Il film: Smile, 2022. Regia: Parker Finn. Genere: Horror. Durata: 115 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema.
Trama: Una dottoressa assiste al violento suicidio di una sua paziente, da quel momento è perseguitata da un’entità – che prende le sembianze di persone che conosce – dall’inquietante sorriso. Riuscirà a salvarsi o diventerà la sua prossima vittima?
C’è cosa più angosciante di un sorriso? Ovviamente ci riferiamo a quelli in situazioni che non prevedono il manifestarsi di un’emozione di gioia, quelli che risultano così inquietanti perché lontani dal contesto in cui sarebbero naturali. Non a caso i clown sono i protagonisti ideali per un film del terrore, perché mentre pianificano i piani peggiori per le proprie vittime hanno sempre un esagerato e terrificante sorriso stampato in volto.
Come vedremo in questa recensione di Smile, nel film horror diretto da Parker Finn, al debutto dietro la macchina da presa, lo spunto che dà il via alla storia è proprio un inquietante sorriso, che precede l’entrata in scena di una malefica entità. Gli esperti di horror capiranno fin dalle prime scene quanto questo film debba tanto ad altre opere del terrore, prima fra tutte quel piccolo capolavoro indie che è It Follows: il film di Finn non ha però né la stessa potenza visiva né la profondità simbolica e di contenuti di quello di David Robert Mitchell, ma è comunque capace di scatenare qualche brivido nello spettatore e di catturarlo con atmosfere tese e angoscianti. Non si tratta di uno di quegli horror che, come It follows appunto, vogliono esplorare attraverso il terrore tematiche importanti e socialmente rilevanti, ma è efficace nel dare quello che cerca a un pubblico non particolarmente esigente quando si tratta di orrore.
La trama: una maledizione che si diffonde come una malattia
Rose Cotter (Sosie Bacon) è una dottoressa di un pronto soccorso per emergenze psichiatriche, si occupa quindi tutti i giorni di pazienti che affrontano enormi disagi psicologici. Una sera, rispondendo all’ultima chiamata della giornata, si ritrova a parlare con una ragazza appena arrivata in ospedale, Laura (Caitlin Stasey), sconvolta e sull’orlo di una crisi. Laura, dopo aver assistito al violento suicidio di un suo professore, dichiara di essere perseguitata da un’entità maligna, che prende il volto di persone che conosce e che le si approccia sempre con un inquietante e innaturale sorriso in volto. L’entità, poi, le ha rivelato che quello è il giorno in cui morirà: poco dopo, infatti, la giovane si toglie la vita davanti a una sconvolta Rose, che non riesce a fare nulla per aiutarla.
Da quel momento la vita di Rose cambia radicalmente: la “cosa” che perseguitava la sua paziente sembra averla presa di mira e aver deciso di farne la sua prossima vittima. Rumori spaventosi in casa, figure sorridenti che sembrano seguirla ovunque e momenti di black out in cui fa cose di cui poi non ricorda nulla. Indagando sulle morti che l’hanno precedute, Rose si rende conto di essere l’ultimo anello di una lunghissima catena. Di suicidio in suicidio, di trauma in trauma, l’entità si sposta da una vittima all’altra, nutrendosi del dolore e dello shock provato dalle loro menti: ogni testimone, infatti, diventa inevitabilmente il prossimo a togliersi la vita. Ora l’obiettivo di Rose è uno solo: scoprire se c’è un modo per interrompere lo schema e salvarsi.
Terrore e atmosfere
Come anticipavamo in apertura, in questo caso l’escamotage narrativo è semplice – come in tanti altri film del terrore, primo fa tutti It Follows ma anche The Ring o Obbligo o verità (che pure era corredato da inquietanti sorrisi). Abbiamo infatti una maledizione che passa da malcapitato a malcapitato, si diffonde come una malattia, intaccando la mente del protagonista e la sua percezione della realtà. Uno schema che funziona ed è particolarmente efficace in un film di genere horror, perché permea la vicenda di un senso di tragedia imminente, di inevitabilità, contribuendo a rendere le atmosfere più cupe e angoscianti.
Un altro elemento ampiamente sfruttato nel mondo della cinematografia del terrore è quello di un’entità sovrannaturale che si insinua dietro la maschera della malattia mentale, isolando il protagonista che non trova qualcuno che gli creda e di cui possa fidarsi. In certi casi la malattia mentale diviene un elemento per dubitare di quello che vediamo sullo schermo – ci sarà davvero un’entità maligna o è tutto nella mente del personaggio? – in altri, come in questo, il terrore si fa più manifesto e meno sottile, rinunciando però a giocare con le convinzioni dello spettatore e, di conseguenza, a coinvolgerlo di più nella vicenda.
Tensione e jump scares
Smile riesce piuttosto bene a mantenere alta la tensione per tutto il corso della pellicola, anche se il ritmo non è sempre in crescente, come ci si aspetterebbe in un film come questo. Alcuni momenti centrali risultano quindi un po’ piatti e trascinati.
Il film non sceglie però di spaventare lo spettatore abusando esageratamente della tecnica del jump scares: quelli che ci sono, però, sono fin troppo prevedibili, anche se senza dubbio efficaci.
Il cast: Sosie Bacon convince con la sua interpretazione
Efficace è anche l’interpretazione della protagonista Sosie Bacon, che trasmette allo spettatore il progressivo declino mentale vissuto dal suo personaggio. Bacon è capace di creare un forte legame di empatia tra la sua Rose e chi segue la vicenda, il suo trasformarsi da professionista organizzata e dedita alla cura dei suoi pazienti in una donna disperata, un fascio di nervi, decisa a tutto per sopravvivere sì, ma sempre sull’orlo di una crisi mentale. Peccato per il doppiaggio italiano, che ne appiattisce un po’ troppo l’espressività.
Rispetto ai personaggi di contorno, che come è piuttosto comune in film di questo tipo vengono fin da subito messi in secondo piano rispetto alla protagonista/vittima, è l’unica di cui ci viene dato un background, che risulta legato alla terribile vicenda che sta vivendo. Rose ha infatti subito un forte trauma in passato, che ne ha condizionato l’esistenza e le scelte e che – con l’entrata in scena della maligna entità che la perseguita – torna prepotentemente a turbarla.
Il peso del trauma
Il peso dei traumi che subiamo e come questi ci condizionano nella vita di tutti i giorni è il tema al centro di tutta la vicenda. Il trauma diviene una malattia infettiva, che si trasmette di generazione in generazione, e che si annida dentro di noi. Come liberarsi di una tale maledizione?
La storia sembra volersi risolvere con il messaggio un po’ semplicistico che la salvezza risiede nell’affrontare i propri traumi e le proprie paure, scardinando il senso di colpa che inevitabilmente ci portiamo dentro e “rompendo” così lo schema.
Trattandosi però di uno di quegli horror in cui anche il messaggio più elementare passa in secondo piano rispetto al bisogno di spaventare il proprio spettatore con un colpo di scena, è facile prevedere come la nostra entità – che nel finale si svela in tutta la sua mostruosa corposità – sia particolarmente difficile da eliminare e tornerà sempre per un ultimo terrificante sorriso.
La recensione in breve
Smile è un horror che non cerca di esplorare tematiche importanti e socialmente rilevanti, ma è efficace nel dare i brividi che cerca allo spettatore non particolarmente esigente. Convincente l'interpretazione della protagonista, ma il discorso centrale del trauma andava elaborato e sviluppato meglio.
- Voto CinemaSerieTV