Il film: Nuovo Olimpo, 2023. Regia: Ferzan Ozpetek. Cast: Damiano Gavino, Andrea Di Luigi, Luisa Ranieri, Greta Scarano, Aurora Giovinazzo. Genere: Drammatico, Sentimentale. Durata: 112 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Festa del Cinema di Roma, in anteprima stampa.
Trama: Nella Roma degli anni 70, due giovani venticinquenni si incontrano per caso e finiscono per innamorarsi, per poi perdersi e ritrovarsi dopo 30 anni.
In occasione della sua presentazione alla Festa del Cinema di Roma 2023, abbiamo visto in anteprima Nuovo Olimpo, attesissimo lungometraggio diretto da Ferzan Ozpetek che presto debutterà in esclusiva su Netflix da mercoledì 1 novembre. Un passaggio, quello sulla popolare piattaforma di streaming per il regista turco naturalizzato italiano, che segna un curioso punto di svolta nella sua carriera dietro la macchina da presa; difatti, nonostante molte incertezze artistiche, Nuovo Olimpo può essere considerato forse il lungometraggio quintessenziale del cineasta celebre per film come Le fate ignoranti e La finestra di fronte.
Nella nostra recensione di Nuovo Olimpo, vi spiegheremo in dettaglio i punti di forza e di debolezza del primo Ozpetek targato Netflix, soffermandoci sulle intenzioni artistiche di una love story cinematografica dalle grandi potenzialità drammaturgiche, sprecate e maltrattate però da un terzo atto svogliato e a tratti parodistico. Un peccato, nonostante tutto.
La trama: amori proibiti in una sala cinematografica
Siamo alla fine degli anni ’70. I nostri due protagonisti sono liberi, bellissimi e hanno entrambi appena compiuto 25 anni: Enea (Damiano Gavino) si imbatte per caso nello schivo e timidissimo Pietro (Andrea Di Luigi) durante una proiezione cinematografica al Nuovo Olimpo, e si innamorano senza possibilità di scampo. Dopo qualche tempo (e molta passione consumata in gran segreto) succede qualcosa, però, che inaspettatamente li costringe a separarsi. Per tutti i successivi 30 anni, i due si rifaranno una vita, realizzeranno i propri sogni ma continueranno a inseguire la speranza di potersi ritrovare per continuare ad amarsi come hanno sempre fatto.
Dalla oscura e fumosa sala di un cinema d’essai romano del 1979 ha inizio Nuovo Olimpo, esordio firmato Netflix per il regista Ferzan Ozpetek, che da un aneddoto autobiografico veramente accadutogli proprio in quel lontano decennio costruisce una nuova storia d’amore cinematografico nel senso più filologico del termine. Perché la tormentata love story tra i giovani Enea e Pietro ha inizio proprio all’interno di un cinema, luogo i cui confini spazio-temporali si fanno labili, custodi di desideri, passioni segrete ed amori consumati timidamente nei bagni del cinema romano in cui tutto è possibile, anche che nasca un sentimento destinato a perdurare negli anni a venire, Come solo sul grande schermo di una sala cinematografica può avvenire, o nella fervida immaginazione di un talentoso regista.
L’omaggio di Ozpetek a Fellini
Nuovo Olimpo funziona, solo parzialmente, a partire da una data, un omaggio ed una predestinazione. 1 novembre 1993, il regista italiano di culto Federico Fellini muore dopo una breve agonia, lasciando orfano il mondo della settima arte ed una schiera di generazioni di cineasti debitori alla sua innovazione artistica e alle sue intuizioni narrative senza precedenti. Non è dunque un caso che Nuovo Olimpo debutti su Netflix il 1 novembre 2023, a trenta anni esatti dalla tragica scomparsa di Fellini, regista e sceneggiatore che nei decenni passati ha plasmato a suo piacimento l’idea che l’Italia ed il mondo ha delle contraddizioni della città di Roma. Suggestioni e slanci cinematografici che del resto Ferzan Ozpetek non ha mai nascosto di ammirare a modo suo, anche nei suoi precedenti lavori romani.
La storia d’amore pluridecennale di Enea e Pietro è, tutto sommato, un omaggio personale non solo a quel fugace ma vivifico incontro in una sala cinematografica turca negli anni ’70 (che forse, ha contribuito a plasmare la passione di Ozpetek per la regia), ma anche ad uno dei cineasti più influenti di sempre, fantasma di ispirazione imprescindibile per tutti coloro che, approdando nella città capitolina, si accingono a raccontarne storie d’amore proibite e controriformiste, taboo sociali e culturali per cui la nostra nazione non era ancora pronta. Il linguaggio dietro la macchina da presa e la poetica di Fellini non è di certo quella di Ozpetek, eppure il grande maestro romagnolo è presenza fantasmatica in tutto Nuovo Olimpo: nei manifesti all’interno della sala d’attesa del cinema romano, sul grande schermo in compagnia di Giulietta Masina ed Anna Magnani in “Nella città, l’inferno” (una moglie e musa di Fellini, l’altra che ha chiuso le sua carriera da attrice proprio con “Roma”, del regista premio Oscar), nella carriera da regista che intraprenderà il personaggio di Enea, avviluppato eternamente a quei film, a quel cinema, a quei baci rubati assieme al timido Pietro.
Nuovo Olimpo è una parodia di se stesso?
Uno spettro, quello di Fellini aleggiante nel corso di tutto il film, che si manifesta anche nel parossistico personaggio di Titti, interpretato da un’irriconoscibile Luisa Ranieri. Cassiera del cinema Nuovo Olimpo, è una donna di mezza età illusa e disillusa dalla vita, talmente appassionata di Mina da essere riuscita a vestire e truccarsi come la celeberrima cantante italiane (che qui veramente, per la seconda volta dopo la serie remake “Le fate ignoranti”, firma la canzone originale di un film di Ferzan); una creatura cinematografica che narrativamente ripercorre tappe già affrontate da altri personaggi della carriera di Ozpetek, ma che sembra al contempo omaggiare le migliori eccentricità femminili portate sul grande schermo da Federico Fellini.
Idee e sprazzi genuini di buon cinema affossati però da un’esile struttura narrativa che perde colpi e respiro già a partire dalla sua metà, quando i salti temporali verso il futuro e l’età adulta dei due protagonisti non lascia più scampo alla messa in scena di un’involontaria commedia degli equivoci a livelli di parodia di se stessa. Un dramma ed un amore pluridecennale, quello condiviso da Enea e Pietro, ridotto a racconto per grande schermo melodrammatico ed artificioso, improbabile e privo di quel mordente che pure era riuscito ad agganciarci nel notevole e rinfrescante incipit. In definitiva, un’avventura Netflix (quella di Ozpetek), riuscita solo a metà.
La recensione in breve
L'ultimo film di Ferzan Ozpetek parte da un assunto e da una dinamica spazio-temporale accattivante: la sala cinematografica come luogo/contentitore di una storia d'amore proibita scritta nelle stelle e nel destino dei suoi due reticenti protagonisti. Peccato però che il regista alla fine si perda fin troppo nelle sue ossessioni e nei suoi elementi riconoscibili, perché sembra di assistere più ad una parodia di Ozpetek che ad una sua genuina creazione cinematografica.
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