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Home » Film » Recensioni film » The Silencing – Senza voce, la recensione del film thriller con Nicolaj Coster-Waldau

The Silencing – Senza voce, la recensione del film thriller con Nicolaj Coster-Waldau

La recensione di The Silencing - Senza voce, il thriller con Nicolaj Coster-Waldau e diretto da Robin Pront.
Giacomo LenziDi Giacomo Lenzi11 Settembre 2023
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Nicolaj Coster Waldau con fucile in The Silencing
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Il film: The Silencing – Senza voce, 2020. Regia: Robin Pront. Cast: Nicolaj Coster-Waldau, Annabelle Wallis, Hero Fiennes Tiffin. Genere: Thriller. Durata: 94 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in lingua originale.

Trama: Da cinque anni la figlia di Raybourne è scomparsa e da quel momento non si è più dato pace nel tentativo di ritrovarla. Nel mentre è passato dall’essere un cacciatore senza scrupoli a un animalista con tanto di riserva dove proteggere gli animali. Iniziano a verificano altre sparizioni di ragazze e l’uomo vuole capire se i casi sono collegati.


Dai podcast true crime nelle orecchie alle serie tv in cui viene data la caccia a un serial killer, la voglia di thriller sembra non abbandonarci mai. È uno di quei generi che sembra non perdere mai smalto e soprattutto che riesce ad attrarre con costanza l’interesse di un pubblico trasversale, dai cinefili duri e puri agli spettatori generalisti. Ma, come vedremo nella nostra recensione di The Silencing – Senza voce – film arrivato su Netflix lo scorso 7 settembre – il rischio di cadere nel banale o di creare dinamiche sconclusionate si nasconde dietro l’angolo.

La trama di The Silencing – Senza voce

Nicolaj Coster Waldau si nasconde dietro un albero

The Silencing – Senza voce si apre mostrandoci la quotidianità di Raybourne (Nicolaj Coster-Waldau). La figlia è scomparsa cinque anni fa. Da quel momento l’uomo è passato dall’essere un cacciatore senza scrupoli a fervente ambientalista. Possiede un enorme terreno e che ha trasformato in una riserva (chiamata Il Santuario, in onore della figlia) dove liberare animali catturati in altre zone e in cui vige il divieto di caccia. Tutto il territorio è tenuto sotto controllo con l’ausilio di telecamere di sorveglianza che Raybourne osserva tra un bocchiere di whiskey e l’altro. In questa fetta di territorio del Minnesota è arrivato un nuovo sceriffo.

Gustafson (Annabelle Wallis), tornata per poter controllare da vicino il fratello Brooks. La vita della zona sarà però scossa dal ritrovamento di un cadavere di una ragazza, privata delle corde vocali (da qua il titolo) prima di essere uccisa. Il killer – che libera le sue prede per poi cacciarle con un arco primordiale – verrà visto da Raybourne mentre si aggira nella sua riserva. Da questo momento in poi inizierà una corsa contro il tempo, fatta di equivoci travestiti da plot twist, indagini sommarie, motivazioni farlocche e archi narrativi incompiuti.

Una buona premessa

Annabelle Wallis in The Silencing - Senza voce

Il film gioca bene le sue carte nei primi venti minuti, presentandoci i personaggi in modo semplice, preciso e coerente. Introduce l’ambientazione e le “regole del gioco” con cura, creando quindi una serie di buone premesse che agganciano con facilità lo spettatore, portandolo a volerne inevitabilmente sapere di più. Certo, sono presenti anche tutti i cliché del genere: il padre che ha deciso di affogare i propri sensi di colpa nell’alcol; la madre che ha deciso di rifarsi una nuova vita con un altro compagno; lo sceriffo che torna in città per dare la parola fine a delle questioni irrisolte del suo passato; un killer che lascia segni distintivi sulle sue vittime.

Aggiungiamo una frontiera americana fatta di foreste, cacciatori, rapporti difficili con nativi americani e degrado sociale. Insomma, senza dover andar troppo lontani non è nulla di diverso rispetto a I Segreti di Wind River. Nonostante il sapore di già visto – o forse proprio per quello, d’altronde si torna sempre dove si è stati bene – rimaniamo a guardare interessati, anche grazie a un Nicolaj Coster-Waldau che ce la mette tutta per essere credibile. Purtroppo però lo script non è firmato da Taylor Sheridan e con il passare dei minuti la buona premessa diventa il preambolo per una mezza tragedia.

Da buone premesse a un grande disastro

Sceriffo e medico in The Silencing - Senza voce

Parliamoci chiaro, nessuno si aspettava che The Silencing – Senza voce potesse essere il nuovo I Segreti di Wind River. Nessuno ha le capacità di Sheridan, con quello stile duro ed asciutto, di parlare della frontiera americana e di un certo tipo di persone che la abitano. Però date le premesse del film di Robin Pront ci si poteva aspettare un thriller piacevole. Magari banale e senza guizzi ma che quantomeno avesse una sua coerenza e portasse a termine le proprie linee narrative con dignità. E invece dal momento che appare il killer – dotato di un gigantesco camuffamento mimetico tanto scenico quanto poco credibile – inizia una cavalcata verso la tragedia.

Non si tratta dei classici buchi di sceneggiature che piace tanto citare, spesso a sproposito, su internet. Piuttosto una gestione incomprensibile degli archi narrativi dei personaggi. Non ci vengono mostrate o spiegate le loro motivazioni, non abbiamo alcuna idea per cui scelgano di compiere determinate azioni. Diventano progressivamente dei piatti strumenti con cui far avanti la trama fino all’epilogo e molti delle domande che vengono poste nei primi minuti rimangono senza alcuna risposta. E il risultato finale non è altro che un’accozzaglia di sbrigativi colpi di scena concatenati che non creano alcuna emozione o stupore.

La recensione in breve

4.5 Confuso

Nei primi minuti The Silencing - Senza voce pone premesse interessanti, seppur già viste. A quel punto saremmo accontentati e anzi ritenuti soddisfatti di una versione banalizzata de I Segreti di Wind River. Invece col passare dei minuti lo script diventa un disastro, trasformando i personaggi in strumenti narrativi che vengono mossi non dalle motivazioni ma da esigenze di trama.

  • Voto CinemaSerieTv 4.5
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