbagliante del mondo esterno e della libertà. Per rimarcare il concetto, la regista sceglie di rappresentare l’esplosione della bomba come un’epifania mistica, che fa filtrare nell’appartamento un bagliore bianco quasi soprannaturale.
La simbologia si fa ancora più esplicita quando Motaz cerca invano di coprire ogni buco nelle pareti con teli colorati e lenzuola: “La nostra casa – geme disperato – è nuda, tutti la possono vedere!”. Del resto, come diceva il filosofo americano Karl Popper, una volta che una società chiusa si è trasformata in una società aperta la transizione è irreversibile. Da parte sua, il film non fa altro che dimostrarci come lo stesso principio possa anche trovare applicazione per una semplice famiglia.
Successivamente, dapprima Zeina e poi anche Hala iniziano a esplorare il mondo esterno, iniziando a lanciare sassi al di fuori della parete abbattuta: con un’immagine estremamente poetica, le pietre rimbalzano sul cielo, proprio come se fossero state lanciate sul pelo dell’acqua. Acqua che, a ben vedere, ricorre a più riprese nel corso del film e, con la sua scomparsa e la sua apparizione, sigilla proprio l’inizio e la fine del racconto: la scelta non è affatto casuale, dal momento che l’elemento idrico ha sempre rappresentato, fin dalla più remota antichità, il simbolo naturale della femminilità.
Come se non bastasse, dopo essersi tuffata nel buco sul tetto del suo appartamento, Zeina si ritrova a fluttuare per alcuni secondi nel cielo stellato: si tratta di una sequenza magica ed evocativa che, anche in questo caso, riassume in pochi fotogrammi l’idea della conquista della libertà e dell’emancipazione.
Ma cosa significa il titolo?
In arabo, il termine “nezouh” che dà il titolo al film esprime il concetto di spostamento e, per estensione, cambiamento. A livello semantico, si tratta di una parola che ha un triplice ambito di applicazione: può trattarsi di un movimento fisico, compiuto da singoli individui, ma anche dello spostamento metafisico delle anime, nonché del fluire dell’acqua. Il concetto ci viene spiegato nella prima inquadratura, che fotografa la voce del glossario arabo.
A ben vedere, il film parla di tutti e tre i fenomeni.
A livello narrativo, il tema centrale è il dilemma dello “spostarsi” e “partire”, lasciandosi alle spalle la propria casa e la propria vita per diventare degli sfollati.
Al tempo stesso, il più importante spostamento è quello che viene compiuto della giovane Zeina e da sua madre Hala ha una natura interiore, legata alla loro anima e alla loro natura più intima: si tratta del difficile viaggio verso l’emancipazione e l’affrancamento, che le porta a prendere iniziative fino a quel momento impensabili.
Sul piano simbolico, infine, il film racconta anche la storia di un viaggio anche di un viaggio fisico e metaforico verso l’acqua del mare, simbolo della libertà e della speranza di un nuovo inizio.
La recensione in breve
Nezouh racconta una storia di riscatto ed emancipazione nel bel mezzo del conflitto siriano, e riesce a farlo con la giusta autenticità e leggerezza, dando vita a una storia convincente e autentica, capace di sfuggire agli stereotipi e alle derive eccessivamente drammatiche.
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Voto CinemaSerieTV