Il film: Tár, del 2022. Regia di Todd Field. Cast: Cate Blanchett, Noémie Merlant, Nina Hoss, Sophie Kauer.
Genere: drammatico. Durata: 158 minuti. Dove lo abbiamo visto: al Festival di Venezia 2022.
Trama: Lydia Tár è una famosa direttrice d’orchestra, pronta a ritornare alla ribalta dopo gli anni di pandemia. Ma il suo comportamento nei confronti delle persone intorno a lei e alcune accuse rischiano di cambiare tutta la sua vita.
Il gesto di una mano che tiene il tempo, mentre con l’altra si modulano toni, intensità e, dunque, emozioni. È questo che fa un direttore d’orchestra, che diventa interprete di composizioni altrui, rendendole uniche e personali, canalizzando le emozioni del pubblico che assiste all’esecuzione. Di questo e altro parleremo in questa nostra recensione di Tár, pellicola scritta e diretta da Todd Field, presentata in concorso a Venezia 79.
La trama: un genio crudele
Lydia Tár è un genio della musica: rinomata direttrice d’orchestra, compositrice di colonne sonore, musical e quant’altro, vincitrice di premi Emmy, Tony e Oscar, è un carattere fuori dal comune. Ma, come molte personalità bigger than life, il suo forte carattere passa sopra le persone che le sono accanto, asfaltando addirittura le vite di coloro che la incrociano. Lydia usa gli altri, e non si fa scrupoli a cambiare le regole del gioco, da lei stessa dettate, per la nomina dei suoi assistenti e dei primi musicisti, pur di avere a disposizione giovani fanciulle graziose che possano titillarne i desideri. Quando però una sua ex-protetta si suicida, cominciano i guai.
Lezioni di musica
Come accennato, un direttore d’orchestra deve introiettare e rendere sua una composizione, per restituirne il senso e sprigionare le emozioni celate nello spartito. Stessa cosa per un regista che deve mettere in scena un copione o filmare una sceneggiatura non sua. Il paragone viene naturale, soprattutto osservando la prima parte del film in cui ammiriamo la competenza e la passione di Lydia, prima in un’intervista televisiva, poi durante una lezione alla Julliard, la scuola d’arte newyorchese resa celebre da Saranno famosi. La prima scena, quella dell’intervista, permette allo spettatore di capire cosa si cela dietro il lavoro del direttore d’orchestra che, di primo acchito, per i profani, sembrerebbe solo quello di tenere il tempo con una bacchetta. Si tratta invece di una delicata alchimia interpretativa, con cui il direttore cerca di vivificare le emozioni nascoste tra le note dello spartito e trasmetterle al pubblico nella maniera più intensa possibile.
La lezione alla Julliard, girata in buona parte con un emozionante piano-sequenza, diventa invece anche una lezione per noi tutti, sulla cultura del politicamente corretto e sul suo essere eccessivo, nonché narcisista e censorio. Un allievo di Lydia si rifiuta di dirigere ed eseguire Bach perché il famoso musicista era misogino. Lydia cerca di fargli capire l’assurdità della sua posizione e fargli distinguere l’uomo, che può essere limitato (anche in relazione al contesto storico che vive), e l’artista, che supera col suo genio le limitazioni della persona e della storia, per scolpirsi nell’eternità. Per fare questo però Lydia eccede a sua volta, e umilia il giovane studente.
L’arroganza e l’egoismo del genio
Con tutta la sua passione, talento e competenza, Lydia eccelle ma non eccede, purtroppo, alla regola secondo cui le personalità geniali siano spesso egocentriche e narcisiste, al punto da diventare perfino crudeli con coloro che le sono accanto. Ma Todd Field ci introduce senza fretta nel lato oscuro di Lydia: si prende i suoi tempi per farci rendere conto di quanto la geniale direttrice d’orchestra sia in realtà un mostro di disumanità.
Dopo avercela fatta apprezzare e, quasi, amare, per la sua profonda passione e il suo talento, la spoglia pian piano del suo carisma, per mostrarcela quale in realtà è: un essere umano egoista e crudele, ma anche, in fondo, fragile e insicuro. Lydia non si fa scrupoli a disporre delle persone e dei loro sentimenti, comportandosi come un dittatore con i suoi sottoposti. Non sorprende che, durante un momento di gioco con la figlia della sua compagna, Lydia ammette che la direzione d’orchestra non è una democrazia.
Una Blanchett da Oscar
Cate Blanchett non interpreta solo Lydia Tár ma ne incarna virtù, talenti, vizi e ossessioni con disarmante naturalezza, tanto da arrivare perfino a provare antipatia nei suoi confronti, una volta usciti dalla sala. L’attrice ha anche studiato i rudimenti della direzione d’orchestra e, infatti, quando la vediamo dirigere siamo convinti che potrebbe tranquillamente sostituire Riccardo Muti, per la convinzione e l’intento che profonde nell’esecuzione. Non crediamo di esagerare se, tra alcuni mesi, la vedremo tra i candidati all’Oscar per la miglior interpretazione femminile.
Field ci porta per mano, proprio come un sapiente direttore d’orchestra, imprimendo toni e tempi alle nostre emozioni nei confronti di Lydia, facendocela prima apprezzare e poi rendendola eticamente insopportabile e odiosa, al punto che non possiamo non gongolare quando il destino le porterà il conto.
La recensione in breve
Con Tár, il regista Todd Field ci guida, come un sapiente direttore d'orchestra, su un ottovolante di emozioni, facendoci salire e scendere nelle nostre emozioni nei confronti di un perosnaggio carismatico e al tempo sesso odioso, reso indimenticabile dall'interpretazione da oscar di KAte Blanchett.
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