Il film: Respiro profondo, 2023. Regia: Laura McGann. Cast: Alessia Zecchini, Stephen Keenan. Genere: Documentario. Durata: 110 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima Netflix.
Trama Alessia a 11 anni sapeva già cosa voleva diventare da grande. Il suo sogno erano le immersioni in apnea e il raggiungimento di traguardi incredibili. Stephen, invece, ha impiegato del tempo per comprendere e scoprire la propria passione. La stessa che è diventata ragione di una vita breve ma intensa. Le loro strade si sono incontrate nettamente lontane dai punti di partenza di entrambi. Come unico comune determinatore, però, c’era il mare e la sfida che ha sempre rappresentato per entrambi. Così, immersi nel totale silenzio delle profondità più paurose, hanno stretto un legame intenso capace di andare ben al di là della semplice esistenza. Perché a parlare dell’impresa compiuta insieme rimane comunque il mare.
Respiro profondo,The Deepest Breath, debutta su Netflix il 19 luglio e si prepara ad essere uno dei documentari più intensi e coinvolgenti proposti dalla piattaforma. A definire la sua unicità è, senza alcun dubbio, la relazione tra l’uomo e il mare, la sfida con se stessi e, soprattutto, la bellezza quasi magica delle profondità marine. Tutti elementi che contribuiscono a creare un racconto appassionato e dai risvolti drammatici di due grandi apneisti. SI tratta di Alessia Zecchini, detentrice del record mondiale, e del suo allenatore ed esperto di sicurezza, Stephen Keenan, deceduto drammaticamente dopo un tuffo a Dahab, in Egitto.
A ricomporre gli elementi essenziali della loro storia e di un rapporto d’amore che, probabilmente, partendo dal mare è arrivato a definire il loro rapporto, è la regista Laura McGann, capace di costruire un universo caratterizzato da una profonda commozione. Un risultato che ottiene attraverso una narrazione parallela del percorso dei due protagonisti e l’intreccio di molti e diversi tipi di amore. Tra questi, oltre ai sentimenti tra le persone, spiccano quelli per l’oceano, per l’eccellenza e l’avventura, per le vite originali e per i viaggi in luoghi mozzafiato. Per comprendere meglio il potenziale di questo documentario, dunque, proviamo ad approfondire gli elementi essenziali attraverso la recensione di Respiro profondo.
Trama: Vite con il fiato sospeso
Un uomo e una donna, due luoghi diversi di provenienza e la stessa irrinunciabile passione per il mare ad unirli. In questo modo potrebbe essere riassunta la vicenda che ha visto le vite di Alessia Zecchini e Stephen Keenan unirsi nel nome dell’apnea e delle profondità più pericolose dell’oceano. Lei è una giovane atleta romana che, fin da bambina, ha sognato di diventare una campionessa mondiale immergendosi in apnea.
Lui, invece, è un irlandese che, in seguito diverse vicissitudini, ha trovato nell’attività d’istruttore e di safety diver la ragione della sua vita. Dopo aver lasciato la cittadina natale vicino Dublino, infatti, compie vari viaggi nel mondo fino ad arrivare a Dahab, in Egitto. Qui diventa sempre più chiara la sua passione per il mare e, soprattutto, per le immersioni in apnea cui Keenan si dedicava gà da tempo. Un amore che si concretizza nella fondazione della scuola Dahab Freedivers, nata per istruire, allenare e, soprattutto, accompagnare gli atleti più esperti nel confronto con quello che viene chiamato il Blue Hole.
Mentre Steve trova la sua strada e diventa uno dei safety diver più apprezzati a livello internazionale, Alessia inizia a mostrare le sue doti atletiche. Giovanissima, infatti, da subito prova di capacità incredibili raggiungendo dei tempi d’immersione superiori a qualsiasi altro atleta più maturo. Gli esperti della disciplina, dunque, cominciano ad osservarla e la sua ambizione cresce. Nonostante tutti i suoi successi a livello nazionale, però, Alessia desidera conquistare il record del mondo e decide di tentare l’impresa con uno degli appuntamenti più importanti e pericolosi: il Vertical Blue.
Qui, ovviamente, la sua strada s’incrocia con quella di Stephen, presente come esperto di sicurezza. Dopo vari tentativi falliti e tre sincopi in risalita sventate proprio grazie alla presenza del safety diver, Keenan decide di allenarla per l’impresa. Sono sufficienti poche sessioni per modificare gli errori di Alessia e permetterle di raggiungere il suo traguardo. E’ il 10 maggio 2017 quando la giovane atleta si aggiudica il titolo di donna più profonda del mondo dopo essere scesa fino a -104 m proprio nella competizione del Vertical Blue. Da quel momento tra i due s’instaura un rapporto di cieca fiducia e, forse, di un tacito innamoramento.
Ma quella che sembra essere una meravigliosa favola sportiva s’interrompe tragicamente. Dopo soli due mesi dal loro incontro e dall’incredibile risultato del record mondiale, i due s’immergono nuovamente. Questa volta la zona è quella del Blue Hole. Nonostante le tre settimane di allenamento qualche cosa non va come stabilito durante la risalita di Alessia. Stephen si trova ad essere dieci secondi in ritardo, un tempo minimo in superficie ma che in apnea definiscono il limite per una potenziale sincope. Ed è proprio questo il problema che investe in pieno uno dei safety diver più esperti del mondo in una drammatica risalita all’ultimo respiro.
L’apnea, tra pericolo e poesia
Ci sono degli sport il cui nome viene pronunciato quasi esclusivamente in alcune occasioni specifiche come, ad esempio, i Giochi Olimpici. Si tratta di discipline talmente specifiche e di nicchia da interessare solo chi condivide la stessa identica passione. Il grande pubblico, dunque, non conosce certo gli elementi che le definiscono e, molto spesso, la loro pericolosità. Una di queste è, senza alcun dubbio, la discesa in apnea. Soprattutto se avviene nelle profondità marine. In definiva si tratta di un vero e proprio sport estremo, considerata l’assenza di qualsiasi bombola ad ossigeno e la necessità di contare solo sulla propria lucidità e la capacità polmonare. Un aspetto, quello del rischio, che la McGann introduce immediatamente nelle prime fasi del documentario, aggiungendo ad ogni immagine successiva d’immersione una variabile di pericolo capace di rendere la visione più intensa.
Così, nella realizzazione delle numerose scene subacquee ci si muove attraverso dei sentimenti ambivalenti. Da una parte, infatti, si viene trasportati dal mondo marino attraverso le diverse tonalità del blu, il silenzio irreale ed i movimenti eleganti e leggiadri che ricordano quelli di una sirena. Dall’altra, però, questa bellezza stordente rimanda l’idea di un mondo misterioso capace di esercitare un fascino pericoloso.
Dalle stesse parole della Zecchini, infatti, è chiaro come l’incanto delle profondità possano trasformarsi in una potenziale trappola mano a mano che si scende in una sorta di caduta libera. Le condizioni dell’ambiente circostante, in particolare, tendono ad esercitare un offuscamento sulla mente umana portando, addirittura, a vedere ciò che in realtà non c’è. A questo, poi, si aggiunge anche la pressione dell’acqua che, dopo i 30 metri, si fa sentire sempre più sui polmoni, fino a ridurli alle dimensioni di un pugno.
Assimilate tutte queste informazioni, dunque, lo spettatore viene condotto attraverso una narrazione che, immersione dopo immersione, lascia sempre più senza fiato. Esattamente come accade agli atleti coinvolti in prima persona. In questo modo la McGann, iniziando proprio dalla splendida sequenza di apertura, riesce a catturare la bellezza ultraterrena che ispira tutti i rischi e i sacrifici fisici, portando sullo schermo le scioccanti sfumature di blu, le vaste colonne di luce celestiale, il riflesso del corallo e, naturalmente, la grazia degli atleti.
Nel nome del padre
Comprendere come riuscire a dare un andamento personale e, in qualche modo, innovativo ad un racconto documentaristico non è assolutamente una questione semplice. Il muoversi all’interno di una struttura classica e più volte ripetuta d’immagini di repertorio ed interviste, infatti, pone l’insieme narrativo all’interno di una regola che non prevede soprese. Partendo da questo presupposto, è essenziale centrare pienamente la tematica e, soprattutto, trovare un filone narrativo da seguire e da sfruttare in tutto il suo potenziale. Per quanto riguarda Respiro profondo, dunque, la McGann sembra aver agito in questo modo puntando tutto sull’aspetto emotivo della vicenda.
L’emozione, infatti, è al centro della narrazione fin dalle prime immagini legate alla bellezza della natura e, soprattutto, al rapporto tra l’uomo e il mare. In un andamento trasversale, poi, questa si sposta all’interno dei rapporti interpersonali, nelle ambizioni sportive fino ad andare a definire l’aspetto psicologico che lega l’essere umano alle sfide da affrontare. Tutti elementi che la regista compone attraverso un’attenta orchestrazione di montaggio ma che, soprattutto, affida a delle voci guida. In questo caso si tratta della figura del padre che, sia nel caso di Alessia che di Stephen, assume il ruolo di guida attraverso le vite di due persone davvero particolari.
Una scelta, questa, che contribuisce ad amplificare notevolmente il potenziale emozionale del racconto lasciando scorgere un epilogo drammatico. Tra le parole del padre di Keenan e nell’uso costante del passato, infatti, si sentono risuonare le note del rimpianto ma, al tempo stesso, la consapevolezza di una vita vissuta nel pieno rispetto di sé e di quell’immensa passione che l’ha definita.
La recensione in breve
Laura McGann è riuscita ad utilizzare i canoni classici del documentario e a costruire, nonostante la prevedibilità della struttura, un universo caratterizzato da una profonda commozione. Un risultato ottenuto attraverso una narrazione parallela del percorso dei due protagonisti e l’intreccio di molti e diversi tipi di amore tra cui quello più forte ed assoluto per il mare e le sfide. A completare una visione in alcuni momenti veramente senza fiato, poi, le suggestive immagini d'immersione in apnea dove, su tutto, vince la vastità e il silenzio del mondo marino.
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