Il film: Moonage Daydream, 2022. Regia: Johannes Roberts. Cast: Kaya Scodelario, Hannah John-Kamen, Robbie Amell, Tom Hopper. Genere: Horror, azione. Durata: 107 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in lingua originale.
Trama: Claire Redfield torna a Raccoon City dopo molto tempo. Ma nella cittadina a causa degli esperimenti svolti dalla Umbrella Corporation si è diffusa un’epidemia letale in grado di trasformare gli infetti in zombie. Claire si trova a dover sopravvivere. Nel mentre alcuni membri della S.T.A.R.S vanno in spedizione alla ricerca di un’altra squadra di cui si sono perse le tracce.
“Adattare un videogioco è impossibile”. Quante volte lo abbiamo sentito dire, letto o pensato. Trasporre un’esperienza che richiede un’interazione in prima persona, in un medium che ci vede esclusivamente nel ruolo di spettatori (anche se si potrebbe discutere a lungo su quest’ultima affermazione). Poi è arrivata la serie su The Last of Us e abbiamo capito quanto ci stavamo sbagliando. Adattare un videogioco è possibile. Attraverso l’empatia, l’umiltà e il rispetto tanto per la materia originale e gli appassionati quanto per il pubblico in generale. Ma come vedremo nella nostra recensione di Resident Evil: Welcome to Raccoon City, per un The Last of Us che ce l’ha fatta c’è un film tratto da un videogioco che ha fallito.
La trama: una lunga notte a Raccoon City
Il film si apre con un flashback che ci mostra un frammento dell’infanzia di Claire Redfield e del fratello Chris nell’inquietante orfanotrofio di Raccoon City. Facciamo un rapido passo in avanti, siamo in una notte tempestosa. La Umbrella Corporation ha ormai abbandonato la città. Ad abitarla ci sono pochi abitanti, rimasti perché privi di una vera alternativa e una manciata di poliziotti. Tra questi Leon, soggetto a un trasferimento punitivo. Intanto anche Claire sta facendo ritorno in città con un passaggio di fortuna datogli da un camionista.
Parallelamente un gruppo di veterani della S.T.A.R.S – di cui fa parte Chris, il fratello di Claire – è alla ricerca di una squadra misteriosamente scomparsa. Tutti i personaggi confluiscono quindi nella città fantasma ma nessuno di loro sa che sulle loro teste pende un conto alla rovescia. Tra i vicoli bui si è diffuso un potente virus, in grado di trasformare chi viene colpito in creature pericolose e l’Umbrella, pur di insabbiare quanto fatto, è disposta a far saltare tutto proprio al termine di quella notte.
Resident Evil: Raccoon City e il virus del fanservice
Nel 1996 Capcom fa uscire per PlayStatio il primo Resident Evil, un survival horror a tema zombie destinato a cambiare le carte in tavola per tutto il genere. L’autore principale dietro al gioco è il giapponese Shinji Mikami, un cinefilo di primissima categoria. Le ispirazioni cinematografiche si vedono con costanza nel suo lavoro. Per Resident Evil ha dichiarato di essersi ispirato a Romero ma le influenze spaziano per tutto il genere horror ed i B-movie in generale. Lo stesso si può dire per le opere successive, da Dino Crisis al recente The Evil Within. Insomma, la saga di Resident Evil si presta per sua natura – più di molti altri titoli – a un adattamento cinematografico.
E infatti le trasposizioni non hanno tardato ad arrivare. La prima è del 2002 a opera di Paul W.S. Anderson con Milla Jovovich come protagonista, cui seguiranno ben altri 5 sequel. Una saga che tradiva consapevolmente il materiale generale per andare direttamente sull’action e sul tamarro, come spesso ha fatto Anderson nella sua carriera. A molti fan non è mai andata giù la mancanza di fedeltà. Per questo con Resident Evil: Welcome to Raccoon City si è scelto di adattare, a tratti pedissequamente, i primi due capitoli della serie. Il risultato è però molto più simile a un fan-movie amatoriale che a una produzione professionale.
Resident Evil: Wannabe B-Movie
Resident Evil: Welcome to Raccoon City è sicuramente fedele al materiale originale. Il problema è la totale mancanza di consapevolezza cinematografica. A livello di ritmo è un disastro. È lentissimo nonostante si sappia dell’esistenza di un countdown che, per sua natura, dovrebbe trasmettere senso di irrequietezza, facilitare la gestione della tensione, far percepire una sorta di velocità nello scorrere del tempo. L’atmosfera che si viene a creare, con una fotografia incredibilmente buia, è posticcia. Nulla di quello che viene mostrato sembra esistere veramente.
Tolto in parte Claire, la costruzione dei personaggi non esiste e nessuno ha comportamenti credibili. Probabilmente l’idea era quella che per fare un buon adattamento di Resident Evil si dovesse lavorare sulla fedeltà e sull’aria da horror di serie B. Sulla carta potrebbe anche rivelarsi un’idea vincente. Ma sembra che nessuno, né la produzione né il regista Johannes Roberts, abbia mai visto un b-movie. Il risultato è semplicemente un prodotto sbagliato e senz’anima che confonde “fedeltà” con “pigra riproposizione” e “b-movie” con “film brutto”.
La recensione in breve
Resident Evil: Welcome to Raccoon City è un nuovo tentativo di trasposizione dalla famosa saga di videogiochi survival horror. Nella ricerca di realizzare un prodotto fedele allo spirito e agli avvenimenti dei primi due videogiochi il film incappa in una serie di incomprensioni, apparendo come un prodotto sbagliato, pigro e senz'anima.
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