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Home » Film » Recensioni film » Oltre il muro, recensione: quando anche la pietà è un crimine

Oltre il muro, recensione: quando anche la pietà è un crimine

La recensione di Oltre il muro, film 2022 di Vahid Jalilvand che torna con la storia di un cieco e di una fuggitiva braccata dalla polizia.
Paolo RiberiDi Paolo Riberi9 Settembre 20228 min lettura
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Beyond the wall
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Il film: Oltre il muro – Šab, dākheli, divār, 2022. Regia di: Vahid Jalilvand. Cast: Navid Mohammadzadeh, Diana Habibi, Amir Aghaee, Saeed Dakh, Danial Kheirikhah, Alireza Kamali. Genere: drammatico, thriller. Durata: 126 minuti. Dove l’abbiamo visto: in anteprima mondiale alla Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia, in lingua originale.

Trama: Ali, un uomo cieco, sta cercando di togliersi la vita quando il tentativo di suicidio viene interrotto dal custode del palazzo in cui vive. L’uomo lo avvisa che la polizia del regime iraniano sta dando la caccia una donna, avvistata pochi minuti prima nei paraggi del condominio: seguendo gli indizi, Ali scopre che la ricercata, Leila, si nasconde proprio nel suo appartamento, e viene a sapere che è ricercata per la morte di un agente. Alì proverà a darle ospitalità, ma la morsa della polizia si farà sempre più stretta.


Dopo essersi aggiudicato il premio per il miglior regista nella categoria “Orizzonti” nel 2017, il promettente regista iraniano Vahid Jalilvand torna alla Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia con un nuovo lungometraggio all’insegna del dramma e della denuncia politica, questa volta in concorso per il Leone d’Oro nella categoria principale. Com’è andata? Ecco la recensione di Oltre il muro – Šab, dākheli, divār.

La trama: un dramma intenso, animato da molti colpi di scena

Beyond the wall - Ali
Alì è un uomo disperato: anche gli ultimi barlumi della sua vista si stanno ormai spegnendo, e l’uomo decide di farla finita una volta per tutte, prima che il buio divori ogni cosa. Proprio mentre è in procinto di suicidarsi, però, qualcuno bussa alla sua porta: è il custode del condominio, che lo informa del fatto che la polizia iraniana sta cercando una donna all’interno dello stabile.

Poco dopo, l’irritante amministratore del condominio accompagna un agente privo di mandato all’interno dell’appartamento: la donna – spiegano i due – è ricercata per la morte di un agente, e Alì dovrà riferire al più presto ogni possibile avvistamento. La perquisizione non dà frutti, ma Alì intuisce che la sventurata fuggitiva si nasconde proprio tra le mura del suo alloggio e, mosso a pietà, le offre ospitalità, cibo e protezione dopo che le forze dell’ordine se ne sono andate.

Nel frattempo, il cellulare della donna si scarica definitivamente, ma negli ultimi istanti di funzionamento Alì riesca a parlare brevemente con la sua amica Nasrin, e a intuire che il figlio della fuggitiva è in salvo a casa sua.

A quel punto la donna, di nome Leila, ripercorre la propria storia: il giorno prima si era recata insieme al bambino a una manifestazione di protesta dopo essere rimasta per quattro mesi consecutivi senza stipendio, ma, dopo aver perso di vista il ragazzo nella folla in tumulto, era stata arrestata dalla polizia. Trascinata a bordo della camionetta, aveva tentato invano di raggiungere il figlio, ma l’agente glielo aveva brutalmente impedito, facendole insorgere un attacco epilettico. La reazione adirata degli altri arrestati aveva causato una colluttazione, culminata in un incidente stradale e nella morte accidentale del poliziotto.

Leila, insomma, non ha certo ucciso nessuno, ma per la polizia iraniana la questione non ha importanza: la donna deve essere individuata, catturata e punita ad ogni costo.

Nel frattempo, in tutto il quartiere cominciano a riecheggiare, con l’altoparlante, notizie discordanti sulla sorte di suo figlio: il bambino è realmente in salvo o è ancora disperso? Alì non ha il telefono né la televisione, e senza il cellulare di Leila né contatti con l’esterno, non c’è alcun modo di saperlo per certo.

La polizia iraniana ricorre a ogni strumento per far cedere Leila dal punto di vista psicologico e, con i suoi continui controlli, rende la vita di Alì un inferno, senza il minimo riguardo per la sua cecità e la sua sofferenza. Inoltre, come se non bastasse, i due sembrano avere il tempo contato: senza assumere le sue medicine, la donna potrebbe accusare un nuovo attacco epilettico da un momento all’altro.

Nel frattempo, già da qualche tempo, alla posta dell’appartamento continuano a comparire misteriose lettere anonime di ringraziamento, che con il progredire del racconto faranno emergere un segreto ormai dimenticato sul passato del protagonista…

Una sceneggiatura irregolare e asimmetrica

Beyond the wall - AlìSenza addentrarci ulteriormente nella trama per evitare anticipazioni, evidenziamo come quella di Oltre il muro si riveli essere una sceneggiatura irregolare e asimmetrica, che richiede allo spettatore di esplorare la vicenda e proseguire la visione senza limitarsi al primo impatto.

Nella parte iniziale, infatti, il film si concentra in maniera quasi esclusiva sul dramma e sulla denuncia politica, mentre è solo nel secondo atto che finalmente la tensione drammatica si attenua e cede il passo a una narrazione più organica, articolata su due linee temporali: quella ambientata nel passato, interamente dedicata alle disavventure di Leila, e quella presente, che segue invece le peripezie dei due inquilini dell’appartamento, braccati senza sosta dalla polizia.

La parte più efficace del racconto – che ci spinge a consigliare la visione del film, al netto dei suoi difetti formali – è però il terzo e ultimo atto, durante il quale si susseguono senza soluzione di continuità rivelazioni, scoperte e colpi di scena particolarmente ben riusciti, capaci di sconvolgere tutto ciò che si è visto fino a quel punto e di rivoluzionare drasticamente la prospettiva dello spettatore.

La regia di Jalilvand, tra claustrofobia e allusione

Vahid JalilvandOltre il muro è un film volutamente claustrofobico e soffocante, che ci trasmette l’impressione di essere rinchiusi insieme ad Alì e Leila nel grigiore e nell’oscurità di uno squallido appartamento iraniano di periferia. Dopo una magistrale sequenza iniziale dedicata al disperato tentativo di suicidio del protagonista, la regia di Jalilvand si fa decisamente più statica e convenzionale, e utilizza una fotografia cupa e opaca per trasmetterci tutto il senso di oppressione che i protagonisti sperimentano durante la loro convivenza forzata nell’alloggio di Alì. Al tempo stesso, il regista si rivela molto attento nel gettare alcuni semi e indizi visivi da cui scaturiranno i sorprendenti colpi di scena dell’atto finale, e arricchisce di indizi e allusioni le scene della prima e della seconda parte del film. Purtroppo l’eccessiva concentrazione narrativa dell’atto finale non giova alla risoluzione del racconto, che risulta comunque molto efficace ed accattivante.

Il cast: due ottime interpretazioni sorreggono la narrazione

Beyond the wall CASTA sorreggere il primo atto del racconto, forse eccessivamente prolisso e drammatico, sono però soprattutto le due ottime performance degli interpreti di Alì (Navid Mohammadzadeh) e Leila (Diana Habibi), che si esibiscono in un’autentica pièce teatrale, contraddistinta da una forte unità di spazio e di tempo. La loro recitazione è intensa e viscerale, in piena linea con il messaggio di denuncia politica lanciato dal regista, e non cade quasi mai nel patetico, riuscendo a mantenere intatto il processo di empatia e immedesimazione dello spettatore nei due personaggi.

Navid Mohammadzadeh – già protagonista del precedente No Date, No Signature, premiato a Venezia nel 2017 – fa un ottimo lavoro nel farci comprendere e sperimentare le mille difficoltà quotidiane che vengono sperimentate da un individuo non vedente, facendoci capire come, in un paese come l’Iran, la cecità possa rappresentare un ostacolo ancor più pesante e gravoso rispetto a quanto già accade nel mondo occidentale.

Dal punto di vista narrativo, una volta superati i lunghi silenzi e le (troppe) urla angosciose del primo atto, anche il cambio di passo della sceneggiatura agevola il compito dei due attori, che nel prosieguo del lungometraggio vengono lasciati liberi di delineare in maniera molto più autentica e tridimensionale i propri personaggi, fino a renderli realmente vividi e naturali.

Il volto oscuro del regime iraniano

Beyond the wallDurante l’intera visione, lo spettatore sperimenta l’angosciante sensazione che l’appartamento sia in qualche modo monitorato da occhi invisibili. I due protagonisti vivono per tutto il lungometraggio nella paura e nel silenzio, costantemente minacciati da spie e telecamere. L’obiettivo del regista è quello di tracciare un netto parallelismo tra la situazione dell’Iran contemporaneo e il totalitarismo del Grande Fratello descritto da George Orwell nel suo celebre romanzo “1984”: anche dietro la maschera di ordine e civiltà indossata dall’agente che arresta Leila nel corso del flashback, si nasconde la brutalità del regime degli ayatollah persiani. Durante l’intera vicenda, la polizia non interrompe mai le sue ricerche né dà alcun segno di umanità, ma continua la sua crudele e ossessiva caccia all’uomo ricorrendo anche alle tattiche psicologiche più feroci e spietate.

La ricerca della donna ha ormai trasceso le proprie cause iniziali, e si trasforma in un gigantesco effetto domino che sembra non potersi più arrestare in alcun modo. La colpa – osserva l’agente di polizia nel corso del flashback – resta in capo a Leila, che ha osato protestare contro il mancato pagamento dello stipendio, e ha avuto l’ardire di portare con sé un figlio minorenne: poco importa se i lavoratori effettivamente non vedono soldi da ormai quattro mesi, e se la donna non ha più i genitori né il marito, ed è costretta a portare con sé il figlio per assenza di alternative da parte del sistema socioassistenziale dell’Iran.

L’unica condotta ammissibile nella Persia di oggi – sembra suggerirci il regista – è rimanere “al di qua del muro”: passivi, in silenzio e nel buio, senza mai protestare.

La recensione in breve

6.5 Imprevedibile

Dopo un inizio prolisso ed eccessivamente drammatico, Oltre il muro ci offre un ritratto vivido e incisivo della brutalità del regime iraniano, portando lo spettatore a identificarsi nelle disavventure di Alì e Leila. Risulta particolarmente efficace il terzo e ultimo atto del lungometraggio, che rivoluziona il racconto con una rapida successione di rivelazioni e colpi di scena.

  • Voto CinemaSerieTv 6.5
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