Il film: The Room Next Door, 2024. Regia: Pedro Almoovar. Cast: Tilda Swinton, Julianne Moore, John Turturro. Genere: Drammatico. Durata: 107 minuti. Dove l’abbiamo visto: In anteprima alla Mostra del cinema di Venezia.
Trama: Ingrid e Martha erano care amiche da giovani, quando lavoravano per la stessa rivista. Ingrid è poi diventata una scrittrice di romanzi semiautobiografici mentre Martha è una reporter di guerra e, come spesso accade nella vita, si sono perse di vista. Non si sentono ormai da anni quando si rivedono in una circostanza estrema ma stranamente dolce.
A chi è consigliato: agli appassionati del cinema di Pedro Almodovar
Esistono pochi registi contemporanei in grado di trattare il tema della morte in un modo così sensibilmente struggente, delicato e raffinato come Pedro Almodovar. Da Tutto su mia madre a Parla con lei, da La mala education a Volver, passando per il suo ultimo grande capolavoro Dolor y gloria. E la morte è anche il tema centrale del suo ultimo The Room Next Door (ispirato al romanzo Attraverso la Vita di SIgrid Nunez) presentato in concorso all’81sima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Un’opera che segna il ritorno del regista spagnolo al Lido tre anni dopo il bellissimo Madres Paralelas, questa volta però con la sua prima (“e magari non l’ultima”, come ha detto scherzando in conferenza stampa) produzione in lingua inglese che vede un cast ispiratissimo composto da Tilda Swilton, Julianne Moore e John Turturro. Un film in cui, come vedremo nella nostra recensione, Almodovar è tornato nuovamente a sviscerare uno dei suoi temi più cari.
Qualcuno nella stanza accanto
Perché sin dalle sue prime immagini The Room Next Door ci parla di morte, introducendo due personaggi separati da un grande malinteso dovuto ad una visione diametralmente opposta sul tema. La prima, Ingrid (Julianne Moore), una scrittrice di successo che pensa che morire sia completamente inaccettabile e innaturale; un qualcosa di non completamente inseparabile dalla vita. E poi la sua amica, Martha (Tilda Swinton), un’ex giornalista di guerra la cui ormai gravissima situazione di salute legata ad una malattia terminale le ha permesso di abbracciare una visione più serena in merito alla fine dell’esistenza.
Una condizione che, quando diventi consapevole del termine dei tuoi giorni, ti porta non solo a confrontarti inevitabilmente con il tuo passato, ma anche a trascorrere gli ultimi momenti della tua vita continuando a ritrovare il piacere nelle piccole cose, magari in un luogo sconosciuto. Martha – che critica fortemente chi sostiene che chi combatte il cancro sia un vero eroe, in quanto non c’è nulla per cui lottare, ma solo attendere e sperare che le cure siano efficaci – vuole morire subito, senza aspettare che il suo grave tumore prenda il sopravvento. E per questo motivo decide di recarsi con Ingrid in una casa sperduta nella natura per passare del tempo prima di scegliere di andarsene per sempre attraverso un farmaco acquistato illegalmente sul dark web. E quando morirà, deve avere qualcuno nella stanza accanto alla sua.
Quando la morte non fa paura
E quel qualcuno sarà proprio il personaggio interpretato da Julien Moore, che accompagnerà l’amica nel suo ultimo viaggio, rendendosi difatti complice della sua morte volontaria che negli Stati Uniti (dove il film è ambientato) costituisce un reato, a differenza della Spagna. E da qui The Room Next Door diventa un lunghissimo confronto – che sfocia poi anche in un discorso etico a favore dell’eutanasia, questione che sta fortemente a cuore ad Almodovar – tra due differenti approcci alla crudeltà della realtà, con un occhio di riguardo al temi quali il piacere del sesso e della vita, e le conseguenze derivanti da una società estremamente agonizzante.
Ma è attorno alla morte che Almodovar costruisce il suo dramma esistenzialista attraverso una tensione emotiva, una grazia e una delicatezza come solo lui riesce a mettere in scena. Con il suo solito tocco poetico e maturo – lontano ormai dalle sue stravaganze di inizio carriera, ma sempre con quegli sprazzi di ironia presenti nelle dinamiche narrative – capace di instaurare un legame intenso con lo spettatore. Ecco quindi che The Room Next Door riesce a presentarsi come una profonda ode alla morte, serenamente accettata da Martha e successivamente anche da Ingrid (che imparerà poi cosa significa vivere con la paura del decesso) quasi come una “non-morte”, come un pretesto per vivere senza avere la pressione del tempo che scorre. La dipartita intesa dunque come una dignitosa parte integrante dell’esistenza.
Almodovar che fa Almodovar
Ci sono diversi modi con i quali si può vivere la tragedia, ma per le protagoniste (e così come per il regista spagnolo) il migliore è senza dubbio è l’accettazione unita alla gratitudine. The Room Next Door è quindi Almodovar che fa Almodovar (e per fortuna lo fa bene) sia attraverso le magnetiche atmosfere neo-melò della maturità centrata in Dolor y Gloria e Madres Paralelas, che con il suo animo incantevole di Volver. Assolutamente nulla di diverso e nuovo dai suoi lungometraggi precedenti, se non una sceneggiatura interamente in lingua inglese e due attrici hollywoodiane capaci di regalare una profondità interpretativa davvero notevole. E se ci fosse un clamoroso ex aequo per la Coppa Volpi?
La recensione in breve
The Room Next Door è Almodovar che fa Almodovar, sia attraverso le magnetiche atmosfere neo-melò della maturità centrata in Dolor y Gloria e Madres Paralelas, che con il suo animo incantevole di Volver. Assolutamente nulla di diverso e nuovo dai suoi lungometraggi precedenti, se non una sceneggiatura interamente in lingua inglese e due attrici hollywoodiane capaci di regalare una profondità interpretativa davvero notevole.
Pro
- Notevole performance delle attrici
- Atmosfere neo-melò come sempre incantevoli
- La solita delicatezza di Almodovar nel trattare i temi che gli stanno più a cuore
Contro
- Tranne la sceneggiatura anglofona, non c'è nulla di nuovo e diverso dai suoi film precedenti
- Voto CinemaSerieTV