Il film: Rodeo, 2022. Regia: Lola Quivoron. Cast: Julie Ledru, Antonia Buresi, Yannis Lafki, Sébastien Schroeder. Genere: Drammatico. Durata: 105 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Torino Film Festival in lingua originale.
Trama: Julie è una giovane sbandata con la passione per le moto che incontra un gruppo di motociclisti che si divertono a fare acrobazie sulle strade cittadine. Cerca di ritagliarsi un suo ruolo in questo mondo dominato da maschi, ma un incidente mette in pericolo la sua capacità di adattarsi all’ambiente.
Simbolo cinematografico di libertà fin dagli anni ’50 de Il selvaggio con Marlon Brando, la moto è al centro anche di uno degli esordi più interessanti del 2022, premiato a Cannes 2022 con un riconoscimento appositamente coniato dalla giuria del Un Certain Regard, il premio “colpo di fulmine”: nella recensione di Rodeo parleremo del film diretto da Lola Quivoron, regista da sempre appassionata delle due ruote (e si sente), come mostra anche un corto da lei realizzato nel 2016 (Au loin, Baltimore).
La trama: una motocicletta per amica
Il film vede protagonista Julia (Julie Ledru), una ragazza sbandata che trova conforto in un gruppo di motociclisti un po’ ladri e un po’ acrobati guidati dal misterioso Domino (Sébastien Schroeder); Julia vorrebbe realizzare con loro un difficile colpo in corsa a un camion portavalori, ma le tensioni tra i maschi della banda rendono tutto più difficile, mentre la ragazza si affeziona alla moglie e al figlio del paranoico capo.
Scritto dalla regista con la collaborazione di Antonia Buresi (anche interprete della moglie di Domino), Rodeo è un dramma che guarda al western urbano – le moto al posto dei cavalli – cercando di riscrivere le dinamiche del dramma realistico tipicamente europeo, ovvero gioventù bruciata, periferie e luoghi suburbani, fuorilegge dal cuore buono ma dalle ferite che ne rendono difficili i sentimenti, cercando proprio nelle moto l’apertura a un cinema diverso.
Dal realismo al “cinema dello sguardo”
Assieme al direttore della fotografia Raphaël Vandenbussche, Quivoron apre il naturalismo di una messinscena piena di macchina a mano, piani ravvicinati e immagini “grezze” a elementi suggestivi, come il fuoco o il buio squarciato da luci fredde e sature, che punteggiando il racconto rimandano al “cinéma du look”, il cinema dello sguardo che ha dominato gli anni ’80 francesi con registi come Besson, Carax e Beineix; e forse in quella direzione va il finale surreale, che comunque viene dopo una bella sequenza d’azione che spezza ulteriormente il ritmo e amplia ancora di più il tessuto della narrazione e dell’immaginario.
Al primo lungometraggio di finzione, la regista dimostra una mano sicura e un occhio molto interessante, capaci di portare fuori Rodeo dalle secche della banalità e di dare ai cliché sfumature impreviste proprio grazie allo stile e alla resa estetica di quella fascinazione per le moto, e per ciò che gira loro intorno, che è un mix tra libertà ed educazione, disciplina e vertigine. Quel mix che rende il suo film così interessante.
La recensione in breve
Rodeo, il debutto di Lola Quivoron, è un film che trasmette passione e sensibilità per le immagini e per i personaggi, l'opera di una regista da tenere d'occhio.
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