La serie: Painkiller, 2023. Creata da: Micah Fitzerman-Blue, Noah Harpster. Cast: Matthew Broderick, Uzo Aduba, Taylor Kitsch, Clark Gregg. Genere: Drammatico. Durata: 6 episodi/45 minuti circa. Dove l’abbiamo vista: Su Netflix, in anteprima.
Trama: Painkiller racconta le cause e le conseguenze dell’epidemia di oppiacei in America a partire dagli anni ’80, segue i responsabili, le vittime e la persona che per prima ha indagato per scoprire la verità.
Nel 2021 ci aveva provato a raccontarla l’ottima miniserie Hulu intitolata Dopesick – Dichiarazione di dipendenza, poi l’anno successivo il documentario Tutta la bellezza e il dolore di Laura Poitras ne ha scandagliato le conseguenze inaspettate vincendo il Leone d’Oro alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Stiamo parlando della terribile epidemia di dipendenza da ossicodone, un potentissimo antidolorifico messo in commercio in America da Purdue Pharma a partire dagli anni ’80, e che negli anni successivi ha generato una scia di dipendenza compulsiva e di morti semplicemente impressionante.
A partire da giovedì 10 agosto arriva su Netflix la miniserie Painkiller con Matthew Broderick e Uzo Aduba, che racconta ancora una volta i retroscena e le pagine più nere della creazione dell’infausto farmaco OxyContin e delle sue nefaste conseguenze. Nella nostra recensione di Painkiller ci soffermeremo non soltanto sulla trama ma anche sulle intenzioni e le ambizioni di questo nuovo prodotto firmato Netflix che di sicuro catturerà la vostra attenzione.
La trama: un mondo senza dolore
Quando la potente azienda farmaceutica statunitense Purdue Pharma decide di mettere in commercio il rivoluzionario antidolorifico OxyContin, sarà l’inizio di una delle più gravi ed inaspettate epidemie da oppioidi mai registrata nella storia dell’umanità contemporanea. Painkiller, miniserie in sei episodi che ne illustra le origini, la creazione e le scioccanti conseguenze, racconta la vittime e i personaggi reali coinvolti con tatto e chiarezza, portando su Netflix uno spaccato avvincente di una storia di dipendenza da farmaci che buona parte di noi non conosceva a menadito.
Debutterà giovedì 10 agosto su Netflix Painkiller, miniserie suddivisa in sei episodi creata in tandem da Micah Fitzerman-Blue e Noah Harpster e diretta interamente da Peter Berg. Una squadra artistica che ha scelto di seguire i passi contenutistici e di target di altri due prodotti multimediali che proprio negli ultimi anni avevano già affrontato luci ed ombre della terribile epidemia da oppioidi generata dall’ossicodone: la miniserie Dopesick – Dichiarazione di dipendenza (con Michael Keaton, la trovate attualmente su Disney+) e il film-documentario Tutta la bellezza e il dolore, trionfatore a Venezia 79 con il prestigioso Leone d’Oro.
Una storia che andava raccontata
Quella che Painkiller racconta con minuzia di particolari è non solo ispirata nella sua gran parte in quella che già vi anticipavamo sopra è triste cronaca vera, ma è anche farina nel sacco di Fitzerman-Blue di Harpster, i due showrunner che hanno adattato le pagine del libro “Pain Killer” di Barry Meier e l’articolo del New Yorker Times dal titolo “The Family That Built The Empire of Pain”. E difatti, la miniserie firmata Netflix concentra buona parte della sua forza narrativa e dei suoi contenuti nel raccontare in dettaglio le vicissitudini di potere della potentissima e controversa famiglia Sackler, il cui patriarca e decano Arthur (Clark Gregg) fu l’uomo dietro all’inaspettato successo del Valium.
Un’eredità spirituale e farmaceutica che, alla morte di Arthur, passa all’enigmatico e machiavellico nipote Richard Sackler (Matthew Broderick), la mente dietro alla controversa decisione di prendere l’oppioide ossicodone e di distillarne un potentissimo antidolorifico che avrebbe cessato una volta per tutte di mettere al centro della sintomatologia comune dell’essere umano il dolore. Peccato che il farmaco OxyContin diede progressivamente e sempre più indiscriminatamente inizio prima ad una silenziosa epidemia di veri e propri dipendenti dagli effetti del medicinale, poi ad una dilagante crisi a livello nazionale che nel corso degli anni causò anche morti tragiche e dolorose per le famiglie coinvolte. Una storia necessaria che di certo meritava di essere raccontata ancora una volta.
Tutti contro Big Pharma
Certo, Painkiller soffre per essere arrivata sulla piattaforma di streaming un po’ troppo in ritardo rispetto a prodotti dedicati allo stesso tema come quelli sopracitati, eppure la miniserie Netflix creata da Micah Fitzerman-Blue e Noah Harpster e diretta da Peter Berg ha dalla sua un vantaggio: di certo ben più accessibile e “romanzata” rispetto al linguaggio asciutto e tagliente proprio del cinema documentario di Tutta la bellezza e il dolore e molto meno dolorosa e scioccante rispetto alla notevole Dopesick – Dichiarazione di dipendenza, Painkiller è una serie televisiva democratica ed ecumenica, che racconta inizio e termine, luci ed ombre, protagonisti e vittime di una delle più spaventose epidemie da dipendenza da oppiacei mai registrate nella storia occidentale di sempre.
Merito della sceneggiatura chiara, funzionale e senza troppe pretese del duo di showrunner e del cast degli attori che danno un volto alle pedine di Painkiller; su tutti, un inedito Matthew Broderick nei panni del gelido e calcolatore Richard Sackler di Purdue Pharma, e di Uzo Abuda in quelli di Edie Flowers, un’investigatrice dell’ufficio del procuratore federale statunitense in primissima linea nella lotta contro le illegalità della potente azienda farmaceutica dietro al rilascio dell’OxyContin. Elementi fondanti di un racconto squisitamente corale che tiene praticamente incollati al piccolo schermo per tutta la sua durate di sei episodi.
Una miniserie fuori tempo massimo?
Un punto a favore, quindi, per Painkiller rispetto ai progetti “parenti” con cui dovrà confontarsi necessariamente al momento del suo rilascio giovedì 10 agosto su Netflix. Eppure il confronto inevitabile ci ha posto davanti ad un quesito: che la miniseire di Fitzerman-Blue e Harpster sia tutto sommato fuori tempo massimo? Priva dell’elemento emotivo e provocatorio che aveva fatto la fortuna (e svariati premi) di Dopesick con Michael Keaton e del lirismo del documentario di Laura Poitras, Painkiller svolge alla fine della fiera il suo compitino di adattamento del libro e dell’articolo di inchiesta già citati precedentemente con mestiere, senza particolari guizzi artistici o complicazioni narrative.
Un prodotto che sembra costruito più per soddisfare un pubblico di utenti, quello di Netflix in special modo, sempre più algoritmico e assoggettato alle preferenze di visione con suggerimento. Qui però, paradossalmente, sta la forza di Painkiller: rivolgersi con un linguaggio televisivo semplice ed appassionante al maggior numero di utenti internazionali della piattaforma, che magari della terribile storia dietro all’antidolorifico OxyContin non erano nemmeno a conoscenza.
La recensione in breve
La miniserie targata Netflix con Matthew Broderick e Uzo Aduba racconta nascita e conseguenze di una delle creazioni farmaceutiche più controverse di tutti i tempi: l'OxyContin, antidolorifico che a partire dagli anni '80 generò un'epidemia da dipendenza senza precedenti. Serie ordinaria e senza particolari guizzi, se non spesso derivativa, riesce però a raccontare con chiarezza cosa accadde in Usa in quegli anni.
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