Il film: Terminator – Destino oscuro (Terminator: Dark Fate), 2019. Regia: Tim Miller. Cast: Linda Hamilton, Arnold Schwarzenegger, Mackenzie Davis, Natalia Reyes, Gabriel Luna, Diego Boneta.
Genere: fantascienza, azione. Durata: 128 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: Dopo la distruzione di Skynet, Sarah Connor e un improbabile alleato devono affrontare una nuova minaccia proveniente dal futuro.
Dopo tre sequel più o meno interessanti nel loro tentativo di portare avanti la saga, per il sesto capitolo del franchise di Terminator è stato reintegrato a livello creativo l’autore originale James Cameron, al fine di garantire al tutto un minimo di legittimità presso un fandom sempre più scettico a forza di uso costante della tabula rasa e delle linee temporali alternative. Un’operazione che non ha convinto del tutto sul piano commerciale, condannando quindi per l’ennesima volta all’oblio i piani per una potenziale trilogia di nuove avventure come già accaduto con gli episodi precedenti. Eppure, c’è una nobiltà nelle intenzioni dietro questa sesta incursione nei viaggi nel tempo, di cui parliamo nella nostra recensione di Terminator – Destino oscuro.
La trama: viaggia con noi se vuoi vivere
Siamo nel 2020, più di due decenni dopo la distruzione di Cyberdyne e l’eliminazione della linea temporale in cui Skynet dichiara guerra all’umanità. Ma insieme alla perfida intelligenza artificiale se n’è andato anche John Connor, morto dopo aver sconfitto le macchine. Nel futuro, nel frattempo, si è manifestata una nuova minaccia sintetica, nota come Legion, e questa manda nel presente un Terminator di ultima generazione, il Rev-9, per uccidere una certa Dani Ramos. A proteggerla c’è Grace, una donna umana potenziata con innesti cibernetici, e ad aiutarli si presentano altri due alleati: Sarah Connor, che ha continuato a monitorare possibili anomalie spazio-temporali dopo la morte del figlio, e un T-800 che ha sviluppato una coscienza dopo essere rimasto bloccato nel passato senza uno scopo in seguito alla distruzione di Skynet.
Il cast: a volte ritornano… per l’ennesima volta
Principale punto di forza della pellicola, anche a livello di marketing, è il ritorno in scena di Linda Hamilton, assente dopo il secondo capitolo salvo qualche sparuto cameo vocale, e di nuovo al fianco di Arnold Schwarzenegger, che per la seconda volta consecutiva esplora il tema della macchina invecchiata (la pelle sintetica è affetta dal passare del tempo esattamente come la nostra) e capace di relazionarsi in modo genuino con gli umani. Il nuovo Terminator più spietato ha le fattezze di Gabriel Luna, mentre Mackenzie Davis è la controparte buona Grace, di cui cattura con efficacia l’ambivalenza tra personalità originale e componenti artificiali. L’attrice colombiana Natalia Reyes dà la giusta grinta a Dani Ramos, che doveva avere un ruolo ancora più importante nei fantomatici sequel destinati alla cancellazione dopo gli incassi deludenti di questo film.
Un futuro ancora da (ri)scrivere
Se da un lato l’espediente di partenza è lo stesso (la premessa stessa del franchise rende possibile ignorare tutti i sequel precedenti senza inventarsi chissà quale spiegazione), dall’altro questo è il primo seguito a cercare di fare davvero qualcosa di nuovo, partendo dal presupposto che il Giorno del Giudizio sia effettivamente stato scongiurato (mentre il terzo, quarto e quinto film, in un modo o nell’altro, lo presentavano come qualcosa di inevitabile), e che il futuro sia più malleabile del previsto. Si sente lo zampino di Cameron, che ricicla il riciclabile (vedi la caratterizzazione del T-800) e propone ben tre personaggi femminili forti al prezzo di uno, portando avanti la poetica che lo ha caratterizzato dai tempi del capostipite della saga (e in questo caso con un non indifferente sottotesto sociopolitico legato all’origine della nuova giovane eroina del franchise). Familiare e al contempo disposto a guardare avanti, andando verso un destino ignoto che al box office si è tramutato in condanna a morte. Condanna ironicamente profetizzata dalla scena in cui Schwarzenegger storpia la sua celebre frase a effetto, aggiungendo una negazione: “I won’t be back.”
La recensione in breve
Il meccanismo del franchise è ormai consolidato, ma il ritorno di James Cameron come produttore e soggettista dà all'operazione un'anima più (ironicamente) umana.
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