Il film: The Matchmaker del 2022. Regia di Benedetta Argenteri. Cast: Tooba Gondal, Benedetta Argenteri.
Genere: commedia. Durata: 90 minuti. Dove lo abbiamo visto: al Festival di Venezia 2022, in lingua originale.
Trama: Attraverso una serie di interviste, Benedetta Argenteri ci racconta la controversa figura di Tooba Gondal, tra le più conosciute jihadiste britanniche, divenuta famosa per aver adescato donne occidentali come spose per i miliziani estremisti.
La giornalista e regista Benedetta Argenteri torna sul campo per il suo ultimo documentario, dedicato ancora una volta alla situazione in Iraq e in Siria, con particolare focus sulla condizione femminile in quei paesi devastati dai conflitti. Il tema centrale a questa sua nuova opera, presentata Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, è tra i più complessi: il documentario narra infatti il percorso di quelle donne europee che si sono trasferite in Siria e sono poi diventate membri dell’ISIS, assumendo un ruolo attivo nel reclutamento di altre donne come possibili spose per i miliziani estremisti.
Per farlo Argenteri decide di partire da una figura estremamente controversa, quella di Tooba Gondal, la cosiddetta “ISIS Matchmaker”, tra le più conosciute jihadiste britanniche, divenuta famosa online per i suoi tweet infuocati in appoggio alla causa dello Stato Islamico. La donna è ritenuta responsabile di aver irretito e reclutato ragazze molto giovani (lei stessa aveva solo vent’anni quando è arrivata in Siria) perché lasciassero i loro paesi d’origine e diventassero le mogli di membri dell’organizzazione. Come vedremo in questa recensione di The Matchmaker il cuore di questo documentario sono proprio le interviste di Argenteri a Tooba, che la regista è riuscita ad incontrare in un campo di prigionia in Siria.
La trama: le donne nel campo di prigionia
Tooba Gondal viene fatta prigioniera insieme ai suoi due figli (avuti da due dei suoi tre mariti, tutti deceduti) dopo la sconfitta dell’ISIS da parte dell’esercito di liberazione curdo. Insieme a lei si trovano moltissime altre donne (e con loro centinaia di bambini), provenienti da diversi paesi del mondo: alcune che rinnegano già gli errori del passato, altre invece non abbandonano le ideologie estreme che le hanno guidate per così tanti anni.
Gran parte del girato proviene dagli incontri (avvenuti nel corso di circa due settimane) tra Argenteri e Tooba, sia all’interno della sua tenda che in una struttura riadattata a location per le loro interviste. Seguiamo quindi la donna nella vita di tutti i giorni, nella cura dei figli e nella preparazione dei – a volte molto scarsi – pasti. La quotidianità della donna ci mostra la condizione di estrema indigenza e degrado in cui lei e le sue compagne di prigionia si ritrovano a vivere. A nessuna di loro viene dato il permesso di fare ritorno in patria, dove i governi locali tergiversano nel trovare una soluzione ad una questione sempre più spinosa: i prigionieri dovrebbero essere processati da un tribunale speciale in Siria? O in uno nei paesi da cui, caso per caso, provengono? Andrebbero semplicemente rimpatriati con la speranza che si siano lasciati alle spalle le ideologie estremiste in cui credevano? Una situazione che non si riesce a risolvere, ma che lascia, insieme a centinaia di adulti, anche centinaia di bambini in condizioni di vita assolutamente disumane.
La storia di Tooba
Le interviste a Tooba ci permettono di scoprire qualcosa sul suo passato, su che cosa l’abbia portata a lasciare l’Inghilterra per la Siria, diventando una vera e propria star su Twitter, capace di spingere tante altre donne a fare la sua stessa scelta. Tooba ci racconta le esperienze negative con i suoi tre mariti, le difficoltà dei primi tempi nel nuovo paese e la forza di una fede che si faceva sempre più assoluta. Ci vengono poi fornite anche informazioni esterne alla sua esperienza narrata in prima persona: alcuni stralci di quotidiani, i più controversi tra i tweet da lei condivisi e la testimonianza di un criminologo dell’Università del Kent, esperto proprio in organizzazioni terroristiche. Grazie a questi dettagli in più sul vissuto della donna – seppur come vedremo comunque piuttosto scarsi – riusciamo a formarci un’opinione più completa su di lei e sulla sua vita.
Tooba sembra sempre indossare una maschera, appare timida e quasi sperduta di fronte alla telecamera: se non sapessimo del suo possibile ruolo, ad esempio, nella tratta di schiave di etnia yazidi, o dei suoi feroci commenti su quanto accaduto al Bataclan, ci sembrerebbe una vittima come un’altra di quella manipolazione psicologica ed emotiva che ha incastrato tante come lei. Nei suoi sguardi, a volte sfuggenti altre più consapevoli, si percepisce qualcosa di più, qualcosa che ci lascia spiazzati a chiederci quale verità si nasconda dietro questa donna apparentemente così mite e pacata, che sembra veramente naturale solo quando parla dei propri figli. Ed è proprio questo senso di incertezza e spaesamento a rendere il documentario così interessante, fornisce infatti un ritratto di difficile lettura – ma al tempo stesso particolarmente accattivante – di una figura davvero complessa ed enigmatica.
…una sensazione di incompletezza
A visione ultimata, però, resta l’impressione che manchi qualcosa. Un maggiore approfondimento del contesto, del passato di Tooba e di quello che ha fatto? Altre testimonianze, che ci raccontino la vicenda più a tutto tondo? The Matchmaker è un prodotto senza dubbio convincente e coinvolgente, girato e montato con cura e dedizione estreme da parte di Argenteri, ma che lascia lo spettatore con la voglia di saperne di più, come se la storia di Tooba venga rivelata solo in maniera superficiale.
È difficile che maggiori informazioni potessero arrivare dalla stessa Tooba, che porta avanti la sua personale narrazione anche con lo scopo di uscire dalla situazione in cui si trova, sarebbe stato necessario quindi coadiuvare il tutto con altre voci, altre esperienze, testimonianze dirette capaci di raccontarla e di raccontarcela, dandoci la possibilità di capire meglio sia lei che le tante altre donne che si sono trovate nella sua stessa situazione.
La recensione in breve
Il documentario di Benedetta Argenteri racconta la complessa figura di Tooba Godal, una delle jihadiste britanniche più famose. Le interviste ci permettono di farci un'idea sul suo vissuto, presentandocela come un personaggio a suo modo affascinante. A visione ultimata resta però una certa sensazione di incompletezza, come se ci fosse stato bisogno di scavare di più.
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