Il film: Ricomincio da me, 2023. Regia: Nathan Ambrosioni. Cast: Camille Cottin, Léa Lopez, Thomas Gioria, Louise Labeque, Oscar Pauleau, Juliane Lepoureau, Catherine Mouchet, Florence Muller. Genere: Drammatico/Commedia. Durata: 96 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima stampa.
Trama: Antonia, anche detta Toni, è una mamma single con una vita piuttosto impegnata. A riempire le sue giornate, infatti, ci sono i cinque figli avuti quando era molto giovane e con poca differenza l’uno dall’altro. Il che vuol dire trovarsi ad affrontare una casa piena di adolescenti, o quasi, con tutti i cambiamenti, le aspettative, i sogni frustrati e le incertezze che li contraddistinguono. Per non parlare degli inevitabili sbalzi d’umore e di problematiche serie relative alla perdita della figura paterna.
In tutto questo caos, dunque, Toni non ha avuto poi molto tempo per pensare a se stessa e riflettere sull’insoddisfazione personale che l’accompagna da qualche tempo. Ma sarà possibile ricominciare da capo a 43 anni? E, sopratutto, come la prenderanno i suoi ragazzi?
È possibile cambiare direzione alla propria vita passati i quarant’anni e, soprattutto, con la responsabilità di una numerosa famiglia sulle spalle? Questa è la domanda essenziale da porsi mentre si osservano i tentavi di Antonia nel tenere vorticosamente in equilibrio ogni aspetto della propria quotidianità. E, se questo prevede la presenza indubbiamente vitale ma non sempre rilassante, di cinque figli tutti adolescenti, o quasi, si comprendono immediatamente le difficoltà da affrontare. Iniziando anche da una “semplice” attività come farli entrare tutti in una sola macchina: Per non parlare del rischio inevitabile di dimenticare qualcheduno lungo la strada.
Così, con un ritratto familiare ma, sopratutto, femminile molto sfaccettato ed intenso Nathan Ambrosioni approda al suo secondo lungometraggio consegnando una storia che, pur non contando su degli accenti narrativi intensi, riesce a rimandare in modo naturale l’impegno di una genitorialità divisa tra il dovere, l’amore per i propri figli e il senso di colpa inevitabile per chiedere qualche cosa anche per sé. Un insieme intenso di emozioni e spunti, dunque, che proviamo a considerare con ordine nella recensione di Ricomincio da me.
Trama: Tutti insieme caoticamente
La vita di Toni, esattamente come la sua casa, è particolarmente popolata a rumorosa. A portare tutta questa vita sono i suoi cinque figli che gestisce in completa autonomia e solitudine. La figura paterna, infatti, è assente per cause maggiore, essendo venuto a mancare. Per questo motivo, dunque, tutti si affidano ciecamente alla capacità della madre di far quadrare i conti, dare una parvenza di ordine alle loro esistenze e, soprattutto, assicurarsi che ognuno di loro si senta libero di esprimere e realizzare i propri sogni. Ma che fine hanno fatto quelli di Toni? A quarantatré anni canta in alcuni locali senza troppo entusiasmo e guarda, assolutamente priva di rimpianto, ad un successo giovanile arrivato e svanito troppo in fretta. Antonia, infatti, può essere considerata come una meteora anni Novanta della musica. A soli vent’anni, spinta molto da una madre ambiziosa, riesce ad incidere un singolo di successo, partecipa ad alcune trasmissioni e si guadagna per un pò l’attenzione della stampa.
Il successo, però, svanisce presto ma non la lascia sola. Al suo posto arriva un grande amore, una casa acquistata con i propri guadagni e, soprattutto, cinque figli con poca differenza d’età l’uno dall’altro. Nonostante ciò, però, sente di essere arrivata ad un momento di svolta in cui, forse, è tornata l’opportunità di poter pensare nuovamente a se stessa. La figlia e il figlio più grande, infatti, si stanno per diplomare. La ragazza, probabilmente, entrerà a far parte di un copro di ballo prestigioso a Budapest, mentre il fratello studierà in un college fuori casa. Insomma il nido si sta svuotando. I suoi figli iniziano ad affrontare un’esistenza da adulti, mentre i più giovani paventano un’autonomia che non sanno ancora gestire. Per questo motivo Toni si vergogna di rivelare loro i suoi sogni. Dopo molto tempo, infatti, vuole tornare a studiare per diventare un’insegnante. D’altronde chi meglio di lei sa come confrontarsi con i ragazzi? Le sue intenzioni, però, vengono ostacolate dal sistema esterno che vede nella sua età un deterrente. Anche l’ambiente familiare non è da meno. Questo , infatti, rimane inizialmente destabilizzato nell’osservarla avere una funzione altra rispetto a quella materna. Nonostante tutto, però, Toni è una donna che non demorde. E lo fa con quel naturale stile parigino sempre un pò casuale e spettinato che, nonostante tutto, incarna lo chic.
Madre o donna?
Sullo schermo Toni ha il volto di Camille Cottin che, vestendo i panni dell’agente Andréa nella serie di Chiami il mio agente! ha dato corpo alla nevrosi di una donna di successo. Nel film di Ambrosioni, invece, da forma a quelle di una madre in affanno. Due ruoli che sembrano definire il femminile in modo netto ed estenuante. Questo vuol dire che la società, nonostante tutti i progressi, riconosce alla donna la possibilità di vestire con soddisfazione solo uno dei due. In sostanza, si crea, ancora una volta, la famosa biforcazione tra famiglia e lavoro come se l’essere femminile fosse destinato ad avere una proiezione ad una sola dimensione.
Una tematica, dunque, ancora molto importante e, probabilmente, più interessante da sondare proprio in un momento in cui ci si scontra tra i desideri personali di realizzazione e l’impreparazione culturale di una società ad accogliere l’evoluzione femminile a qualsiasi età. Un problema che il film di Ambrosioni tratta in modo efficace perché scegli uno stile narrativo naturale, quasi dalle tempistiche reali, sfuggendo qualsiasi retro pensiero di stampo “politico” o sociale.
In questo senso, dunque, il percorso evolutivo di Toni, tutt’altro che semplice, si trasforma in un flusso naturale di momenti, situazioni e pensieri che segue o condiziona quello globale della sua famiglia. Un percorso all’interno del quale molte donne possono riconoscersi per quell’impegno costante di genere che viene chiesto, per l’aspettativa di riuscire a gestire qualsiasi situazioni, mantenendosi sempre in perfetto equilibrio tra il sé e il noi.
In tutto questo movimento fluido, dunque, il film si concentra sul concetto di cambiamento, crescita e possibilità. Tre elementi portatori sani di entusiasmo e aspettative. Le stesse che, però, non possono essere al solo ed esclusivo appannaggio dei giovani. In questo senso, dunque Nathan Ambrosini e Camille Cottin consegnano il ritratto di una donna come tante che, però, ha l’ardire di rivendicare per se stessa delle aspettative. Un coraggio che la inserisce di fatto in una via di mezzo tra l’essere madre e donna, dimostrando quanto la verità debba essere nel mezzo e nella libera scelta. Oggi più che mai.
Il senso di colpa del genitore
Toni leggeri, canti, un caos ben organizzato, ragazzi che esprimono serenamente la propria sessualità di fronte ad una madre che precede qualsiasi tipo di outing. Questa è l’orchestrazione creata appositamente da Ambrosini per rimandare un’atmosfera sempre molto lieve sotto la quale, però, si muovono sentimenti e riflessioni importanti. Una di queste, ad esempio, riguarda l’inevitabile senso di colpa genitoriale di fronte ad una richiesta di stampo “egoista”. Il film e la vicenda di Toni, però, portano la discussione su di un livello più alto.
Una volta stabilito che non si può fuggire a questo senso di inadeguatezza e fallimento come madre, si deve scoprire il modo più efficace per venire a patti e conviverci senza rinunciare a ciò che definisce un adulto al di sopra dei ruoli. Così, un passo alla volta, seguendo i silenzi di Toni, i suoi errori di valutazione, le inevitabili disattenzioni di fronte ad una famiglia così numerosa, la solidità che la contraddistingue, si comprende come la realizzazione personale sia un dovere da perseguire per se stessi ma anche per il bene di un nucleo familiare, rimandando il messaggio che una madre, esattamente come un figlio, non sono proprietà l’uno dell’altra. E che un genitore ha il diritto di proiettare anche un riflesso di sé diverso da quello familiare.
La recensione in breve
Con tocco leggero ed una narrazione naturale, priva di qualsiasi forzatura, Nathan Ambrosini realizza un secondo lungometraggio votato a riflettere sul ruolo della donna all'interno di un nucleo familiare e al suo diritto di procedere in una naturale evoluzione. In questo senso, dunque, si va formando un impianto particolarmente realistico, che non intende affidarsi ad accenti drammatici per enfatizzare un concetto che, ad oggi, dovrebbe essere chiaro: il diritto di essere altro rispetto al proprio ruolo genitoriale.
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Voto CinemaSerieTV