Trama: Tutto ha inizio con un evento drammatico come la morte suicida di un padre. In conseguenza a questo i cinque figli di Manfredi si ritrovano, dopo tanto tempo, tutti insieme in Francia per l’ultimo saluto al genitore. Un’evento più unico che raro, visto che la loro è una famiglia assolutamente disfunzione dove i contrasti non sono certo mancati. Nonostante questo, però, il padre offre sul piatto d’argento un’ultima sorpresa: la presenza di un’altra figlia di cui tutti loro non hanno mai conosciuto l’esistenza. Un evento, questo, che potrebbe aprire le porte a non poche evoluzioni.
A chi è consigliato? A tutti coloro che amano i film corali con tematiche familiari all’interno dei quali il tono della commedia e del dramma si alternano fondendosi uno nell’altro.
La famiglia è un luogo misterioso all’interno del quale esistono regole non scritte, contrasti, consuetudini del tutto personali ed alleanze silenziose. Il tutto condito anche da una sorta d’imprevedibilità che può portare anche il nucleo più unito ad un passo dall’implosione. D’altronde è anche il posto all’ interno del quale si riuniscono diverse personalità non sempre capaci di trovare una sorta di mediazione.
Tutti elementi, dunque, che sono stati considerati ed utilizzati da Simone Giordano per il suo ultimo film che appare immediatamente come un atto di coraggio. Per quale motivo? Sicuramente per accettare il rischio di dirigere un cast corale composto da Riccardo Scamarcio, Adriano Giannini, Valentina Bellè, Gabriel Montesi, Claire Romain, Mati Galey, Linda Caridi e Gioele Dix. Voci assolutamente essenziali per raccontare la storia di una famiglia tanto numerosa quanto disgregata ma, comunque, non facilmente orchestrabili. Il risultato, com’è possibile vedere dalla recessione di Sei fratelli è assolutamente altalenante, diviso tra il volere e il potere, abbracciando gli alti e bassi di una narrazione che da una parte riesce ad ottenere un insieme melodico ma, dall’altra, teme di non aver raggiunto il massimo dell’incisività.
La trama: Ritrovarsi e ricostruirsi
Un nucleo familiare è spesso tenuto insieme dalla presenza di un elemento forte e catalizzante. Un membro capace di assumere nella propria persona il concetto stesso di famiglia e di appartenenza a questo per tutti gli altri. Quando, però, una presenza così centrale viene a mancare improvvisamente, l’insieme perde equilibrio minacciando d’investire chi rimane con l’evidenza di una struttura affettiva fragile e destinata a crollare. Questo è esattamente quello che accade quando Manfredi decide di gettarsi dalla finestra dell’ospedale dove è ricoverato in Francia. Consapevole di avere un male incurabile, infatti, l’uomo decide di porre termine alla propria vita alle sue condizioni.
In questo modo, però, apre un nuovo ed inaspettato capitolo per la sua famiglia. Padre di cinque figli avuti con tre donne diverse, rappresenta una figura di facilmente contestabile e, per questo motivo, ha rappresentato una sorta di paravento dietro il quale ognuno dei suoi ragazzi si è nascosto per giustificare fallimenti, debolezze ed idiosincrasie varie.
Ma chi sono i figli di Manfredi? Il primo è Guido, cui fa seguito Marco e Leo. I due non si parlano più da molti anni. A loro si aggiungono anche due figli francesi, Gaelle e Mattia. All’appello, però, manca la sesta figlia. Si tratta di Luisa, la sorella che gli altri non hanno idea di avere e che deve la sua nascita ad alla relazione con un amante di cui nessuno ha mai saputo nulla. Morendo, dunque, Manfredi è riuscito a portare a termine la missione impossibile che in vita non si era nemmeno proposto di affrontare: riunirli tutti nello stesso luogo. La sua morte, infatti, diventa l’evento scatenante da cui parte un effetto farfalla dalla natura affettiva. Questa, infatti, non solo porta alla conoscenza di Luisa ma obbliga tutti gli altri a confrontarsi con loro stessi e, in modo particolare, con i ricordi personali. Gli stessi che, poi, vanno a definire un quadro ben più ampio come quello familiare.
Sei fratelli in cerca di una famiglia
Mai titolo è stato più esaustivo e rivelatore di quello scelto da Giordano per il suo film. I sei fratelli, infatti, sono la chiave di volta di tutta la narrazione, il cardine attorno al quale si evolve lo svolgimento stesso di questa vicenda. E, in conseguenza di questo, l’elemento che, preso singolarmente o in modo globale, va a riempire la scena e catalizza lo sguardo dello spettatore.
Assolutamente consapevole di questo, dunque, il regista si fa carico del non facile compito di armonizzare ogni singola voce, mantenendo la loro timbrica personale ma, allo stesso tempo, facendole diventare parte di un insieme ben preciso. In sostanza, dunque, affronta il rischio del caos e, allo tesso tempo, dimostra di essere un narratore dalla mano ferma.
A livello cinematografico questo si risolve come una gestione piuttosto equilibrata dei diversi personaggi che si alternano sulla scena o la condividono. Ogni fratello ha la possibilità di mostrare le proprie peculiarità, farsi conoscere dallo spettatore e , sopratutto, chiarire quale sia il suo non ruolo all’interno della famiglia e quello che, potenzialmente, potrebbe andare a coprire.
Reale e artificiale
La definizione dei personaggi e, soprattutto, lo spazio offerto loro per raccontarsi sono due aspetti essenziali per garantire a tutta la narrazione una sua naturalezza. Caratteristica che non può assolutamente mancare all’intero di una struttura basata completamente sul concetto stesso di famiglia. Nonostante questo, però, le aspettative di Sei fratelli non sempre vengono concretizzate. Almeno non per quanto riguarda la riproduzione del reale.
Il film, infatti, trova il suo limite in una sorta di timore, di mancanza di coraggio nell’andare fino in fondo riguardo la riproduzione del naturale. Questo vuol dire che, a momenti in cui la forza corale degli interpreti dirige tutto verso una concreta rappresentazione della realtà, si contrappone una sorta di artificiosità che prende il sopravvento a causa di alcune scelte fin troppo didascaliche.
È come se Giordano temesse che l’energia emotiva ed interpretativa creata dai suoi interpreti non fosse sufficiente per far nascere e crescere il potenziale malinconico di una realtà familiare. In realtà i momenti più efficaci del film sono proprio quelli in cui appare riaffiorare una sorta di comunione d’intenti, una riconoscibilità dei singoli come gruppo che utilizzano la maschera come escamotage per sentire più che interpretare. In questo senso, dunque, si va creando una sorta di cortocircuito tra la potenzialità naturale del cast messo a confronto con gli eventi e il timore, da parte del regista, di non aver creato un effetto sufficientemente incisivo. Quando, in realtà, la soluzione migliore è rappresentata sempre dalla modulazione, evitando esagerazione e lasciando ai sentimenti lo spazio per evolversi.
La recensione in breve
Simone Giordano realizza un film corale sulla famiglia che rientra nella tradizione del cinema italiano senza, però, aggiungere nulla di nuovo sul tema. Nonostante riesca a gestire con attenzione ed efficacia un cast numeroso, sfruttando la singolarità per l'insieme, spesso cade in un eccesso di controllo che si traduce in un manierismo narrativo limitante e poco naturale.
Pro
- La creazione di un insieme attraverso i singoli
- La buona gestione del cast
Contro
- Mancanza di profondità
- Una narrazione spesso artificiosa
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Voto CinemaSerieTV.it