Il film: Profeti, 2023. Regia: Alessio Cremonini. Cast: Jasmine Trinca, Isabella Nefar, Ziad Bakri.Genere: drammatico. Durata: 106 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anticipata stampa, in lingua originale.
Trama: Una giornalista italiana mandata in Siria viene rapita e tenuta prigioniera dall’ISIS.
Dopo il grande successo di Sulla mia pelle, il regista Alessio Cremonini è di nuovo dietro la macchina da presa, questa volta per un film che arriva direttamente ed esclusivamente nelle sale, senza l’uscita in simultanea su Netflix. Di questa nuova opera parliamo nella recensione di Profeti.
La trama: confronto tra donne
Protagonista della vicenda è Sara, giornalista mandata in Siria come reporter di guerra. Sul campo tutto sembra filare liscio, ma la brutta sorpresa è dietro l’angolo: la donna viene rapita dall’ISIS e tenuta prigioniera nella casa di un miliziano. I giorni passano, e i rapporti si fanno sempre più tesi fra Sara e Nur, la moglie del miliziano e unica persona con cui la giornalista può interagire (più o meno) liberamente. Per ordine del califfato, infatti, Sara deve convertirsi all’Islam ed entrare a far parte dell’ISIS, pena la morte. Fino a quando lei riuscirà ad opporre resistenza, prima che sia troppo tardi per essere salvata?
Il cast: duello al chiuso
Il ruolo di Sara è stato affidato a Jasmine Trinca, alla seconda collaborazione con Cremonini dopo essere stata Ilaria Cucchi in Sulla mia pelle. Nur ha invece il volto di Isabella Nefar, apprezzata attrice teatrale inglese, vista al cinema in Waiting for the Barbarians di Ciro Guerra. Il marito di lei è interpretato da Ziad Bakri, attore palestinese che è più volte apparso in film della regione selezionati a Venezia, e volto internazionale in progetti come il film greco Blind Sun, presentato al Trieste Science + Fiction Festival nell’autunno del 2016.
Dal vero al fittizio
Alessio Cremonini ha esordito alla regia nel 2013 con Border, pellicola girata in arabo e incentrata sulla guerra in Siria. Un progetto che ha viaggiato in giro per il mondo, con proiezioni a festival importanti come quelli di Toronto e Tokyo (l’esordio italiano è avvenuto alla Festa del Cinema di Roma). Poi è arrivato Sulla mia pelle, apertura di Orizzonti a Venezia nel 2018, ricostruzione schietta e dolorosa della vicenda di Stefano Cucchi e della sua lenta agonia, all’epoca delle riprese ancora oggetto di discussioni accese (dopo l’uscita i poliziotti che lo avevano pestato hanno finalmente ammesso le loro colpe). Da quella storia vera si passa a un racconto di finzione, ma comunque ancorato nella realtà tragica di quel conflitto già portato sullo schermo dieci anni addietro, con l’ambizione di raccontare il lato più insidioso delle azioni dell’ISIS, in tre lingue (i dialoghi sono per lo più in inglese, con alcune battute in arabo e alcune in italiano).
Tensione crescente
Come in Sulla mia pelle il regista gioca sugli spazi ristretti (con il covo siriano ricreato in Puglia) e sugli sguardi, usando il linguaggio del corpo per esprimere pienamente le emozioni di due donne che per motivi strategici non possono far trapelare nulla nelle loro voci. È un lavoro di linguaggio, verbale e non, che costruisce una tensione narrativa consistente, sebbene forse con un impatto emotivo inferiore rispetto al precedente film del cineasta, dove il corpo martoriato del protagonista era un urlo di dolore dinanzi all’ingiustizia di parte del sistema carcerario italico. Ma anche in quella misura si percepisce l’empatia di Cremonini, che si riconferma grande direttore di attori con questa analisi del tormento psicologico associato al radicalismo religioso.
La recensione in breve
Alessio Cremonini mette in scena un interessante duello verbale e ideologico con un film che analizza il lato più insidioso del fanatismo religioso in contesto islamico.
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