Il film: The Warrior – The Iron Claw, 2023. Regia: Sean Durkin. Genere: Drammatico. Cast: Zac Efron, Jeremy Allen White, Harris Dickinson, Lily James, Maura Tierney. Durata: 133 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima stampa.
Trama: A partire dagli anni ’60, la famiglia texana dei Von Erich diventa una vera e propria dinastia del wrestling professionistico. La loro mossa distintiva e più popolare è la Iron Claw, l’artiglio di ferro.
Tra i titoli cinematografici più snobbati nel corso dell’attuale stagione dei premi, The Warrior – The Iron Claw avrebbe meritato maggiore attenzione da parte delle organizzazioni votanti per il meglio di fine anno. Perché nonostante una massiccia campagna promozionale curata nel Nord America da A24 ed un ottimo incasso in patria, il nuovo film scritto e diretto da Sean Durkin è già a pieno titolo uno dei “belli invisibili” della fine del 2023. La triste e scioccante storia vera della famiglia di wrestler Von Erich trova spazio sul grande schermo non solo grazie alla sensibile scrittura di Durkin e alla sua regia essenziale ed efficace, ma soprattutto grazie ed un cast d’insieme di tutto rispetto.
Nella nostra recensione di The Warrior – The Iron Claw, in uscita nelle sale italiane da giovedì 1 febbraio con Eagle Pictures, vi spiegheremo perché il film di Sean Durkin centra il suo bersaglio artistico grazie alla presenza scenica a all’inusitato carisma attoriale di Zac Efron, qui sorprendente interprete drammatico che sorregge e supporta un ensemble interpretativo di grande ispirazione a cui l’attore americano infonde dolcezza e grande determinazione.
Nelle grinfie di una maledizione
Stati Uniti, 1979: il campione dei pesi massimi del Texas Kevin Von Erich (Zac Efron) è preoccupato che suo padre, Jack “Fritz” Von Erich (Holt McCallany), proprietario della federazione World Class Championship Wrestling, stia allontanando il fratello minore Mike (Stanley Simons) dalle sue ambizioni in ambito musicale. Nel frattempo, l’altro fratello David (Harris Dickinson) esordisce nel wrestling insieme a Kevin in un match di coppia contro Bruiser Brody e Gino Hernandez, dove Kevin incontra e comincia una relazione sentimentale con una donna di nome Pam (Lily James). Lui le racconta la storia della “maledizione dei Von Erich” che ha già ucciso suo fratello maggiore Jack Jr. da bambino, presumibilmente dovuta al fatto che Fritz cambiò il suo cognome da Adkisson a quello di sua madre, la cui famiglia aveva sofferto una tragedia costante. Nel frattempo Kerry (Jeremy Allen White), che finalmente torna a casa, viene pressato dal padre affinché combatta insieme a Kevin e David, mentre Pam aiuta i ragazzi a portare Mike fuori a suonare contro il volere dei suoi genitori. La maledizione famigliare, purtroppo, tornerà a bussare in casa Von Erich, più e più volte.
Da un soggetto e una sceneggiatura originali curate dallo stesso regista Sean Durkin (La fuga di Martha, The Nest – Il nido), The Warrior – The Iron Claw è un parterre di grande talento e di passione per il racconto su grande schermo. Il cineasta canadese, al suo terzo lungometraggio dietro la macchina da presa, si inserisce con grande nonchalance ed immediatezza narrativa in un filone cinematografico solo apparentemente legato a doppio filo allo sports movie, dipingendo invece un affresco famigliare plumbeo e funereo, dove lo spazio per il confronto puramente fisico diventa escamotage per raccontare altro al suo pubblico di riferimento.
La perversione delle aspettative famigliari
Perché sarebbe un disservizio enorme considerare The Warrior – The Iron Claw un semplice ed appassionante film sportivo. Molti spettatori, probabilmente ingannati da un titolo strategicamente ideato in Italia per portare in sale un pubblico prevalentemente maschile alla ricerca di concitati pugni sul ring, accorreranno nei cinema di tutto il Paese per i sopracitati motivi, trovandosi invece di fronte un film d’autore in tutto e per tutto. Sean Durkin, già sottovalutato maestro dei sentimenti umani con i suoi due precedenti titoli in regia, affresca con mano ferma e sagace un pamphlet cinematografico sulla perversione delle aspettative famigliari, e su come esse possano facilmente tramutarsi in destino baro nei confronti delle sue vittime designate.
Più di ogni altra cosa infatti, il film di Durkin è una grigissima riflessione sul pericolosissimo potere della suggestione e dell’influenza patriarcale nell’unità famigliare occidentale. Un padre padrone (il Jack interpretato da un severo e spaventoso Holt McCallany) che decide di cambiare all’anagrafe il proprio cognome con quello della madre, portandosi inconsapevolmente dietro un’apparente “maledizione” per la quale la famiglia Von Erich (più nello specifico i film di Jack, tutti maschi) cade vittima (in)consapevole, un pezzo dopo l’altro. Facile però assegnare la serie di sfortune e di tragedie luttuose alla malia quasi sovrannaturale di un cognome dalla dinamitarda carica negativa, quando invece il film di Durkin pone chiaramente l’attenzione sull’insana pressione psicologica del pater familias nei confronti dei figli rimanenti.
Gli uomini non piangono?
Una famiglia, quella dei Von Erich, tutta casa, ring e chiesa, dove non è concesso ai suoi membri maschi di piangere, nemmeno di fronte alle innumerevoli e scioccanti tragedie che la colpiranno con violenza una volta, due volte, tre volte; come dei pugni ben assestati da un wrestler astuto ed implacabile su un ring. Un mondo fatto di carnefici e vittime, di corpi maschili duramente temprati da allenamenti fisici di grande impegno e costanza, carni da macello gettate in pasto ad una folle resistenza psicologica da un padre incapace di riconoscere e guardare in faccia sentimenti, emozioni, desideri ed aspirazioni dei propri figli. Come quella del giovane e sensibile Mike, appassionato di musica ma costretto dalle pressioni famigliari ad unirsi al “destino” dei suoi fratelli maggiori, con conseguenze devastanti e funeree.
Alla fine, ad informarsi su tutte le tragedie a cui è stata sottoposta nei decenni la famiglia Von Erich dagli anni ’60 in poi, ci viene seriamente da pensare che quel cognome cambiato all’anagrafe porti sul serio sfortuna. Eppure The Warrior – The Iron Claw parla chiaro, anzi chiarissimo al suo spettatore di riferimento: le maledizioni non esistono, se non quelle che ci creiamo noi stessi nella nostra testa, generando in taluni casi conseguenze psicologiche di potenza terribilmente prorompente.
Il film con Zac Efron è il degno erede di Rocky e Toro scatenato
Ma la storia (verissima) di una delle famiglie più celebri e fondamentali della storia del wrestling americano non avrebbe mai potuto funzionare se Durkin non avesse scelto un cast d’insieme di grande talento. A partire da un bravissimo Zac Efron, che trasforma il suo aspetto fisico per entrare nella carne e nello spirito di Kevin Von Erich, regalando agli spettatori quella che potrebbe essere la prima di molte altre sue performance di stampo drammatico che avrebbe meritato maggiore attenzione da parte dei circuiti americani di premiazione. Senza contare che nel cast di The Warrior fanno altrettanto a gara di talento Harris Dickinson (sempre più lanciato dopo il successo internazionale di Triangle of Sadness) e Jeremy Allen White, che dopo il ruolo cult nella serie The Bear è ancor più astro crescente ad Hollywood.
Un successo quello del film, quantomeno sul mercato nordamericano, generato da un talento sopraffino davanti la macchina da presa da parte dei suoi attori principali, su cui spicca (ça va sans dire) un Zac Efron profondo e rigoroso. Coì tanto che poco dopo la fine delle riprese del film di Durkin, ha chiesto alla WWE di poter combattere davvero sul ring. Se non è questa totale dedizione artistica!
La recensione in breve
Il nuovo film di Sean Durkin si inabissa nella parabola discendente e sioccante della famiglia Von Erich, tra le più celebri nella storia del wrestling americano, tra performance attoriali sontuose ed una riflessione sulla perversione delle aspettative famigliari di fortissimo impatto.
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