Il film: Pearl, del 2022. Regia di Ti West. Cast: Mia Goth, David Corenswet, Tandi Wright, Matthew Sunderland, Emma Jenkins-Purro.
Genere: horror. Durata: 102 minuti. Dove lo abbiamo visto: alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in lingua originale.
Trama: Nel 1918, nel Texas, la giovane Pearl sogna di fare la ballerina, lasciandosi alle spalle la vita nella fattoria di famiglia. Ma le condizioni di salute del padre e il comportamento crudele della madre la spingono sempre di più verso la follia…
Correva l’anno 2021, e durante la lavorazione del film X, uno slasher ambientato nel Texas degli anni Settanta, il regista Ti West convince lo studio A24 a finanziargli direttamente il prequel, scritto sul set del capostipite e girato subito dopo, creando un nuovo franchise horror a tema cinefilo (ogni capitolo – il terzo è già allo stadio embrionale – sarà legato a un diverso filone storico della settima arte in salsa americana).
Ed ecco, a pochi mesi dal debutto del primo film, presentato al South by Southwest e poi uscito in sala, il prequel è già pronto (negli Stati Uniti il teaser fungeva da post-credits al termine del prototipo), con anteprima mondiale alla Mostra di Venezia come evento di mezzanotte. E quindi ne parliamo in questa recensione di Pearl.
La trama: lavato con Pearlana
Siamo sempre nel Texas, ma nel 1918, ossia 61 anni prima degli eventi di X. Pearl è ancora giovane e (relativamente) innocente, e sogna un futuro da ballerina, che la porti lontano dalla fattoria di famiglia dove alle faccende domestiche preferisce intrattenere gli animali con i suoi numeri da performer. L’ostacolo principale? La madre, che con teutonica severità le impone la permanenza, soprattutto per aiutare il padre che è infermo in seguito all’influenza spagnola (motivo per cui, rendendo diegetico il protocollo di sicurezza sul set, in città tutti vanno in giro con il volto coperto da mascherine). Non aiuta il fatto che il principale strumento di fuga, il marito Howard, non sia ancora rientrato dalla guerra in Europa.
Rimane solo il cinema come espediente per scappare da una realtà opprimente, che mette sempre più alla prova la salute mentale, già di suo non al massimo della forma, di Pearl. Basti pensare che il film si apre con lei che uccide un’oca e la dà in pasto all’alligatore che nuota nelle vicinanze…
Il cast: un gruppo all’ultimo sangue
Torna Mia Goth, questa volta solo nei panni di Pearl e senza il trucco necessario per farla sembrare decrepita nel film precedente (ma dovrebbe riprendere il ruolo di Maxine nell’eventuale terzo episodio), e per l’occasione anche co-sceneggiatrice insieme a Ti West. Al suo fianco David Corenswet, visto in serie di Netflix come Hollywood, nella parte – molto azzeccata – di un proiezionista di cui Pearl si invaghisce in assenza del marito, mentre i genitori sono i neozelandesi Matthew Sunderland e Tandi Wright. Nota di merito per il primo, tragicamente espressivo nell’immobilità a cui è condannato il suo personaggio, completamente paralizzato dalla malattia. Altri comprimari notevoli, gli animali che popolano la fattoria, con il ritorno della famelica presenza acquatica che nel primo film regalava alcuni momenti di culto.
Technicolor sanguinolento
Laddove X era uno slasher molto anni Settanta, guarda caso ambientato nel Texas di Non aprite quella porta (e un omaggio, sin dal titolo, anche alla produzione a luci rosse di quel decennio), Pearl va a ritroso, come cornice cronologica e carica cinefila. Da un lato siamo nel 1918, dall’altro West si rifà alla cinematografia degli anni Cinquanta, quella che spesso raccontava i decenni passati, come ad esempio nei melodrammi di Douglas Sirk di cui si omaggia esplicitamente la patina Technicolor, con l’aggiunta di numeri musicali che sembrano usciti da Vincente Minnelli (e non a caso in alcune scene l’abbigliamento di Pearl ricorda quello di Judy Garland – la signora Minnelli – ne Il mago di Oz). Un apparato teorico che forse è meno efficace rispetto al prototipo, dove la sovrapposizione tra epoca storica e cinematografica era perfetta, ma che si presta a svariati picchi di follia violenta, con meno sangue ma non per questo con meno verve, sin dalla sequenza iniziale che porta alla magnifica schermata del titolo, ribadito con orgoglio spudoratamente vintage.
(Ri)nascita di un’icona
Se già qualche mese fa Mia Goth si era fatta notare nei panni della Pearl più anziana, killer perversa e insaziabile, qui la trasformazione – psicologica più che fisica – è ancora più sbalorditiva. A suo modo, il personaggio è già un’icona dell’horror contemporaneo, con i 102 minuti di questo secondo film a fungere da definitiva consacrazione, in particolare quando i primi piani sottolineano la follia che non vede l’ora di uscire allo scoperto dietro il sorriso apparentemente ingenuo della ragazza. Una follia gioiosa che attraversa tutta la pellicola, un divertissement che trasforma le circostanze produttive in sublime sfondo per i massacri a venire e la passione per il cinema in motore per un’energia, sullo schermo e dietro la macchina da presa, che non si ferma neanche per un secondo mentre sigla una volta per tutte l’intesa perfetta tra attrice e regista. Per Goth è un altro ballo della morte ma, a differenza di Suspiria, a questo giro è lei a rompere le ossa.
La recensione in breve
Con Pearl Ti West torna nel suo universo fatto di sangue e passione per il cinema, stavolta in Technicolor, supportato da una grandissima Mia Goth nei panni della psicopatica protagonista.
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