Il film: Rosa – Il canto delle sirene, del 2022 Regia: Isabella Ragonese. Cast: Isabella Ragonese, Concetta Cannizzaro, Enza Lo Bono, Verdiana Mineo, Massimo Milani. Genere: Documentario. Durata: 52 minuti. Dove l’abbiamo visto: In anteprima, al Torino Film Festival.
Trama: La coraggiosa cantautrice siciliana Rosa Balistreri ha incarnato un simbolo di rivolta per l’intero universo femminile, in una società in cui le violenze, gli abusi e la sopraffazione erano all’ordine del giorno. La lotta che la vide protagonista viene raccontata da Isabella Ragonese anche attraverso le parole e le storie di altre donne, le cui esperienze riecheggiano in qualche modo quelle di Rosa.
Ci sono canti, nella tradizione popolare siciliana, che riecheggiano di bocca in bocca, senza che nessuno ne conosca la provenienza: canti dal sapore antico, che parlano di fatica e sofferenza, violenza e riscatto.
Molti li attribuiscono ai propri nonni, o a un anonimo folklore senza tempo, ma in realtà la loro autrice è Rosa Balistreri, “la più grande cantante che la Sicilia abbia mai avuto”, ed è scomparsa soltanto nel 1990, molto lontano dai riflettori e dalla ribalta mediatica.
Durante i suoi ultimi spettacoli in pubblico, consapevole dell’inesorabile avvicinarsi della fine dei suoi giorni, Rosa era solita rivolgere un’esortazione a tutti i suoi amici più stretti, quasi come un mantra: “Fa’ che non muoia davvero”.
A 32 anni di distanza dalla scomparsa della coraggiosa cantautrice, è l’attrice Isabella Ragonese, al suo debutto in cabina di regia, a raccogliere il suo appello e a realizzare un documentario atipico su di lei, e alcune donne che, a vario titolo, hanno raccolto il testimone della sua causa.
Ecco la nostra recensione di Rosa – Il canto delle sirene, che da domenica 4 dicembre sarà disponibile su Sky Arte, in diretta e on demand, nonché sulla piattaforma streaming Now Tv.
La trama: sirene di ieri e di oggi, in lotta contro gli abusi
Rosa Balistreri è nata a Licata nel 1927 e ha trascorso l’infanzia in una casupola poverissima, che di giorno fungeva da bottega di falegnameria per suo padre, e di notte si trasformava in una casa degli orrori, teatro di violenze inimmaginabili, a danno della madre e dei quattro figli.
Quella di Rosa non è una storia di denunce e scandali, bensì dell’ordinaria quotidianità della Sicilia di quegli anni, in cui la donna era sempre sottomessa all’uomo, prima come figlia, poi come moglie e infine come madre.
Una sottomissione non soltanto professionale e psicologica, ma prima di tutto fisica, che assumeva ogni giorno la forma di percosse, violenze e abusi domestici senza fine.
L’unica forma di evasione era la musica, ma l’obiezione era sempre la stessa: “A cantare sono solo le sirene e le puttane”.
Ben presto, Rosa comprese che non sarebbe mai arrivato un aiuto dall’esterno: raggiunta la maggiore età venne costretta a un matrimonio combinato con Iachinazzo, un uomo tanto crudele e violento quanto suo padre, con il vizio dell’alcol e del gioco d’azzardo.
Anziché chinare il capo, Rosa scelse la rivolta, e scontò con il carcere le proprie gesta disperate. Scontata la pena, prese la sua chitarra e fuggì a Firenze, dove diede voce alla sua lotta con le note dei canti popolari, e venne scoperta da “un uomo che pareva un pazzo”: il mitico Dario Fo.
Dopo la sua morte, altre donne hanno vissuto sofferenze analoghe e hanno portato avanti la sua lotta, raccogliendo il testimone di Rosa.
È il caso di Concetta Cannizzaro e di Enza Lo Bono, dell’atleta Verdiana Mineo, del transgender Massimo Milani e di tante altre sirene di ogni tempo, che “cantano a petto in fuori, senza pudore” in aperta ribellione alle crudeli vessazioni di una società violenta e patriarcale.
Oltre Rosa: un documentario sulla sua eredità
Anzitutto, un avviso ai naviganti: a dispetto del titolo, il documentario di Isabella Ragonese non è affatto una biografia umana o artistica di Rosa Balistreri. Il vero focus del film risiede semmai nel suo sottotitolo, “Il canto delle sirene”.
“Sirene”, al plurale, perché l’obiettivo è prima di tutto quello di raccontare una battaglia senza tempo, raccogliendo un coro di testimonianze e di esperienze al femminile.
Nella lucida rilettura proposta dal documentario, Rosa Balistreri non è che la capostipite di un gruppo di donne ribelli che nel corso della loro vita, a vario titolo, hanno fatto qualcosa per sfidare la sopraffazione del mondo maschile.
Il taglio adottato dalla regista di certo non mancherà di far storcere il naso a quanti si aspettavano un prodotto più focalizzato sulla biografia e sulla produzione artistica di Rosa: a ben vedere, questi due elementi, per quanto presenti e anzi mirabilmente rappresentati, rappresentano soltanto una porzione molto contenuta del documentario, che non va al di là di un quinto del minutaggio complessivo.
Il vero cuore pulsante di Rosa – Il canto delle sirene giace invece nell’eredità spirituale della donna che dà il titolo al documentario, rispecchiata attraverso il racconto le vite di altre persone che, in alcuni casi, neppure l’hanno conosciuta dal vivo, ma ne hanno solo sentito parlare.
Una scelta che, pur scontrandosi con le aspettative iniziali, colpisce nel segno per la coerenza e la nitida lucidità del filo conduttore adottato da Isabella Ragonese: come attraverso un prisma, la biografia di Rosa viene scomposta in più elementi, e ciascuno di essi viene rivissuto e amplificato attraverso le vite delle sue “eredi”.
Il risultato è un racconto che non ci parla più soltanto di un singolo essere umano, bensì di una causa universale, un grido viscerale che attraversa le generazioni.
La regia di Isabella Ragonese stupisce e commuove
Con Rosa – Il canto delle sirene, l’attrice Isabella Ragonese debutta in cabina di regia nel migliore dei modi: la direzione creativa del documentario risulta solida e incisiva, e lascia ampio spazio a tutte le protagoniste, puntando molto sulla spontaneità delle loro testimonianze.
Pur facendo un enorme lavoro, come si è detto poco fa, sulla costruzione di un’architettura narrativa che permetta di cogliere in maniera immediata il fil rouge che tiene insieme le varie interviste, Isabella Ragonese lascia piena libertà alle sue “sirene”: libertà di esprimersi, di esitare, e persino di scoppiare in lacrime davanti alla telecamera.
Dalle loro parole si percepisce un’autenticità profonda e sincera, che la regista non cerca mai di imbrigliare o di indirizzare in qualche direzione per amore di coerenza narrativa.
A orientare il racconto è la sola, sapiente selezione compiuta al momento del montaggio, senza alcuna ingerenza al momento della registrazione.
“Ho fatto molta fatica – ha confessato Isabella Ragonese a margine della proiezione – a selezionare il materiale definitivo tra le decine di ore di materiale registrato, spesso di enorme rilevanza”.
Un lavoro di lima duro e sofferto, che permette però di restituirci un documentario senza fronzoli, capace di andare dritto al cuore dei destinatari.
A impreziosirlo ulteriormente contribuisce, semmai, un altro tipo di intervento diretto da parte di Ragonese, che nel documentario mette in gioco il suo corpo, la sua voce e le sue capacità attoriali per far rivivere la stessa Rosa Balistreri, da lei magistralmente interpretata sulla base delle molte testimonianze dirette.
Non si tratta del solo apporto artistico che completa e arricchisce la componente più prettamente documentaristica: tra un dialogo e l’altro fanno la loro comparsa anche le struggenti canzoni siciliane di Rosa, e le performance di danza di alcune adolescenti, all’insegna di un fruttuoso pluralismo di linguaggi.
La potenza della sintesi
A rigore, Rosa – Il canto delle sirene non è un lungometraggio, bensì un mediometraggio, dal momento che vanta una durata di appena 52 minuti.
Una brevità anomala, frutto di una sintesi comunicativa radicale, che ha il grande merito di non provare in alcun modo a diluire il messaggio infarcendolo dei messaggi tipici della retorica femminista contemporanea, operazione che inevitabilmente finirebbe per attenuarne la potenza espressiva, il contesto storico e la connotazione geografica, orgogliosamente siciliana.
Nel primo atto, in particolare, ogni parola del ritratto della cantautrice è scelta con cura, e pesa come un macigno (“Rosa viene dal fondo più profondo di povertà e di sopraffazione”, e, poco dopo, “io la chitarra non l’ho mai saputa suonare bene, ma volevo usarla per gridarci cose d’amore e di lotta”).
A conti fatti, la durata dell’opera risulta sì contenuta, ma perfettamente adeguata a veicolare il messaggio nella sua essenzialità, e gioca un ruolo cruciale nel rendere il documentario perfettamente fruibile da un numero molto più vasto di persone, anche non necessariamente appassionate in partenza all’argomento trattato.
Un pregio comunicativo di cui molti prodotti analoghi dovrebbero fare tesoro.
La recensione in breve
Rosa - Il canto delle sirene offre una testimonianza breve, potente ed efficace, e grazie alle valide scelte della regista riesce a dare voce alle donne ribelli di oggi e di ieri, rendendo giustizia alla loro causa nel migliore dei modi.
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Voto CinemaSerieTv