Il film: Spoiler Alert, 2022. Regia: Michael Showalter. Cast: Jim Parsons, Ben Aldridge, Sally Field, Bill Irwin, Allegra Heart e Jeffery Self. Genere: Romantic Drama. Durata: 112 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima Stampa.
Trama: Fin da bambino Michael ha nutrito una forte passione per la televisione e, in modo particolare, per le sit-com. Complice i momenti di condivisione con l’amata madre ed una fisicità che lo ha reso vittima di un sottile bullismo a scuola, nel piccolo schermo ha sempre trovato un luogo fantastico all’interno del quale rifugiarsi. Nella sua fervida fantasia, infatti, ogni momento della propria quotidianità è accompagnato dalle fragorose risate di un pubblico invisibile ma presente. Non stupisce, dunque, che una volta diventato adulto, abbia deciso di lavorare per un magazine dedicato proprio alla tv. D’altronde per lui le nuove serie non hanno segreti, come, il mondo dei Puffi. Ma questo è tutto un altro problema.
Nonostante abbia superato molti dei suoi limiti passati, dunque, la televisione rappresenta ancora un angolo confortevole all’interno del quale andarsi a rifugiare. Esattamente come le piccole e coriacee abitudini dure a morire. Una di queste è una sostanziale timidezza che lo porta ad essere refrattario a momenti di socialità. Un limite che, dopo l’incontro fortuito con Kit, fotografo affascinante e sicuramente più disinibito, prova a superare costantemente. Il suo sogno è di vivere la perfetta storia d’amore ma, grazie a questa relazione e all’epilogo sicuramente non felice, alla fine comprende di aver avuto il privilegio di un rapporto non eccezionale ma assolutamente reale.
Si dice spesso che la vita sia dotata di maggior fantasia rispetto all’inventiva stessa. Per questo motivo, dunque, il cinema frequentemente prende spunto dalla quotidianità. E questo sembra essere proprio il caso del libro scritto da Michael Ausiello nel 2017, due anni dopo la morte del marito Kit. Una vicenda al tempo stesso eccezionale e come tante.
Due caratteristiche che le conferiscono una capacità empatica fuori dal comune, riuscendo a vestire alla perfezione l’esperienza di persone diverse. Al centro di tutto, comunque, non c’è tanto il percorso della malattia, che arriva solo verso il finale, ma la nascita e l’evoluzione dell’amore. In questo senso, dunque, il film diretto da Michael Showalter ed interpretato da Jim Parsons e Ben Aldridge può essere considerato come un romantic drama, ravvivato da interessanti spunti registici e, soprattutto, un senso dell’ironia che aiuta a stemperare qualsiasi rischio di qualunquismo narrativo, com’è possibile vedere dalla recensione di Spoiler Alert.
Trama: Love Story
Diventare adulti è un processo lungo che, spesso, prevede l’esigenza di portare con se parti di un passato essenziale. Di fatto, ogni singolo essere umano è il frutto delle esperienze vissute, soprattutto durante gli anni dell’infanzia, e degli sforzi affrontati per ridimensionarne l’impatto. Per Michael quest’ultimo procedimento non è sempre stato facile da affrontare. Il suo passato di bambino sovrappeso, spinto ad una vita prettamente casalinga, ha instillato in lui non poche insicurezze. A tutto questo, poi, si è aggiunta la prematura scomparsa della madre e la consapevolezza della sua omosessualità. Come sopravvivere, dunque, a tutto questo insieme di eventi? La soluzione è la fuga. Un’opzione che per Michael si traduce nel rifugiarsi nel mondo della televisione e, in modo particolare, in quello fantasioso delle serie tv.
Un procedimento che, in modo più o meno consapevole, continua ad usare una volta diventato adulto. L’unica differenza è che, in questo caso, l’universo televisivo si è trasformato anche in un lavoro che lo mantiene saldamente ancorato alla sua zona di confort. Una situazione destinata a cambiare nel momento in cui, durante una delle sue rare uscite, incrocia la strada con quella di Kit. Attraente, dolce e sfrontato allo stesso tempo, sembra essere sicuramente più sicuro di Michael sia da un punto di vista mentale che fisico. Oltre a questo, poi, lo conduce su di un territorio a lui completamente sconosciuto, dovendo mettere in gioco se stesso e scoprendo tutti i segreti che lo imbarazzano maggiormente. Uno di questi è rappresentato, senza alcun dubbio, dalla sua ossessione collezionistica per i Puffi. Una presenza, la loro, che riempie completamente ogni singolo angolo del suo appartamento.
Così, tra elementi della cultura pop, nuove consapevolezze sessuali ed emotive, tra i due inizia una lunga storia d’amore. Un sentimento destinato a crescere nonostante l’amore di Michael per il Natale e l’altrettanto evidente indifferenza di Kit per lo stesso evento. Così, muovendosi tra le rispettive differenze, trascorrono 12 anni. Un lasso di tempo in cui la coppia non diventa certo l’emblema del “vissero felici e contenti”. Piuttosto attraversano le diverse fasi dell’amore fino ad una crisi inevitabile e ad una sorta di separazione preventiva. Ed è proprio in quel momento che entra in questo insieme di eventi, la variabile della malattia di Kit. Una rivoluzione che, nonostante il suo potenziale destabilizzante, li compatta ancora di più rovesciando completamente i ruoli e dando vita ad una nuova era della loro coppia.
La forza dell’ironia
Spoiler Alert è il dramma romantico che non ci si aspetta. Quello che, pur seguendo lo schema classico del genere, allo stesso tempo decide di stravolgerlo e dare a tutto l’insieme narrativo un nuovo ritmo. Una scelta che è chiara fin dall’inizio o, meglio dal titolo. Proprio come si usa per quando si fa riferimento ad un evento essenziale all’interno di una serie tv, infatti, il personaggio di Michael chiarisce fin dalle prime immagini l’esistenza di un epilogo drammatico. In questo senso offre allo spettatore una consapevolezza completa della direzione di questa vicenda ma, al tempo stesso, si prepara a stupirlo con un andamento imprevedibile.
In sostanza, dunque, che si arrivi all’epilogo destinato a causare una certa produzione di lacrime è assodato, ma non altrettanto il modo in cui si raggiungerà all’apice. In questo modo, dunque, il regista Michael Showalter costruisce un viaggio illusorio definito a colpi d’ironia e romanticismo, affidandosi soprattutto al talento di Jim Parsons per il genere e all’ottima sintonia sul set con Ben Aldridge. Entrambi, infatti, rappresentano degli opposti caratteriali che, nel loro incontro, danno vita ad un’interpretazione dell’amore sicuramente lieve. Una precisa scelta stilistica che determina i primi due atti per poi, nel terzo, lasciare spazio a delle atmosfere più intense e dal sottotesto drammatico. Anche in questo caso, però, il personaggio di Michael assume il ruolo di guida attenta e sincera, avvisando lo spettatore come sia arrivato il momento di mutare le aspettative.
All’interno di questa struttura, poi, si aggiungono anche delle precise scelte registiche e di messa in scena il cui scopo è raccontare il mondo emotivo dell’uomo, soprattutto negli anni giovanili. All’interno della narrazione principale, infatti, il regista inserisce una sorta di racconto parallelo che ha la forma, lo stile ed i colori di una sit – com anni ottanta. In questo modo lo spettatore viene trasportato all’interno del passato di Michael e nei suoi personali turbamenti evitando qualsiasi pericolo di prevedibilità drammatica e narrativa.
I segreti della coppia
Nonostante la malattia assuma nella parte finale un ruolo importante, questa non è mai predominante. A differenza di quanto si possa credere, infatti, sia il libro, da cui è tratto, che il film non sono minimamente incentrati sull’epilogo drammatico. Il cuore narrativo reale e costante, lo stesso che accompagna lo spettatore fin dall’inizio, è la coppia. O, per meglio dire, le diverse fasi che caratterizzano una storia d’amore senza alcuna ambizione di descrivere la relazione perfetta.
Per questo motivo, dunque, nonostante le battute e la sferzante ironia utilizzata, i due protagonisti sono tutt’altro che all’interno di una relazione priva di limiti. Fin dal loro primo incontro, infatti, si trovano a dover gestire le differenze che li definiscono, superando le paure dell’uno e dell’altro. Perché se Michael ha vergogna del proprio corpo, Kit ha timore di mostrare la propria interiorità. Soprattutto di fronte ad una coppia di genitori progressisti che ignorano la sua omosessualità.
Così, smussando le loro rispettive angolature, i due danno vita ad un percorso di coppia lungo, intenso, simbiotico ma anche fragile. Esattamente come qualsiasi altro. Ed è proprio questa caratteristica, questa sorta di normalità ed imperfezione dell’amore, che rende il film un’esperienza interessante ed emotivamente coinvolgente. Perché, al di la di qualsiasi epilogo, finalmente sul grande schermo viene portata una storia condivisibile e condivisa. Un sentimento la cui forma somiglia a quella di tanti altri e, proprio per questo, eccezionale.
La recensione in breve
Nonostante un terzo atto che, inevitabilmente, indulge in atmosfere drammatiche a prova di commozione, il film diretto da Michael Showalter e tratto dal libro di Michael Ausiello porta lo spettatore all'interno di una struttura narrativa imprevedibile. Qui a dettare il ritmo è, soprattutto, la leggerezza e l'ironia nel racconto di una storia d'amore come tante. Un sentimento messo alla prova dalla quotidianità e dalla vita all'interno del quale si riflette l'esperienza di molti.
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Voto CinemaSerieTV